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La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 65nella forza di una splendente volontà. La strettoia si allentava; i più vicini, soggiogati, ammutolivano. Con lentezza, il gruppo che lo teneva prigioniero s'incanalò nella strada formicolante, per la quale scendeva di corsa un drappello di studenti, spingendo innanzi a sè una doppia catena di poliziotti, che non riuscivano a frenarli. Ancor lontana, egli udì la voce nota, la fresca voce della gioventù che lo amava, che irrompeva correndo nell'opaca moltitudine avversaria, portando il suo nome come un vessillo e facendolo battere nel cielo con una forza che lo inebbriava. Irruppero quasi contro lui, senza riconoscerlo; accadde un urto, e per un momento l'avvolsero nella zuffa, lo trascinaron indietro, nel torrente impetuoso che li trascinava. Ma quando fu riconosciuto, e si seppe ch'egli, da solo, era uscito contro la piazza, s'era lanciato a fronte alta nella bufera, contro il pericolo, contro la folle accusa, che non poteva macchiarlo, allora fu come un delirio che lo circondò, che l'avvolse da ogni parte, fu la vendetta più bella ch'egli potesse immaginare, perchè un'altra folla era nata, sbucava, cresceva intorno a lui, come un esercito pronto a giurare su la sua spada, a camminare dov'egli volesse, rovesciando il suo patibolo per innalzargli trofei. Un riso grande, sarcastico, gli empì l'anima; si guardò intorno, e gli parve che il sole fosse un tappeto fulgido su cui trionfalmente poteva ora camminare. Aveva giurato di passar da solo entro la schiera nemica; era passato, era illeso, la vittoria incominciava. Dietro lui, nella piazza turbolenta, scherani contro scherani s'azzuffavano da ogni parte; squilli di tromba echeggiavano ad intervalli sopra l'urlare della mischia, ed ancora una volta, nella storia di tutte le grandi e piccole discordie, ci si batteva per un nome, tra partigiani e partigiani, poichè non muta nei tempi la sorte delle umane moltitudini: l'odio è fra condottieri, ed esse debbono insanguinarsi per la vittoria di uno solo. Ora la strada lo accompagnava gridando; le finestre si gremivano; le soglie delle botteghe si assiepavano di gente curiosa; la città soffermava la sua vita per assistere a questo esempio di virtù civile. Ma egli camminava nel mezzo della strada, senza nulla guardare, con la fronte sollevata, il passo veloce, tra un corteo numeroso che gli faceva intorno quasi una guardia d'onore, pronto a scontrarsi con chiunque gli sbarrasse il cammino. Ad ogni sbocco di strada la polizia tentava d'interrompere il corteo; ma esso rinasceva da' suoi frantumi, quasi fosse dotato d'una inseparabile vita. Sotto le finestre d'un giornale avversario volaron sassi e vetri si ruppero con fragore; la redazione stava per essere invasa, quando gli squilli echeggiarono e la polizia, forte di numero, giunse in tempo a disperdere l'assalto. Fu allora che un Commissario s'avvicinò al Ferento, pregandolo di voler salire in una vettura per sottrarsi alla folla che la sua presenza eccitava. Egli scosse il capo duramente, poi rispose: — No! Se avete ordine d'arrestarmi, arrestatemi; altrimenti proseguirò a piedi. Egli certo non ignorava che l'imprecisione dell'accusa e le potenti energie ch'erano già in moto per cooperare alla sua salvezza gli avrebbero evitato allora e poi lo sfregio dell'arresto; ma rispondeva così al Commissario, perchè sapeva nelle ore di battaglia esser anche un abilissimo istrione. Aveva giurato di andare a piedi: a piedi continuerebbe sino al termine. C'era troppo sole in quell'aria mattutina perch'egli accettasse di trafugarsi nell'ombra! Ora la strada lo accompagnava cantando; era una strada facile, sgombra; incominciava il suburbio. I funzionari erano riusciti a spezzare nel mezzo il corteo, imprigionandone la parte più accesa nel viluppo delle contrade. Lì nascevan alberi; di lontano la terra incollinava. Egli affrettò il passo, e quando vide apparire l'edificio bianco, le vaste placide finestre che dormivano dietro le stuoie, quando ripensò i bianchi letti allineati e le facce stanche di coloro che vi giacevano, un disprezzo immenso di sè medesimo lo assalse, quasi ch'egli avesse rubata una vittoria e stesse per rubare altresì quel diritto che s'attribuiva di