La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 9

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sino all'ultimo, perdurasse l'equivoco dietro il quale ti nascondi? Sì? — Ma Giorgio... — Però io, poichè sono crudele... — via, non t'imbiancare così!... — poichè ho taciuto così a lungo... troppo a lungo!... vorrei parlare una volta con te. Ma, vedi, quel vaso non è sicuro nelle tue mani... Perchè tremi? Pósalo giù, siéditi e dimmi... — Ah, ma non è vero! — Sì, che tremi: lo vedo. Siéditi qui vicino e ascóltami. — Che vuoi? che vuoi, Giorgio? Non ti affannare così; dopo starai male... — balbettava ella smarritamente, guardandosi attorno, quasi cercasse nelle cose circostanti una via di salvazione. — Anzi, — egli rispose, — parlarti mi fa bene, un bene infinito, Novella, se tu puoi essere sincera con me. E lo dovresti essere, perchè nessuno... intendi? nessuno potrà mai amarti con l'amore mio, l'amore senza confini d'un uomo che se ne va... — Non dire così!... non devi dire così! — Ma cosa temi? ch'io t'accusi forse? o ti minacci? o sia così pazzo da domandarti altra cosa che un poco di buona e di vera sincerità? Ascóltami, Novella. Se un giorno avrai nella tua vita lontana, — e Dio te lo risparmi! — uno di quei dolori così grandi che non si sa come un'anima li possa contenere, soltanto allora comprenderai perchè voleva oggi parlarti quel Giorgio che sarà uno scomparso, un punto nero nella tua memoria, un'ombra... Làsciami dire; làsciami dire!... Anzi tutto sappi una cosa: non ho rancore contro di te, non il più lieve rancore, Novella, perchè ti comprendo, anzi ti difendo io stesso. — Ma da cosa?... Egli scosse il capo, e seguitò: — L'amore non è tale se non quando giunge ad essere un'infinita bontà. Il resto è unicamente una rabida passione, la quale non può nè perdonare nè beneficare. Più tardi ricorderai quello che ora ti dico, e più tardi, poichè l'anima dell'uomo ha bisogno di generare fantasmi, più tardi, quand'io non ci fossi più, potrebbe darsi che anche nell'anima tua nascesse quella paura insoffocabile che si chiama «il rimorso». Ora io ti parlo appunto, perchè non voglio che tu lo conosca mai. Ho invece un altro sogno: quello d'aiutarti ad essere felice, se lo posso ancora, e dirti che non mi devi temere affatto, nè ora nè dopo, e lasciarti la sicurezza che tu non mi hai fatto alcun male, anzi sei stata nel mondo la mia sola felicità... Ella smarrita lo guardava, senza bene intendere le sue parole, ma sopraffatta dal suono tormentoso di quella voce, attonita, nel vedere quel viso trasfigurarsi e risplendere per un'altezza di sentimento più che umana. — Quando, — egli riprese, — quando il tuo cuore ti dirà con un morso: «Lo hai fatto soffrire...» — tu rispondi serenamente: «No; sono stata invece il suo pensiero più dolce, il sorriso ch'egli vide fino all'ultimo nel colore della vita». — Quando il tuo cuore ti dirà: «Egli purtroppo conosceva il tuo amore, l'altro amore, il solo che avesti...» — e tu rispondi serenamente: «Che importa? Egli non mi amava perchè l'amassi... Poi sapeva che nessuno può comandarsi di non amare». — E se il cuore infine ti dicesse: «Ma è stato geloso... orribilmente geloso di te...» — allora non rispondere nulla, perchè gelosa può essere soltanto la carne... quella si distrugge, finisce, e per lei non vale che si pianga. Egli fece una pausa e la guardò fissamente, con una tetra luce negli occhi: — Saprai non ripetere nulla delle parole che ti dico? E parve che la maschera umana, la febbre umana del suo dolore gli ricadesse d'un tratto sul viso. Poich'ella taceva, egli disse parlando a sè medesimo: — Forse no; ma non importa. Allora ella ebbe uno schianto, e dalla seggiola dov'era scivolò a ginocchi, nascondendosi fra le mani la faccia impaurita, poichè sentiva, così genuflessa, d'esser meglio rifugiata sotto l'ala della sua grande anima. Insieme, tuttavia, poich'era invincibilmente donna, o forse per quel pensiero carnale ch'egli aveva mesciuto nella sua misericordia, le risaliva struggente nelle vene