La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 82

Testo di pubblico dominio

mai più indietro, verso la nostra vita che finì. Non ti sembra che davanti a noi ci sia tanta luce ancora, da permetterci di continuare la strada? Una limpidità s'accese, come un raggio di sole negli occhi di Andrea. — Sì, anima... — disse con ebbrezza, — lo credo, lo credo! — Solamente chi avesse paura, — ella riprese, — non potrebbe far questo. Nè io nè te sappiamo aver paura. Ella brillava, in queste parole, di una luce orgogliosa; veramente gli assomigliava: era nitida, inflessibile come lui. — Ricórdati, — ella disse: — la distanza è quella che meglio seppellisce il passato. Potremo andare assai lontano, e, se ti piace, rimanervi per sempre. Tu non sei fra quegli uomini che davvero possono rinunziare alla vita; fra poco avrai nuovamente bisogno d'esser forte com'eri, buono ed operoso com'eri. Quando mi dicesti che abbandonavi l'Università, la Clinica, i tuoi libri, nulla feci per impedirtelo, ma pensai: — «Tutto questo ricomincerà in una vita nuova, ed io stessa gli dirò: «Andiamo.» Un colore di vita brillò su la fronte dell'uomo che non poteva essere un vinto. — Come sei buona! come sei buona! — esclamò con ardore. — Sì, Novella, hai ragione: voglio vivere ancora! Ho bisogno ancora d'essere, come hai detto, buono e forte. Si serrò nel palmo la fronte accesa, gonfiò il petto in un largo respiro e soggiunse: — Poichè, vedi, anche nell'uccidere fui tale. Se avessi avuta l'anima di un piccolo uomo, avrei potuto sottrarmi alla responsabilità del mio delitto, volgere la schiena mentre lo compivo. Ma non volli. Ora che mi sono accusato apertamente, senza diminuire in alcun modo la mia colpa, posso dirti ancora una cosa, che tu non sai. Ed è questa: — Giorgio mi ha domandato volontariamente di morire, mi ha supplicato, con parole indimenticabili, perchè lo facessi morire. Ella dette un'esclamazione di maraviglia e si levò trepidante, con gli occhi pieni di luce. — No, attendi!... — egli l'interruppe. — Già era tardi . Lo avevo già condannato a spegnersi, avevo già cominciato ad impadronirmi della sua vita. Ma una sera, — quella sera, ti ricordi? che tu fuggisti nell'udirlo venire. — Giorgio entrò nella mia camera e mi disse: — «Novella era qui.» Nel sangue gli camminava già il veleno, era esausto; mi parlò come forse nessun uomo ha mai parlato ad un altro. Mi disse: — «Poichè vi amate e siete due creature vive, io, che sono un morto, debbo scomparire. Aiútami! Tu, che sei stato il mio fratello ed il mio nemico nel mondo, aiútami! Non ho la forza di colpirmi da me stesso: tu solo puoi avere per me questo grande coraggio. Aiútami, Andrea, dammi un veleno!» Ecco quello che avvenne. Te lo racconterò, se vuoi, parola per parola; me ne ricordo con lucidità, come se fosse accaduto ieri. Vedi, è ancora più barbaro che se l'avessi ucciso in un momento solo, mettendogli una mano alla gola. Poichè, sebbene fosse un morto e io sapessi che la natura lo aveva ormai condannato senza scampo, tuttavia sarebbe certo vissuto fino a veder nascere il nostro bimbo, o vedere te, travolta da un atto di disperazione... Era questo, mi capisci, era questo che io non volevo! Egli si fermò concitato. Bianchissima, l'amante lo ascoltava, seduta sull'orlo del letto, un poco protesa verso di lui, con le mani aggrappate alle coltri, i polsi, le braccia, le spalle che parevano irrigidirsi. — Allora? — ella fece ansante, quasi non tollerasse quella pausa. — Egli ti amava e mi amava, Novella, ed aveva compreso quello che un uomo non comprende mai: l'inutilità del proprio amore. In lui tutte le passioni erano giunte al parossismo: la gelosia, l'amore, l'odio, la viltà, la bontà. Voleva chiudere gli occhi per non vedere oltre il nostro peccato. Mi ha detto: — «Non posso più soffrire! abbi compassione di me! fa ch'io muoia...» — E allora?... — Allora, dopo avergli quasi confessato: — Ma, bada ch'io non posso più arrogarmi questo inesorabile coraggio... — dopo aver avuta la tentazione di salvarlo ancora, di lasciare che l'uccidesse la morte, ho compreso mentalmente ch'egli aveva ragione, che lui ed io avevamo ragione, che la sua pace era fuori dal mondo... e gli ho preparata l'ultima dose di veleno. Ecco, lo rivedo. Si avvicinò lentamente; senza