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La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 25io no! tu puoi darle ancora un brivido... io no! — e tutto questo, lo riconosci ora? è meno grande che non sembrassero le mie parole. Parlava concitato, scuotendo i pugni, rosso nel viso d'una tragica vampa; indi spense la voce, che divenne piena di sarcasmo contro sè stesso: — Allora, vedi, per una vanità d'uomo, preferisco nascondermi prima di esasperare la sua pazienza e di farle odiare, nel suo disamore, anche la memoria di me. Insomma, se tu hai ne' suoi occhi la bellezza della tua forza, voglio vestirmi d'una qualche bellezza pur io, voglio valermi dell'ultimo potere che mi resta: la bontà, voglio che tu non vinca interamente, intendi? perchè ti odio... sì, ti odio, e più forte, anch'io!... Vedi come tutto questo è meno bello, meno grande che non paresse a te. Ma, con un atto brusco, Andrea respinse quelle sue parole: — No: tutto questo non è vero! Tu vuoi «sapere», solamente «sapere»! Ti fai debole per fasciare la mia forza. Ebbene, poichè lo vuoi, affrontiamo ancora una volta, con vero coraggio, questo pericolo estremo. Siamo sovra un ponte stretto, per dove non si passa in due. Trasfigurato nel viso, Giorgio lo interruppe: — Con vero coraggio, hai detto? Sì, Andrea! sì, Andrea!... La commozione gli metteva un tremore all'ápice delle dita. — Sì, Andrea, — ripetè. — Ascoltami bene: per tutte le cose umane c'è la parabola, e in capo della parabola nient'altro che un circolo d'ombra. Tutto bisogna che finisca in putrefazione. Anche la nostra amicizia, ch'è stata un bel legame di due anime libere, non potè fare altrimenti. Ed io non te ne incolpo, Andrea: era necessario, doveva essere così. Ma c'è qualcosa che sopravvive a tutto questo, ed è la memoria di quello che siamo stati, tu ed io, là indietro, nella giovinezza. C'è, nella macchina logora, qualcosa, forse un peso inutile, che sopravvive: il cuore... Ed io, se mi sono trascinato fin qui, non è per tenderti una insidia, non è per sapere, perchè ormai più nulla mi è nascosto... ma perchè mi rincresceva morire senza che fosse ancora suggellata con un patto finale la nostra concordia d'uomini, ed è per dirti quel che ora ti dico: Strìngimi la mano, Andrea, lasciamoci da veri amici. — No! mai! — esclamò l'avversario. — Guarda: io mi metto a ginocchi davanti a te, se lo chiedi, ma non mi tendere la mano... mai più! mai più! — A tal punto mi odii? — Me odio! me stesso: non te. — Tu ingrandisci un piccolo dramma!... una donna, dopo tutto, è una donna... ci ha divisi, ci riunisce: dammi la mano. L'avversario, l'antico suo fratello, in silenzio lo fissò, a lungo; poi fece una domanda: — E se non potessi?... se non potessi più?... Comprendi la forza che racchiude questa parola: «potere»? — Le parole son parole... e poi sono anche fantasmi: scàcciali! Era sorridente, mite; una specie di augusta sovranità gli vestiva le sembianze; v'era, nel suo sorriso, ne' suoi occhi, un non so che d'immateriale, che raggiava dal suo pallore come un sole nascosto. Ora sentiva di essere il più forte, sentiva di poter comandare: — Dammi la mano, — disse; — ho bisogno di te. — Di me? Che vuoi? — Aiuto, perchè non vedi come sono debole?... Ho bisogno d'aiuto, e tu solo me lo puoi dare. — Che vuoi? — La tua mano, dammi la tua mano. — Non posso. — Puoi, puoi... se ancora ti senti capace di farmi un dono. — Lei?... — balbettò l'avversario, esprimendo in quel solo monosillabo tutto il terrore che gli pervase l'anima. — Non lei... un altro dono più bello!... Dammi la tua mano. Subitamente, con uno scatto, Andrea tese il palmo al suo fratello d'una volta, all'uomo che gli era stato sacro e del quale «conosceva la morte». Tremava, tremavano entrambi, ed entrambi ne impallidirono, quasi avessero compiuto un rito infrangibile con quella stretta di mano che per l'ultima volta li affratellava. — Ed ora ascòltami, — disse Giorgio. — Il bene maggiore non è la vita, è la pace. Guàrdami negli occhi: vedrai nel fondo l'anima che non mente. Io ti ho perdonato, a te ed a lei; ho messo all'àpice de' miei sogni la vostra felicità, ho soppresso il mio bene per il vostro bene. Poichè vi amate, e poichè la colpa è stata più forte che la