la memoria della notte trascorsa, e quasi per acuire il suo rimorso fisico riviveva in una specie di prostrazione l'ebbrezza di quei loro baci avidi e soffocati, sicchè non sapeva dividere dal terrore della sua colpa l'immagine stessa del peccato, e dall'immensa paura di quel momento in lei nasceva una più grande voluttà. Allora, così armata della propria gioia, così piena di quell'assente che la teneva in potere, quasi per una ribellione de' suoi nervi crudeli, sentì, nel luogo della pietà, insorgere un sordo rancore contro colui che si faceva troppo umile per atterrirla, e sentì ruggire in sè, tra vena e vena, tra fibra e fibra, una specie di avversione incoercibile, quasi un odio, contro quel nemico disarmato, il quale, non altro potendo, cercava d'incatenarla con la propria bontà. Ed allora, senza più mercede, si levò di ginocchi diritta, con una rapida mossa piena d'orgoglio, e crudamente lo fissò. In quell'atto apparve da lui così lontana, ch'egli ebbe immediata la percezione di quella inesorabile distanza. — Cosa vuoi dirmi? Cosa vuoi sapere da me? — diss'ella, rattenendo a stento l'impeto della voce. — Di cosa dunque mi rimproveri? — Di nulla, — egli ripetè, chiudendo gli occhi per nascondere la sofferenza che vi saliva. — Di nulla, come ti ho detto. Ma ella pareva non l'ascoltasse, nè averlo ascoltato fino allora, e sentisse invece imperioso il bisogno d'una discolpa. — Da che sei malato, qual'è la mia vita? Ho pensato forse a me stessa? ho trascurato forse il più piccolo de' miei doveri? ho passato un giorno, un solo giorno fuori di casa? Egli voleva interromperla, ma ella parlava concitata, con rapidità. — Non mi sono forse negletta come una donna vecchia? Ho riso forse? Hai veduta una sola volta la mia bocca ridere, dacchè tu soffri? Dillo, se mento. — Non questo, — egli fece sconsolatamente. — Ti ho mai mostrato, per caso, un rancore anche ingiusto, un rammarico pur lieve, che un'altra donna forse non avrebbe saputo nascondere in una vita così dolorosa? — Non questo, non questo! — E che allora? — ella esclamò con veemenza. — E le mie lacrime, le sai tu? Lo sai quello che ho soffocato nel cuore perchè tu fossi meno triste?... Se tu soffri, non soffro anch'io? Se tu perdoni, sii giusto, non perdono forse anch'io? — Ma perchè ti difendi? — egli gridò con tutto lo sforzo della sua voce fioca. — Perchè ti difendi?! — Non mi difendo, — ella rispose duramente. — Mi ribello! Insorgo tutta contro l'accusa che mi fai continuamente, anche tacendo, anche solo guardandomi, e che mascheri male dietro la finzione d'una bontà che non senti. Allora, poichè hai voluto rompere quel silenzio che ci proteggeva entrambi, allora preferisco un'accusa diritta e precisa... Dimmi: di cosa m'incolpi? Sono qui per risponderti, e non mentirò. — Oh, questo è impossibile!... — egli disse, mettendo nella lentezza della voce un sottilissimo scherno. Ella si sentì pungere come da una staffilata in pieno viso, ed ebbe voglia di gridargli su la faccia l'intera sua colpa, la splendida verità, per mostrargli che infatti non mentiva. Ma il suo senso femminile di prudenza e di pazienza fu ancora più forte. — Prova, — disse, — e vedrai! Arretrátasi di qualche passo, entrò nella striscia di sole, che le si avvolse intorno alla gonna e parve stringere le sue ginocchia in un'armatura splendente. Egli la guardò fiso, per qualche attimo, con odio e con stupore, poi esclamò: — Come gli rassomigli! — A chi? — ella chiese, più rigida, sentendosi correre dalla nuca ai talloni un lungo brivido di paura e di fierezza. — Oh... a chi!... È vano che lo nómini, — egli rispose con sarcasmo. — Tuttavia, se proprio ci tieni, lo dirò: — Al mio fratello Andrea... al mio medico! — E poi? — ella fece, senza batter ciglio. — Nulla... dicevo questo perchè i tuoi occhi mi guardano come i

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Argomenti: lungo brivido,    suono tormentoso,    pensiero carnale,    rimorso fisico,    sordo rancore

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