paura, ma lentamente. «È questo il veleno?» — balbettò. E sopra vi pose un dito, come per toccare la morte. Parlava automaticamente, con un riso a fior di labbro; guardava quasi affascinato la siringa lucente, colma di un liquido senza colore, innocuo, limpido come l'acqua. Poi snudò il braccio sinistro, rimboccando la manica piano piano; torse un poco il viso, la bocca gli si fece obliqua, e prese la siringa fra due dita. — «Come si fa?...» — domandava ridendo. «Così!» — Gli strappai la siringa di mano, e mentre tenevo strettamente il suo polso, con l'ago pronto a pungere su la sua pelle rabbrividita: — « Io — gli dissi, — io debbo finire di ucciderti , non tu!» — E per punirmi, per non volgere la schiena, l'ho avvelenato, io, forte, in un colpo, con la mia propria mano! Ella strinse gli occhi; le sue dita contorsero la coltre; il suo busto barcollò indietro; ma si contenne ancora e soggiunse: — Dopo?... — Dopo l'ho dovuto sollevare, portare nella sua camera, svestirlo, piegare gli abiti, comporlo naturalmente nel letto; poi sono venuto a chiamarti, là, nella tua stanza... Ella rimase immobile, con gli occhi fissi, e rivide forse nella chiara camera funeraria il raggio lunare che vestiva il cadavere dal piede alla fronte, poltrendo su l'ampiezza del letto come un fascio di bianca elettricità. — Báciami! Báciami! — d'improvviso ella gridò, scuotendosi tutta, come se volesse ubbriacare di voluttà la coscienza terribile. — Báciami forte!... Egli si chinò su quel grido, e furiosamente la possedette. . . . . . . . «Fai la ninna, fai la nanna, fantolino della mamma... . . . . . della mamma...» Era l'alba; l'alba vaporosa, tenue, come un velo di caligine bianca. Il bambinello, forse per fame, s'era messo a vagire. — Senti?... — mormorò Novella; — ora piange... — Fra poco si riaddormenterà. Mi ami? Un bacio ed ascoltarono. Ma la vocina passava il silenzio, lunga, insistente dannosa. La mamma era inquieta; per la prima volta s'accorgeva d'amarlo, sentiva quella voce risuonare nell'eco della sua propria carne. Improvvisamente una profonda volontà materna le fece dire: — Andiamo a vederlo. — Sì?... vuoi?... E furono le stesse parole , quasi la stessa voce della notte quand'erano andati a vedere il morto. Si levarono; egli la ravvolse nella vestaglia, si mise addosso qualche abito in fretta, e, presala per mano, aperse l'uscio verso il corridoio. — Fa piano, — le diceva come allora, — che nessuno si desti. Addossati l'uno all'altra, scivolando lungo la parete, giunsero fin sul pianerottolo, dove già l'albore pertugiava con qualche striscia di pallido fumo. Cauti salirono le scale. Si udiva il vagito del bimbo tra la cantilena della nutrice affievolire, affievolire... Batterono all'uscio, chiamando la donna per nome affinchè non s'impaurisse: — Lena, Lena... Ed entrarono. Un lumino a olio bruciava tra il letto e la cuna spargendo per la camera un chiarore da presepio; ma la balia erasi levata e camminava in camicia, coi piedi scalzi, ninnando il pargolo su le sue braccia dai gomiti rotondi, e sempre cantilenava con una pazienza infinita: «Fai la ninna, fai la nanna...» — Che c'è? — disse con arroganza, quasi considerasse come due intrusi quei due signori. E tranquilla si fermò nel mezzo della camera, gravando il corpo discinto sui calcagni piatti. — Nulla, — essi risposero con una certa confusione. — Siamo venuti a vedere perchè piange il bimbo. — Voleva il latte. Ora dorme: guárdino. Benchè sorpresa, non mostrava alcun pudore; traverso la camicia ruvida si delineavan controluce le sue forme tozze;

Tag: vita    camera    occhi    poco    letto    dopo    mano    forte    due    

Argomenti: raggio lunare,    largo respiro,    manica piano

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Fior di passione di Matilde Serao
I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi
L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza
La via del rifugio di Guido Gozzano
Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Madrid, la regina della "movida"
Cosa bisogna sapere sul gattino di razza
Consigli per fare dei bei braccialetti
Come ritrovare la felicità dopo avere divorziato
Consigli per una dieta veloce ed efficace


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83 successiva ->