Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 151

Testo di pubblico dominio

all'alto Dio da Pasignano che io mi tengo a poco che io non ti do tale in su la testa, che il naso ti caschi nelle calcagna, traditor che tu se', ché altri che tu non ha queste cose manifestate al maestro.” Ma il maestro lo scusava forte dicendo e giurando sé averlo d'altra parte saputo; e dopo molte delle sue savie parole pure il paceficò. Buffalmacco rivolto al maestro disse: “Maestro mio, egli si par bene che voi siete stato a Bologna e che voi infino in questa terra abbiate recata la bocca chiusa e ancora vi dico più, che voi non apparaste miga l'abicì in su la mela, come molti sciocconi voglion fare, anzi l'apparaste bene in sul mellone, ch'è così lungo; e se io non m'inganno, voi foste battezzato in domenica. E come che Bruno m'abbia detto che voi studiaste là in medicine, a me pare che voi studiaste in apparare a pigliare uomini: il che voi, meglio che altro uomo che io vidi mai, sapete fare con vostro senno e con vostre novelle.” Il medico, rompendogli la parola in bocca, verso Brun disse: “Che cosa è a favellare e a usare co' savi? chi avrebbe tosto ogni particularità compresa del mio sentimento, come ha questo valente uomo? Tu non te ne avvedesti miga così tosto tu di quel che io valeva, come ha fatto egli; ma dì almeno quello che io ti dissi quando tu mi dicesti che Buffalmacco si dilettava de' savi uomini: parti che io l'abbia fatto?” Disse Bruno: “Meglio.” Allora il maestro disse a Buffalmacco: “Altro avresti detto se tu m'avessi veduto a Bologna, dove non era niun grande né piccolo, né dottore né scolare, che non mi volesse il meglio del mondo, sì tutti gli sapeva appagare col mio ragionare e col senno mio. E dirotti più, che io non vi dissi mai parola che io non facessi ridere ogni uomo, sì forte piaceva loro; e quando io me parti', fecero tutti il maggior pianto del mondo e volevano tutti che io vi pur rimanessi, e fu a tanto la cosa perché io vi stessi, che vollono lasciare a me solo che io leggessi a quanti scolari v'avea le medicine; ma io non volli, ché io era pur disposto a venir qua a grandissime eredità che io ci ho, state sempre di quei di casa mia; e così feci.” Disse allora Bruno a Buffalmacco: “Che ti pare? Tu nol mi credevi quando io il ti diceva. Alle guagnele! egli non ha in questa terra medico che s'intenda d'orina d'asino a petto a costui, e fermamente tu non ne troveresti un altro di qui alle porti di Parigi de' così fatti. Va tienti oggimai tu di non far ciò ch'e' vuole!” Disse il medico: “Brun dice il vero, ma io non ci son conosciuto. Voi siete anzi gente grossa che no, ma io vorrei che voi mi vedeste tra' dottori, come io soglio stare.” Allora disse Buffalmacco: “Veramente, maestro, voi le sapete troppo più che io non avrei mai creduto: di che io, parlandovi come si vuole parlare a' savi come voi siete, frastagliatamente vi dico che io procaccerò senza fallo che voi di nostra brigata sarete.” Gli onori dal medico fatti a costoro appresso questa promessa multiplicarono: laonde essi, godendo, gli facean cavalcar la capra delle maggiori sciocchezze del mondo e impromisongli di dargli per donna la contessa di Civillari, la quale era la più bella cosa che si trovasse in tutto il culattario dell'umana generazione. Domandò il medico chi fosse questa contessa; al quale Buffalmacco disse: “Pinca mia da seme, ella è una troppo gran donna, e poche case ha per lo mondo nelle quali ella non abbia alcuna giurisdizione, e non che altri, ma i frati minori a suon di nacchere le rendon tributo. E sovvi dire che, quand'ella va da torno, ella si fa ben sentire, benché ella stea il più rinchiusa: ma non ha per ciò molto che ella vi passò innanzi all'uscio una notte che andava a Arno a lavarsi i piedi e per pigliare un poco d'aria: ma la sua più continua dimora è in Laterino. Ben vanno per ciò de' suoi sergenti spesso da torno, e tutti a dimostrazion della maggioranza di lei portano la verga e 'l piombino. De' suoi baroni si veggon