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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 90quanto sian sante, quanto poderose e di quanto ben piene le forze d'Amore, le quali molti, senza saper che si dicano, dannano e vituperano a gran torto: il che, se io non erro, per ciò che innamorate credo che siate, molto vi dovrà esser caro. Adunque (sì come noi nell'antiche istorie de' cipriani abbiam già letto) nell'isola di Cipri fu un nobilissimo uomo il quale per nome fu chiamato Aristippo, oltre a ogni altro paesano di tutte le temporali cose ricchissimo: e se d'una cosa sola non l'avesse la fortuna fatto dolente, più che altro si potea contentare. E questo era che egli, tra gli altri suoi figliuoli, n'aveva uno il quale di grandezza e di bellezza di corpo tutti gli altri giovani trapassava, ma quasi matto era e di perduta speranza, il cui vero nome era Galeso; ma, per ciò che mai né per fatica di maestro né per lusinga o battitura del padre o ingegno d'alcuno altro gli s'era potuto metter nel capo né lettera né costume alcuno, anzi con la voce grossa e deforme e con modi più convenienti a bestia che a uomo, quasi per ischerno da tutti era chiamato Cimone, il che nella lor lingua sonava quanto nella nostra ‘bestione’. La cui perduta vita il padre con gravissima noia portava; e già essendosi ogni speranza a lui di lui fuggita, per non aver sempre davanti la cagione del suo dolore, gli comandò che alla villa n'andasse e quivi co' suoi lavoratori si dimorasse; la qual cosa a Cimone fu carissima, per ciò che i costumi e l'usanza degli uomini grossi gli eran più a grado che le cittadine. Andatosene adunque Cimone alla villa e quivi nelle cose pertinenti a quella essercitandosi, avvenne che un giorno, passato già il mezzodì, passando egli da una possessione a un'altra con un suo bastone in collo, entrò in un boschetto il quale era in quella contrada bellissimo, e, per ciò che del mese di maggio era, tutto era fronzuto. Per lo quale andando, s'avenne, sì come la sua fortuna il vi guidò, in un pratello d'altissimi alberi circuito, nell'un de' canti del quale era una bellissima fontana e fredda, allato alla quale vide sopra il verde prato dormire una bellissima giovane con un vestimento indosso tanto sottile, che quasi niente delle candide carni nascondea, e era solamente dalla cintura in giù coperta d'una coltre bianchissima e sottile; e a' piè di lei similmente dormivano due femine e uno uomo, servi di questa giovane. La quale come Cimon vide, non altramenti che se mai più forma di femina veduta non avesse, fermatosi sopra il suo bastone, senza dire alcuna cosa, con ammirazion grandissima la incominciò intentissimo a riguardare; e nel rozzo petto, nel quale per mille ammaestramenti non era alcuna impressione di cittadinesco piacere potuta entrare, sentì destarsi un pensiero il quale nella materiale e grossa mente gli ragionava costei essere la più bella cosa che già mai per alcun vivente veduta fosse. E quinci cominciò a distinguer le parti di lei, lodando i capelli, li quali d'oro estimava, la fronte, il naso e la bocca, la gola e le braccia e sommamente il petto, poco ancora rilevato: e di lavoratore, di bellezza subitamente giudice divenuto, seco sommamente disiderava di veder gli occhi, li quali ella da alto sonno gravati teneva chiusi; e per vedergli più volte ebbe volontà di destarla. Ma parendogli oltre modo più bella che l'altre femine per adietro da lui vedute, dubitava non fosse alcuna dea; e pur tanto di sentimento avea, che egli giudicava le divine cose essere di più reverenza degne che le mondane, e per questo si riteneva, aspettando che da se medesima si svegliasse; e come che lo 'ndugio gli paresse troppo, pur, da non usato piacer preso, non si sapeva partire. Avvenne adunque che dopo lungo spazio la giovane, il cui nome era Efigenia, prima che alcun de' suoi si risentì, e levato il capo e aperti gli occhi e veggendosi sopra il suo bastone appoggiato star davanti Cimone, si maravigliò forte e disse: “Cimone, che vai tu a questa ora per questo bosco cercando?” Era Cimone, sì per la sua forma e sì per la sua rozzezza e sì per la nobiltà e richezza del padre, quasi noto a ciascun del paese. Egli non rispose alle parole d'Efigenia alcuna cosa; ma come gli occhi di lei vide aperti, così in quegli fiso cominciò a