Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 152

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guardate molto.” “Non piaccia a Dio!” disse il medico “io non sono di questi assiderati, io non curo freddo: poche volte è mai che io mi lievi la notte così per bisogno del corpo, come l'uom fa talvolta, che io mi metta altro che il pilliccion mio sopra 'l farsetto; e per ciò io vi sarò fermamente.” Partitisi adunque costoro, come notte si venne faccendo il maestro trovò sue scuse in casa con la moglie; e trattane celatamente la sua bella roba, come tempo gli parve, messalasi indosso se n'andò sopra uno de' detti avelli; e sopra quegli marmi ristrettosi, essendo il freddo grande, cominciò a aspettar la bestia. Buffalmacco, il quale era grande e atante della persona, ordinò d'avere una di queste maschere che usare si soleano a certi giuochi li quali oggi non si fanno; e messosi indosso un pillicion nero a rivescio, in quello s'acconciò in guisa che pareva pure un orso, se non che la maschera aveva viso di diavolo e era cornuta. E così acconcio, venendogli Bruno appresso per vedere come l'opera andasse, se n'andò nella piazza nuova di Santa Maria Novella; e come egli si fu accorto che messer lo maestro v'era, così cominciò a saltabellare e a fare un nabissare grandissimo su per la piazza e a sufolare e a urlare e a stridire in guisa che se imperversato fosse. Il quale come il maestro sentì e vide, così tutti i peli gli s'arricciarono adosso e tutto cominciò a tremare, come colui che era più che una femina pauroso; e fu ora che egli vorrebbe essere stato innanzi a casa sua che quivi. Ma non per tanto pur, poi che andato v'era, si sforzò d'assicurarsi, tanto il vinceva il disidero di giugnere a vedere le maraviglie dettegli da costoro. Ma poi che Buffalmacco ebbe alquanto imperversato, come è detto, faccendo sembianti di rappaceficarsi, s'accostò all'avello sopra il quale era il maestro e stette fermo. Il maestro, sì come quegli che tutto tremava di paura, non sapeva che farsi, se sù vi salisse o se si stesse. Ultimamente, temendo non gli facesse male se sù non vi salisse, con la seconda paura cacciò la prima: e sceso dello avello, pianamente dicendo “Dio m'aiuti!” sù vi sali e acconciossi molto bene; e sempre tremando tutto si recò con le mani a star cortese, come detto gli era stato. Allora Buffalmacco pianamente s'incominciò a dirizzare verso Santa Maria della Scala, e andando carpone infino presso le donne di Ripole il condusse. Erano allora per quella contrada fosse, nelle quali i lavoratori di quei campi facevan votare la contessa a Civillari per ingrassare i campi loro. Alle quali come Buffalmacco fu vicino, accostatosi alla proda d'una e preso tempo, messa la mano sotto all'un de' piedi del medico e con essa sospintosi da dosso, di netto col capo innanzi il gittò in essa e cominciò a ringhiar forte e a saltare e a imperversare e a andarsene lungo Santa Maria della Scala verso il prato d'Ogni santi, dove ritrovò Bruno che per non poter tener le risa fuggito s'era: e ammenduni festa faccendosi di lontan si misero a veder quello che il medico impastato facesse. Messer lo medico, sentendosi in questo luogo così abominevole, si sforzò di rilevare e di volersi aiutar per uscirne, e ora in qua e ora in là ricadendo, tutto dal capo al piè impastato, dolente e cattivo, avendone alquante dragme ingozzate, pur n'uscì fuori e lasciovvi il cappuccio: e spastandosi con le mani come poteva il meglio, non sappiendo che altro consiglio pigliarsi, se ne tornò a casa sua e picchiò tanto che aperto gli fu. Né prima, essendo egli entrato dentro così putente, fu l'uscio riserrato, che Bruno e Buffalmacco furono ivi per udire come il maestro fosse dalla sua donna raccolto. Li quali stando a udir, sentirono alla donna dirgli la maggior villania che mai si dicesse a niun tristo, dicendo: “Deh, come ben ti sta! Tu eri ito a qualche altra femina e volevi comparire molto orrevole con la roba dello scarlatto. Or non ti bastava io? Frate, io sarei sofficiente a un