medicatore. Allora, giunto al cancello, si volse; guardò la schiera che lo seguiva e tese il braccio per soffermarla. Ma poichè i più vicini lo circondavano: — Qui — disse, — ritorno ad essere il medico, che deve dimenticare. Con un sorriso, con un saluto, posò in silenzio le mani su le spalle d'alcuni fra i giovani che gli eran presso; indi si volse lentamente, varcò l'ingresso del giardino e rinchiuse il cancello. Lo videro inoltrarsi per il viale, poi, tra gli alberi, sparire. Là in alto, la Direttrice, i medici, gl'infermieri, tutti i custodi familiari del sereno edificio ch'egli aveva eretto per amore dell'uomo, gli si fecero incontro con un atto fraterno e solenne d'accoglienza, che parve racchiudere in sè una grande assoluzione. Ma questa volta, nel cuore, proprio in quella parte del cuore che non pensava, ch'era semplicemente il rifugio della commozione, il rifugio della bontà che l'uomo non riesce mai del tutto a spegnere in sè stesso, qualcosa lo morse pungentemente, con un tal senso di dolore, che gli parve, nonostante la sua volontà metallica, di sentirsi velare gli occhi. Sopra loro volse per un attimo uno sguardo di bestia diffidente e ferita, poi si chiuse di nuovo nella sua maschera d'impassibilità, strinse in fretta le mani che gli si tendevano, e scuotendo il capo, come per impedire ogni discorso, non faceva che ripetere: — Nulla, nulla... andiamo, è nulla!... Fece a tutti un gesto frettoloso di commiato, e con voce ferma chiamò, come soleva ogni giorno, il suo primo assistente: — Rosales, mi faccia vedere i bollettini. Il giovine, vestito del cámice bianco, gli si avvicinò scolorato come una fanciulla, ed insieme, tra un silenzio rispettoso e commosso, entrarono in quello studiolo a pianterreno che aveva contro la finestra gli odorosi rami dell'ólea fiorita. Rimasero in piedi, uno di fronte all'altro, senza dir nulla, poi, con un moto nervoso, il Ferento cominciò a sfogliare i bollettini. L'altro lo guardava con gli occhi lucenti, senza muover labbro, come un figlio guarda il suo padre che abbian ferito a morte e che sia per morire. Stava diritto, fermo come una sentinella, con le braccia lungo i fianchi; ma i polsi tuttavia gli tremavano. Pur nel leggere, il Ferento lo vedeva. Ed allora sollevò sopra il giovine i suoi occhi superbi, spianò la fronte come un uomo sereno ed incolpevole, che alla muta paura del discepolo volesse rispondere con una muta tranquillità. Ma questi non resse allo schianto, e con un dolore pieno di febbre, quasi piegando le ginocchia, gli afferrò una mano, balbettando: — Professore, qualsiasi cosa le abbisogni, o le accada, si ricordi, si ricordi che io son qui... E dai buoni occhi cilestri gli cadevan lacrime nella barba bionda. Il Ferento strinse velocemente quella mano, si morse un labbro, e volse altrove la faccia, per non fare quello che un uomo non può fare: piangere. VI Cominciaron giorni d'una guerra disperata, piena d'insidie, a colpi di coltello. Intanto correva l'istruttoria. Il giudice si chiamava Leonardo Niscemi, chiarissimo nome d'una famiglia catanese che aveva dato all'Italia buon numero di valorosi giureconsulti. Mai bufera più grande fu scatenata sopra il capo d'un povero giudice istruttore, nè mai tanto gioco di pressioni e di partigianerie fu esercitato con mezzi più illeciti su la incorruttibile giustizia. Si guerreggiava da entrambe le parti con uguale accanimento; era uno scoppio di furor civico da lunghi anni contenuto; il Parlamento, la strada, la chiesa, la stampa, i sodalizi, la famiglia, l'individuo, tutto si batteva. Drappelli e cortei percorrevano le strade; ogni sera, nei comizi, gruppi avversari si azzuffavano; i giornali delle due parti buttavan esca nel fuoco. In segno di Tag: strada contro nulla fronte piedi uno parte occhi nome Argomenti: uomo sereno, disprezzo immenso, torrente impetuoso, esercito pronto, tappeto fulgido Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La trovatella di Milano di Carolina Invernizio Libro proibito di Antonio Ghislanzoni Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Trattare le smagliature in modo naturale A Santorini, sulle tracce di Atlantide Trucco duraturo per l'anno nuovo Trucco con copertura trasparente Strutturare la narrazione
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