guardare, seco stesso parendogli che da quegli una soavità si movesse la quale il riempiesse di piacere mai da lui non provato. Il che la giovane veggendo, cominciò a dubitare non quel suo guardar così fiso movesse la sua rusticità a alcuna cosa che vergogna le potesse tornare: per che, chiamate le sue femine, si levò sù dicendo: “Cimone, rimanti con Dio.” A cui allora Cimon rispose: “Io ne verrò teco.” E quantunque la giovane sua compagnia rifiutasse, sempre di lui temendo, mai da sé partir nol poté infino a tanto che egli non l'ebbe infino alla casa di lei accompagnata; e di quindi n'andò a casa il padre, affermando sé in niuna guisa più in villa voler ritornare: il che quantunque grave fosse al padre e a' suoi, pure il lasciarono stare aspettando di vedere qual cagion fosse quella che fatto gli avesse mutar consiglio. Essendo adunque a Cimone nel cuore, nel quale niuna dottrina era potuta entrare, entrata la saetta d'Amore per la bellezza d'Efigenia, in brevissimo tempo, d'uno in altro pensiero pervenendo, fece maravigliare il padre e tutti i suoi e ciascuno altro che il conoscea. Egli primieramente richiese il padre che il facesse andare di vestimenti e d'ogni altra cosa ornato come i fratelli di lui andavano: il che il padre contentissimo fece. Quindi usando co' giovani valorosi e udendo i modi, quali a' gentili uomini si convenieno e massimamente agl'innamorati, prima, con grandissima ammirazione d'ognuno, in assai brieve spazio di tempo non solamente le prime lettere apparò ma valorosissimo tra' filosofanti divenne. E appresso questo, essendo di tutto ciò cagione l'amore il quale a Efigenia portava, non solamente la rozza voce e rustica in convenevole e cittadina ridusse, ma di canto divenne maestro e di suono, e nel cavalcare e nelle cose belliche, così marine come di terra, espertissimo e feroce divenne. E in brieve, acciò che io non vada ogni particular cosa delle sue virtù raccontando, egli non si compié il quarto anno dal dì del suo primiero innamoramento, che egli riuscì il più leggiadro e il meglio costumato e con più particulari virtù che altro giovane alcuno che nell'isola fosse di Cipri. Che dunque, piacevoli donne, diremo di Cimone? Certo niuna altra cosa se non che l'alte vertù dal cielo infuse nella valorosa anima fossono da invidiosa fortuna in picciolissima parte del suo cuore con legami fortissimi legate e racchiuse, li quali tutti Amor ruppe e spezzò, sì come molto più potente di lei; e come eccitatore degli adormentati ingegni, quelle da crudele obumbrazione offuscate con la sua forza sospinse in chiara luce, apertamente mostrando di che luogo tragga gli spiriti a lui subgetti e in quale gli conduca co' raggi suoi. Cimone, adunque, quantunque amando Efigenia in alcune cose, sì come i giovani amanti molto spesso fanno, trasandasse, nondimeno Aristippo, considerando che amor l'avesse di montone fatto tornare uno uomo, non solo pazientemente il sostenea ma in seguir ciò in tutti i suoi piaceri il confortava. Ma Cimone, che d'esser chiamato Galeso rifiutava, ricordandosi che così da Efigenia era stato chiamato, volendo onesto fine porre al suo disio, più volte fece tentare Cipseo, padre d'Efigenia, che lei per moglie gli dovesse dare; ma Cipseo rispose sempre sé averla promessa a Pasimunda, nobile giovane rodiano, al quale non intendeva venirne meno. E essendo delle pattovite nozze d'Efigenia venuto il tempo e il marito mandato per lei, disse seco Cimone: “Ora è tempo di mostrare, o Efigenia, quanto tu sii da me amata. Io son per te divenuto uomo: e se io ti posso avere, io non dubito di non divenire più glorioso che alcuno idio: e per certo io t'avrò o io morrò.” E così detto, tacitamente alquanti nobili Tag: padre giovane uomo tutti cose tempo alcuno uno fortuna Argomenti: lungo spazio, verde prato, vero nome, alto sonno, onesto fine Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Novelle rusticane di Giovanni Verga Il colore del tempo di Federico De Roberto Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi L'Olimpia di Giambattista Della Porta La trovatella di Milano di Carolina Invernizio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Bali Il Boa constrictor Maldive, immersi in paradiso Come coltivare i funghi I primi segnali di una gravidanza
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