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La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 67scilinguagnolo impertinente, aveva inchinato sul petto il mento rotondo, e guardava pensierosamente correre la vita, chiudendo in un silenzio ostinato il suo cuore che le doleva un po'... Ella non aveva mai veduto risalire dal grembo della terra una cassa da morto, ed osservava quella triste opera con un senso curioso ed affannoso di novità. Le pareva che ogni colpo di zappa la colpisse nella sua medesima carne, ma insieme colpisse anche un altro essere, ch'era lontano, e si trovava solo contro una immensa guerra, nella quale, per quanto forte, non le pareva che egli potesse trionfare. Ella non rivedeva che lui, dietro il vapore biondo che nel sole offuscava i suoi chinati occhi; non rivedeva che lui, senza ricordarsi bene se ancora l'amasse o l'odiasse, tanto l'evidenza della colpa ch'egli consumava con la sua sorella, e forse l'invidia della lor colpevole felicità, le stringevano intorno al cuore una specie di nodo soffocante. Gli scavatori celiavano senza curarsi di lei: nella terra umida e rovesciata entrava brillando il sole; ed ella se ne stava in disparte, con il capo raccolto fra le spalle un po' inquiete; quasi cullando in sè stessa un'assurda speranza, e cioè che non si ritrovasse più nulla, che già i vermi avessero divorato la spoglia, il feretro, e dispersa nel lor viscido brulicame la prova di quella colpevolezza ch'ella sentiva essere, ahimè, troppo certa!... Ma invece, dalla profonda fossa, risollevaron il feretro pressochè intatto e lo caricaron sopra un carro da buoi, che andò via cigolando. Ella non si mosse, finchè disparve. Poi, rimasta sola, si affacciò curiosamente sopra la fossa vuota. E vide un ragno enorme che vi camminava nel fondo, incespicando fra il terriccio umido con le sue molte zampe villose. Il giorno dopo tutti partirono per la città. Nella casa di Giorgio Fiesco, dove recaronsi ad abitare, trovaron Novella dimagrita, febbricitante, che li guardò con i suoi grandi occhi pieni di spavento e, buttatasi nelle loro braccia, ruppe in lacrime singhiozzanti. Era sfinita di fatica, d'amore e di maternità; mancavano poche settimane alla nascita della sua creatura. Nessuno volle ancor più turbarla; non una domanda, non un rimprovero ella udì mai su le lor labbra indulgenti; la madre, il padre, la sorella non fecero che inchinarsi come anime tutelari sopra la sua maternità e sopra il suo dolore. Nulla eravi di mutato nella casa di Giorgio Fiesco da quando egli stesso vi dimorava, poichè, negli ultimi tempi, obliosa d'ogni scrupolo e d'ogni prudenza, ella era vissuta di continuo nella casa del Ferento. Avrebbe continuato a vivere sperduta e inerte nella sua ombra, se l'infierire della battaglia ed il termine della gravidanza non avessero persuaso il Ferento a separarsi da lei, rendendola in grembo alla sua famiglia. Era d'altronde necessario che tutti venissero in città per coadiuvarlo nella sua difesa: e da poco erano arrivati, quand'egli sopraggiunse nella casa del Fiesco. Entrò rapidamente, senza lasciare il tempo d'essere annunziato. Eran tutti raccolti nella grande sala, ove i divani e le seggiole, custoditi sotto fodere di tela greggia, diffondevano in quella fredda casa un senso di antica disabitazione. Nel vedere il Ferento, sorsero in piedi con uno scatto involontario, come se ognuno avesse preferito in quell'attimo non trovarsi viso a viso con lui. Marcuccio, ch'era d'umor pessimo per la fatica e la novità del viaggio, se ne stava seduto sul bracciuolo d'una poltrona, con un piede accavallato su l'altro ginocchio, e oziosamente si strofinava le unghie contro la suola polverosa. Non súbito lo riconobbe; ma, dopo averlo ben fissato, incominciò a ridere, a ridere, chissà per qual ragione. Andrea guardò Novella, ch'era lì, seduta; guardò il suo cappello da vedova posato accanto a lei sopra un tavolino, guardò la sua giovine sorella, che le stava presso, ritta in piedi, e quasi la vigilava tenendo una mano appoggiata sul pizzo nero che ricopriva la sua scollatura. Dall'infocato tramonto veniva una luce soverchia, nella quale tutte le fisionomie parevano colorarsi d'una vampa. Essi a lor volta lo fissarono, e lo videro quale non era stato mai, con tutta la sua forza raccolta