vostra onestà, siate felici, voi almeno, che avete nel mondo una felicità possibile. La vita che diviene per sempre inutile a sè stessa deve continuare in un'altra. Ma se l'anima è capace di queste cose grandi, c'è la carne che non vuole, c'è la carne invida, che soffre, che si dispera... Ora ti dico: Andrea, fratello mio, liberami dalla carne trista... dammi un veleno! — Un veleno?... — mormorò esterrefatto l'avversario. — Sì, perchè il bene maggiore non è la vita, è la pace. Io ti domando la pace, e, se mi farai questo dono, avrai sciolto verso di me virilmente quel patto che l'amicizia mi deve. Non voglio sconvolgere con una tragedia volgare la tranquillità di questa casa, ma voglio tuttavia morire; sapere che sarete felici... non vedervi più! Parlava ormai senza che l'altro l'ascoltasse, con una voce opaca e squallida che aveva il colore d'una giornata d'inverno; parlava da una specie di lontananza, da una specie di solitudine, trascinando con monotonia le sillabe, come il vento fa nei prati quando ammulina la neve. — Un veleno?... — disse ancora l'avversario, indugiando nel magnetico stupore di cui lo percosse quella parola. — Sì, Andrea... e non impallidirne a quel modo! Io ti parlo d'una cosa semplice; la scomparsa d'un uomo è la più semplice di tutte le cose. Ora sorrideva d'un sorriso distante; v'era nelle sue disperate parole una tranquillità già divisa dal mondo. — Vedi: gettarmi da una finestra sarebbe odioso, ed il mio corpo è così affranto che forse mi mancherebbe il coraggio di farlo, sebbene vi abbia già pensato. Armi non ne ho; quand'anche potessi procurarmene, questa morte rumorosa e drammatica sciuperebbe, come l'altra, il mio disegno. Invece voglio andarmene come se la morte fosse venuta a prendermi qualche giorno prima... Ricòrdati quel che ti ho detto: è un dono che ti domando, e tu solo me lo puoi fare. Me lo devi anzi fare, perchè sono allo stremo e non posso più sopportare nemmeno un giorno di questa tortura. L'amo! l'amo come te, disperatamente, con tutto il furore che può essere nell'agonia d'un uomo... e la carne si ribella al pensiero che sia tua! Vedi, Andrea, ti parlo come si parla solamente con noi stessi. Il nostro patto è assai più forte che le meschine convenzioni degli uomini: vi sono casi nei quali è più santo dare la morte che salvare una vita. Tu, che senza volerlo m'hai preso tutto, mi devi pure un dono: dammi un veleno! Ora l'avversario l'aveva ascoltato senza guardarlo, con gli occhi fissi ad un punto magnetico nell'alta ombra, che vedeva egli solo. E quando tacque, seguitò ad ascoltarlo, senza che una linea del suo viso trasalisse, fermo dalla fronte al piede in una sinistra immobilità. Poi gli si avvicinò lentamente, fissandolo con i suoi diritti occhi, tersi e freddi come l'acciaio, pieni di vampe nere. Disse: — La tua domanda è di quelle che raramente un uomo sereno ha il coraggio di fare. Ma essa non mi atterrisce. Interroga bene il tuo spirito prima di rispondermi: Sei ben certo di volere quello che vuoi? Egli si pose una mano sul petto, aperta, con l'atto sacramentale di chi giura sul libro dell'Evangelo. E rispose: — Io ti chiedo che tu mi dia da morire con la stessa serenità con la quale un giovine impetuoso domanda la battaglia, sicuro di andarvi bene, con la fronte alta, ridendo. E lo domando a te, perchè tu solo, fra gli uomini che conosco, sei capace di farmi un simile dono, appunto senza tremare. — Lo credi? — Lo so! Nella pausa che si colmò con l'eco di queste parole, ambedue sentirono il lor cuore accelerarsi fino allo schianto. Poi Andrea lo afferrò per un polso e gli disse rapidamente: — Giorgio!.. Io potrei di fatti non Tag: tutto mano bene avversario dammi dono voglio parole occhi Argomenti: uomo sereno, patto finale, rito infrangibile, tragedia volgare, magnetico stupore Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La via del rifugio di Guido Gozzano Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Mattinate napoletane di Salvatore Di Giacomo Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Il wedding planner Le partecipazioni per il matrimonio Bigne al limone Sposarsi senza spendere troppo La migliore crema antiaging per gli occhi
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