per tutto assai, sì come è il Tamagnin dalla Porta, don Meta, Manico di Scopa, lo Squacchera e altri, li quali vostri dimestichi credo che sieno ma ora non ve ne ricordate. A così gran donna adunque, lasciata star quella da Cacavincigli, se 'l pensier non c'inganna, vi metterem nelle dolci braccia.” Il medico, che a Bologna nato e cresciuto era, non intendeva i vocaboli di costoro, per che egli della donna si chiamò per contento; né guari dopo queste novelle gli recarono i dipintori che egli era per ricevuto. E venuto il dì che la notte seguente si dovean ragunare, il maestro gli ebbe ammenduni a desinare; e desinato ch'egli ebbero, gli domandò che modo gli conveniva tenere a venire a questa brigata; al quale Buffalmacco disse: “Vedete, maestro, a voi conviene esser molto sicuro, per ciò che, se voi non foste molto sicuro, voi potreste ricevere impedimento e fare a noi grandissimo danno; e quello a che egli vi conviene esser molto sicuro, voi l'udirete. A voi si convien trovar modo che voi siate stasera in sul primo sonno in su uno di quegli avelli rilevati che poco tempo ha si fecero di fuori a Santa Maria Novella, con una delle vostre più belle robe indosso, acciò che voi per la prima volta compariate orrevole dinanzi alla brigata e sì ancora per ciò che (per quello che detto ne fosse: non vi fummo noi poi), per ciò che voi siete gentile uomo, la contessa intende di farvi cavalier bagnato alle sue spese; e quivi v'aspettate tanto, che per voi venga colui che noi manderemo. E acciò che voi siate d'ogni cosa informato, egli verrà per voi una bestia nera e cornuta non molto grande, e andrà faccendo per la piazza dinanzi da voi un gran sufolare e un gran saltare per ispaventarvi; ma poi, quando vedrà che voi non vi spaventiate, ella vi s'accosterà pianamente. Quando accostata vi si sarà, e voi allora senza alcuna paura scendete giù dell'avello e senza ricordare o Idio o santi vi salite suso, e come suso vi siete acconcio, così, a modo che se steste cortese, vi recate le mani al petto, senza più toccar la bestia. Ella allora soavemente si moverà e recheravvene a noi: ma insino a ora, se voi ricordaste Idio o santi, o aveste paura, vi dich'io che ella vi potrebbe gittare o percuotere in parte che vi putirebbe. E per ciò, se non vi dà il cuore d'esser ben sicuro, non vi venite, ché voi fareste danno a noi senza fare a voi pro niuno.” Allora il medico disse: “Voi non mi conoscete ancora: voi guardate forse perché io porto i guanti in mano e' panni lunghi. Se voi sapeste quello che io ho già fatto di notte a Bologna, quando io andava talvolta co' miei compagni alle femine, voi vi maravigliereste. In fé di Dio, egli fu tal notte che, non volendone una venir con noi (e era una tristanzuola, ch'è peggio, che non era alta un sommesso) io le diè prima dimolte pugna, poscia, presala di peso, credo che io la portassi presso a una balestrata; e pur convenne, sì feci, che ella ne venisse con noi. E un'altra volta mi ricorda che io, senza esser meco altri che un mio fante, colà un poco dopo l'avemaria, passai allato al cimitero de' frati minori, e eravi il dì stesso stata sotterrata una femina, e non ebbi paura niuna: e per ciò di questo non vi sfidate, ché sicuro e gagliardo son io troppo. E dicovi che io, per venirvi bene orrevole, mi metterò la roba mia dello scarlatto con la quale io fui conventato: e vedrete se la brigata si rallegrerà quando mi vedrà e se io sarò fatto a mano a man capitano. Vedrete pure come l'opera andrà quando io vi sarò stato, da che, non avendomi ancora quella contessa veduto, ella s'è sì innamorata di me che ella mi vuol fare cavalier bagnato: e forse che la cavalleria mi starà così male, e saprolla così mal mantenere o pur bene! Lascerete pur far me!” Buffalmacco disse: “Troppo dite bene, ma guardate che voi non ci faceste la beffa e non vi veniste o non vi foste trovato quando per voi manderemo; e questo dico per ciò che egli fa freddo e voi signor medici ve ne

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