nel viso, eppure stanco. Una ruga profonda, incisa fra i sopraccigli, duramente spartiva la sua fronte; una specie di ostinato sarcasmo gli armava la mascella dura. Egli li guardò come nemici, tutti insieme, senza fissare i suoi occhi negli occhi di nessuno; poi disse: — Benvenuti; era tempo che foste qui. Novella prese la mano di Maria Dora e se ne coverse le palpebre affaticate, con una specie di affettuosa voluttà; insieme le carezzava il dorso della piccola mano, lentamente, soavemente, facendo scorrere le dita fin sopra il suo polso pieghevole. Ma la fanciulla, con il capo incline all'indietro, nel cerchio di luce dorata, pareva insensibile a quella carezza, insensibile a tutto quanto accadeva intorno a lei, tranne a quella specie di suggestione dolorosa che le produceva l'aspetto di Andrea Ferento; gli occhi le si empivano di maraviglia, una specie di latente paura stringeva il suo cuore di fanciulla. Andrea s'avvicinò al vecchio Stefano e con forza gli prese una mano, con forza la tenne chiusa fra i suoi palmi, come per impadronirsi nel medesimo tempo della sua docile volontà. Il vecchio lo guardava perplessamente, senza trovar parole, con una specie d'angustia, con un visibile impaccio, ch'egli stesso avrebbe voluto poter nascondere. — Voi sapete ogni cosa, è vero? — disse il Ferento, con una voce opaca e piena tuttavia d'una concitazione mal dominata. Egli sentiva per istinto che c'era in quegli animi una ostilità involontaria contro di lui; quella medesima ostilità che ormai gli pareva d'incontrare dappertutto, più sensibile ancora fra le persone che l'amavano. Talvolta gli era sembrato perfino d'accorgersi che questo senso vago d'ambiguità penetrasse, come un sottile brivido, negli abbandoni voluttuosi dell'amante. Ma egli non veniva per difendersi; era spaventosamente calmo, spaventosamente risoluto ad ascendere, senza un attimo di pavidità, fino all'ultima pietra del suo calvario. Adesso eran giorni di battaglia; si trovava sul terreno di combattimento, non rimaneva per lui che una sola necessità: vincere. Egli abbandonò allora la mano di Stefano, ma intrecciò insieme le sue proprie dita, e le torse con ira, sorridendo per il dolore che ne provò. Poi disse: — Vi ho pregato di venire in città perchè Novella non poteva più a lungo rimaner sola, nè rimanere con me. Inoltre avevo qualcosa da comunicarvi, ed è per questo che ora son venuto. Parlava a scatti, con la voce un poco ansante, passandosi tratto tratto una mano su la fronte. — Fra pochi giorni tornerò ad essere l'uomo di prima. Se ne dubitate anche voi... poco importa! — No... — volle dire Stefano. Ma egli lo interruppe con sarcasmo: — Poco importa! Sono avvezzo a difendermi e sono avvezzo anche a vincere nella vita. Ma, davanti ad una simile accusa, ero del tutto impreparato. Sono stati più abili di me, finora; ma i conti li faremo in ultimo. Benchè ferito alle spalle, ho fiato ancora per combattere, come si vedrà. Intanto, non per giustificare me stesso, ma per tranquillare voi, sappiate che nessun perito al mondo potrà mai scoprire nel cadavere di Giorgio Fiesco una traccia qualsiasi di veleni, se non tali e quanti ogni medico adopera necessariamente nelle sue medicine. Egli fece una dura pausa, e considerò sorridendo l'espressione dei lor volti, che parevano rischiararsi davanti alla fermezza delle sue parole. — Ma poichè non voglio difendermi, e poichè son pronto a mostrarvi che non ho bisogno di difendermi, sappiate ancor questo: — la scienza, ve lo dice un medico, può facilmente uccidere senza che un perito se n'avveda. In altre parole, vi sono veleni che non lasciano traccia. Così, almeno fra voi, chi mi vuol credere innocente avrà la compiacenza di farlo senza che io Tag: mano specie casa occhi poco essere insieme novella tutti Argomenti: medesimo tempo, silenzio ostinato, pizzo nero, senso vago, triste opera Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi La via del rifugio di Guido Gozzano Nel sogno di era Novelle rusticane di Giovanni Verga Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come orientarsi tra convivenza e matrimonio Il trucco giusto per gli occhi scuri Come truccarsi per essere perfette Come abbinare i gioielli alla carnagione Gli accessori dello sposo
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