La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 13

Testo di pubblico dominio

e che i vostri capelli sono d'un'abbondanza davvero straordinaria. — Novella ne ha più di me. — Forse; ma di un altro colore. Dov'è Novella? — Non so, — ella fece con esitazione. — E Andrea? — Andrea sarà forse rintanato in camera sua. Da qualche giorno è divenuto ancora più inavvicinabile di prima. Che bizzarro uomo! Non pare anche a voi, cognato? Io, quando lo vedo, ho sempre voglia di gettargli un pezzetto di zucchero come si fa con i cani da guardia per entrare nelle loro grazie. Egli fece con la mano un gesto vago, ma sorrise tuttavia di quella irriverente opinione. — Andrea è un uomo d'ingegno, — disse con lentezza il malato. — Le nature come la sua peccano sempre di qualche singolarità. — Ma egli è singolare in tutti i sensi, e più lo si conosce, più lo si trova bizzarro! Sapete, — ella seguitò con il suo parlar volubile, — sapete che mi faceva la corte? — Ah, sì? — A modo suo, beninteso; con certe sue maniere un po' ironiche... ma è fuor di dubbio che mi facesse la corte. Bene, ora invece, da cinque o sei giorni, non mi parla nemmeno più: se ne è dimenticato. È seccante, vi pare? — Questo non saprei, cognatina. Vi auguro in ogni modo che ricominci, — egli disse in tono di celia. — Bah... lasciamo stare! Seduta vicino a lui, ella ricamava in fretta, però con una sbadataggine estrema. Ogni tanto guardava il malato, ch'era disteso nella seggiola a sdraio, coperto di scialli; e lo guardava nel mezzo del parlare, o facendo altra cosa, perchè l'infermo non si avvedesse de' suoi pensieri. Lo trovava miserrimo, ogni giorno più stremato, più povero di vita. Nella faccia angusta gli si erano dilatati gli occhi e sporgevan dall'órbite come fossero gonfi, in un cerchio di lividore. Le pupille dilatate, scialbe, acquose, nuotavan in un siero azzurrastro; talvolta si appannavano visibilmente, come una lama al calor del fiato. Quando sorrideva, i denti parevan cresciuti: la gengiva superiore gli si scopriva, congestionata sotto l'orlo del labbro, e quasi livida. Su la pelle arida gli si formavan certe macchie di color scuro e spesso due strisce rosse gli accendevan la fronte, equidistanti, fra le tempie concave. La sua mano divenuta nivea, spesso, nel cercare un oggetto, brancolava un poco. — Non vi sentireste, — gli domandò la fanciulla, — di uscire nel giardino? Fa così tepido fuori. — Oh, no, Maria Dora! Non mi sento proprio di alzarmi. Se sapeste che fatica mi costa muovere un passo! E si rannicchiava negli scialli, poveramente, come un intirizzito. In quel mentre papà Stefano tornava dalla fattoria, col suo cappellaccio di paglia ficcato di traverso, la sua giubba da cacciatore. Era un bel vecchio, aitante ancora, solido e bronzeo sotto i suoi capelli d'argento; serrava tra i denti la pipa stracarica, ingoiando enormi boccate di fumo con una specie di golosità. All'odor del tabacco, Giorgio si mise a tossire. — Ahi!... me ne dimenticavo, — esclamò Stefano con premura. E soffocato il fornello col póllice, si cacciò la pipa dentro una tasca. — Fuma, fuma, — lo esortò Giorgio. — C'è tempo! Veh, che brava Maria Dora! gli tieni compagnia. — Si discorre di tante cose, godendo il bel sole. Frattanto ricamo, ricamo. A furia di ricamare mi sarò preparato un corredo bellissimo. Non manca più che il marito. — Fece una pausa: — Il marito... parola eroicomica! E si mise a ridere di quel suo riso trillante, che le gonfiava la gola. — Oh, eroicomica!... — esclamò il padre. — Tu non sai quello che dici. Ella non volle insistere, anzi mutò discorso: — Papà, ora te ne racconto una bellina. La Berta se ne va! — La Berta? — Sicuro, e adesso verrà lei a dirtelo. Va via perchè... oh, debbo ridere!... — Insomma lo vuoi dire o no? — Ora te lo racconterà lei stessa, perchè io... — e rideva, — io... — e rideva più forte. La Berta, che lo aveva inteso entrare, giusto era venuta su l'uscio. — Ehi, tu, fatti pure avanti! — comandò il burbero padrone. — Sentiamo: cosa c'è? La fantesca si avanzò di qualche passo, impacciata, con gli occhi bassi, slacciandosi il grembiule. Stefano si tolse il cappellaccio di paglia e lo buttò sopra un divano. Siccome cadde a terra, la fantesca, per far qualcosa, andò a raccoglierlo. Con quel cappellaccio in mano, e