popolo, non che a te. Deh, or t'avessono essi affogato, come essi ti gittarono là dove tu eri degno d'esser gittato! Ecco medico onorato, aver moglie e andar la notte alle femine d'altrui!” E con quelle e con altre assai parole, faccendosi il medico tutto lavare, infino alla mezzanotte non rifinò la donna di tormentarlo. Poi la mattina vegnente Bruno e Buffalmacco, avendosi tutte le carni dipinte soppanno di lividori a guisa che far soglion le battiture, se ne vennero a casa del medico e trovaron lui già levato; e entrati dentro a lui, sentirono ogni cosa putirvi, ché ancora non s'era sì ogni cosa potuta nettare, che non vi putisse. E sentendo il medico costor venire a lui, si fece loro incontro dicendo che Idio desse loro il buon dì; al quale Bruno e Buffalmacco, sì come proposto aveano, risposero con turbato viso: “Questo non diciam noi a voi, anzi preghiamo Idio che vi dea tanti malanni, che voi siate morto a ghiado, sì come il più disleale e il maggior traditor che viva, per ciò che egli non è rimaso per voi, ingegnandoci noi di farvi onore e piacere, che noi non siamo stati morti come cani. E per la vostra dislealtà abbiamo stanotte avute tante busse, che di meno andrebbe uno asino a Roma: senza che noi siamo stati a pericolo d'essere stati cacciati della compagnia nella quale noi avavamo ordinato di farvi ricevere. E se voi non ci credete, ponete mente le carni nostre come elle stanno”; e a un cotal barlume, apertisi i panni dinanzi, gli mostrarono i petti loro tutti dipinti e richiusongli senza indugio. Il medico si volea scusare e dir delle sue sciagure e come e dove egli era stato gittato; al quale Buffalmacco disse: “Io vorrei che egli v'avesse gittato dal ponte in Arno: perché ricordavate voi o Dio o santi? non vi fu egli detto dinanzi?” Disse il medico: “In fé di Dio non ricordava.” “Come” disse Buffalmacco “non ricordavate? Voi ve ne ricordate molto! ché ne disse il messo nostro che voi tremavate come verga e non sapavate dove voi vi foste. Or voi ce l'avete ben fatta, ma mai più persona non la ci farà, e a voi ne faremo ancora quello onore che vi se ne conviene.” Il medico cominciò a chieder perdono e a pregargli per Dio che nol dovesser vituperare, e con le migliori parole che egli poté s'ingegnò di paceficargli; e per paura che essi questo suo vitupero non palesassero, se da indi adietro onorati gli avea, molto più gli onorò e careggiò con conviti e altre cose da indi innanzi. Così adunque, come udito avete, senno s'insegna a chi tanto non apparò a Bologna.– 10 Una ciciliana maestrevolmente toglie a un mercatante ciò che in Palermo ha portato; il quale, sembiante faccendo d'esservi tornato con molta più mercatantia che prima, da lei accattati denari, le lascia acqua e capecchio. Quanto la novella della reina in diversi luoghi facesse le donne ridere, non è da domandare: niuna ve ne era a cui per soperchio riso non fossero dodici volte le lagrime venute in su gli occhi. Ma poi che ella ebbe fine, Dioneo, che sapeva che a lui toccava la volta, disse: –Graziose donne, manifesta cosa è tanto più l'arti piacere quanto più sottile artefice è per quelle artificiosamente beffato. E per ciò, quantunque bellissime cose tutte raccontate abbiate, io intendo di raccontarne una tanto più che alcuna altra dettane da dovervi aggradire, quanto colei che beffata fu era maggior maestra di beffare altrui che alcuno altro beffato fosse di quegli o di quelle che avete contate. Soleva essere, e forse che ancora oggi è, una usanza in tutte le terre marine che hanno porto così fatta, che tutti i mercatanti che in quelle con mercatantie capitano, faccendole scaricare, tutte in un fondaco, il quale in molti luoghi è chiamato dogana, tenuta per lo comune o per lo signor della terra, le portano; e quivi, dando a coloro che sopra ciò sono per iscritto tutta la mercatantia e il pregio di quella, è dato per li detti al mercatante un magazzino nel quale esso la sua mercatantia ripone e serralo con la chiave; e

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