per il fulvo della sua chioma e per il vermiglio delle sue gote, pareva più buffa che mai. — Dunque la sciogli o no quella tua maledetta linguaccia? — Dica lei, signorina... — ella balbettò vergognosa. Maria Dora se la godeva un mondo e non aperse bocca. — Che signorina d'Egitto! — borbottò Stefano, con quell'aria terribile che sapeva darsi nell'amministrare la giustizia fra i suoi dipendenti. — Spìffera tu! La fantesca si fece cuore: — Signor padrone, ho deciso di andarmene via... — Buon viaggio! Ma egli non si mosse; ella neppure. Dopo un breve silenzio papà Stefano disse: — Oh, e perchè poi? — Lo domandi alla signorina. — La signorina non c'entra. — E allora lo domandi al signorino... — A chi? — A quello lì... — ella fece, scostandosi impaurita e segnando col dito Marcuccio, ch'era venuto su la soglia nell'udir quelle voci. — Sì, a lui, proprio a lui... — ripeteva cocciuta la fantesca, segnandolo a dito. Si era fatta rossa, quasi paonazza come una melagrana, ed aveva le lacrime agli occhi. Papà Stefano abbandonò quel tono di accigliata canzonatura, si fece grave: — Sentiamo: cosa c'è stato? — Certe cose, certe cose, padrone... — piagnucolava la Berta. Lo scemo cominciò a sghignazzare ed a contorcersi contro lo stípite; allora ella, fattasi ardita, sciolse lo scilinguagnolo. — S'immàgini che non mi lascia stare un momento. Mi tocca, mi provoca, mi salta addosso... Poco fa mi ha fatto bruciare il lardo! Ne ho abbastanza! Guardi un po' che pizzico! E si fece avanti, squadrando con occhi nemici lo scemo, che sempre sghignazzava; si rimboccò una manica fin sopra il gomito e mise in mostra un bel lividore. — Dio! come fai la schizzinosa... per un pizzico! — esclamò Maria Dora con perversità. Ma la Berta non s'interruppe nemmeno. — Poi sentisse cosa dice, padrone! — Andiamo, andiamo... — borbottò Stefano, conciliante. — Insomma pensi che la notte mi devo chiudere in camera a chiave!... — Ohibò!... — fece Maria Dora con la sua vocetta maliziosa. Allora lo scemo si fece avanti, serio serio, con una grande aria di cerimoniale; drizzò su le gambe lunghissime la sua persona sbilenca e disse in tono declamatorio: — Infatti, caro padre, ho deciso di prender moglie. Quello che ti racconta costei, non importa. È venuto il tempo che mi debba maritare: ventitre anni ho, padre. La ragazzotta, paurosa, corse in un angolo e scioccamente incominciò a piangere. — Costei, — riprese lo scemo, — costei non intende. Piange? Perchè piange? Le ho detto: — «Sei grassa e rotonda; mi piace l'odore del tuo collo, dove nascono i tuoi capelli rossi. E quando scopi mi piaci, perchè la tua sottana dondola e sta bene. Sposiámoci, Berta; voglio vedere se sei fatta come una donna.» Allora il padre s'avvicinò a lui, posandogli una mano su la spalla; e cercava di persuaderlo amorosamente: — Questo che dici non è bene, Marcuccio. Lascia stare la Berta; va e scrivi. — Non ora, padre. Debbo raccontarti ogni cosa prima delle mie nozze. Frattanto rideva, ma di quel suo riso atono, che gli afferrava soltanto la bocca e la obliquava in una smorfia sinistra; un riso metallico, breve, aspro, che gli stringeva la gola come una mano ruvida e ne traeva un corto singhiozzo. In certi momenti non si poteva impedirgli di parlare, affinchè non desse in ismanie. — Sì, padre. La sposo per aver fatto un sogno. Un sogno che faccio quasi ogni notte, in questa primavera. Mentre dormo, la porta si apre; lei entra; è veramente lei, quasi nuda, con i capelli arruffati, e ride. Ride; poi si dondola

Tag: berta    padre    mano    capelli    padrone    scemo    signorina    fantesca    occhi    

Argomenti: breve silenzio,    grande aria,    seduta vicino,    gengiva superiore

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Fior di passione di Matilde Serao
L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza
La spada di Federico II di Vincenzo Monti
La trovatella di Milano di Carolina Invernizio
La via del rifugio di Guido Gozzano

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Trattamento per perdita di capelli per le donne
Terapia oculare per occhi tristi
Quali sono le migliori piastre per capelli
Come fare i capelli con treccia francese
Come ridurre i cerchi scuri sotto gli occhi


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83 successiva ->