La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 10

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suoi, e la sua bocca mi parla come la tua. Una volta ti movevi lenta, calma, con una specie di pigrizia; ora, nelle tue mosse, talvolta sorprendo un poco della sua rapidità. Egli tacque un momento, poi soggiunse: — Hai ragione d'amarlo, è un uomo che merita di essere amato. Ma ella taceva, ravviluppata nel suo silenzio come in un freddo e crudelissimo rancore. Giorgio riprese: — È l'uomo più virile ed è l'anima più vasta che incontrai su la terra. Bada che non símulo; egli forse mi odia, io no. — Non ti odia, — ella disse con fermezza. — Andrea non ti odia. — Lo sai tu? — Sì, certamente. Ma voglio anche dirti una cosa, una cosa che tu dimentichi, Giorgio... Quando una donna riesce, con affetto, con serenità, vorrei dire, con passione a compiere il suo dovere nella vita, nessuno avrebbe il diritto di frugare come tu fai dentro l'anima sua, per rubarle un secreto ch'ella cerca di seppellire nella sua intimità più profonda, e non certo per risparmiare sè... L'anima, credo, è un possesso che si può negare inesorabilmente alle violenze altrui. — Sì, l'anima, ed anche il corpo, Novella. — Oh, il corpo no! — ella disse con audacia. ben sapendo che l'uomo, comunque creda di amare, qualsiasi nome purissimo voglia dare all'amor suo, non è mai altro nel fondo che un accanito e geloso pretensore, il quale perdonerà tutte le dedizioni, tranne quella, o bestiale o divina, che avviluppa due corpi amorosi. Ella intuì che il malato, frammezzo a tante parole, voleva sopra tutto conoscere una cosa: fino a qual punto ella non fosse più sua. — Il corpo no, — disse un'altra volta, armandosi di quella inflessibilità che faceva splendere la sua bellezza come un freddo metallo. — Perchè cerchi d'ingannarmi?... Una pietà inutile! — No, Giorgio; la mia carne si è dimenticata e si è spenta nella lunga solitudine. Se qualcosa di lui mi turba, non così mi turba. Se può chiamarsi amore quel senso timoroso che ho di lui, non è l'amore d'una donna; ma invece un'ammirazione senza desiderio, e tuttavia così femminile, che forse un uomo non potrebbe giungere ad intenderla mai. Ella mentiva con una facilità sorprendente, convincendosi di far opera buona, e dicendolo a sè stessa per darsi cuore; ma in fondo per difendere sè dalla sua colpa, sè e lui che s'amavano, dalla potenza del padrone. Mentiva, pur sentendo nel suo grembo agitarsi una vita oscura, la quale sotto gli occhi dell'infermo non poteva nascere, nè poteva, in quella casa vigilata, secretamente morire. — Tuttavia, Giorgio, — diss'ella, pronunziando le parole con una dolcezza proditoria, — se tu sospetti vi sia fra noi qualcos'altro che una dimestichezza necessaria, perchè nata appunto nel curarti insieme, allontánalo dunque da questa casa, chiama un altro medico... vuoi? Ella tremava dentro di sè per la paura ch'egli accettasse quell'offerta, e ne tremava così forte, che non ebbe alcun rossore della sua duplicità. — Ma tu diméntichi, — disse pensierosamente il malato, — che siamo stati veri fratelli durante l'intera vita. Forse a lui debbo quello che fui, e nulla basterà per distruggere la mia riconoscenza. Vorrei solo poter credere che tu non menti. Ella intravvide la speranza di riuscire ad illuderlo ancora. — Come potrei farti credere, Giorgio, se la tua diffidenza è così grande? Sì, è vero: io sento il potere della sua forza; sono un po' schiava di quel dominio ch'egli esercita su tutti. Ma la mia vita, Giorgio, è ben altra; ed è così lontana dalla sua, come potrebbe esserlo da quella immaginaria d'un uomo conosciuto in un libro. La mia vita vera è di camminare in silenzio vicino al tuo letto, di portarti uno scialle perchè tu non abbia freddo, e di sentirmi lieta come non mai se un giorno ti desti più riposato, e mi guardi sorridendo, con un poco di riconoscenza nel viso... Egli l'interruppe, tendendo una mano per incontrare la sua: — Oh, se sapessi quanta ne ho! E che rimorso anche! Senza di te, mi sarei già liberato di questa mia vita inutile... Se rimango, è solo per vederti un giorno di più; e so bene d'altronde che il tuo sacrificio non sarà lungo. — Giorgio, Giorgio, per carità!... — Ne sono certo. Però, vedi come lo dico tranquillamente. Ciò che si chiama la morte è una cosa viva ed enorme, che avvicinandosi fa rumore. Fa, dentro le vene, un rumore sordo e confuso, che somiglia un poco al rombo d'una cavalcata lontana. Si avverte un freddo impercettibile, che agghiada tutti i sensi, ed allora l'anima fa come il sole nel tramonto: lancia, con una specie di delirio, i suoi raggi più luminosi verso ciò che possedeva nel mondo... Parlava con una voce quasi meccanica, in cui certi suoni, certe sillabe, spiccavano stranamente, come fossero schianti di riso secchi e malvagi in un racconto monotono. Ella pure gli prestava un'attenzione puramente meccanica, e soltanto l'eco di quelle frasi le batteva sui timpani, facendole male. — Perchè mi tormenti? perchè mi tormenti? — voleva dirgli quasi con rabbia, sopraffatta da un malessere fisico, che le rendeva insopportabile anche la voce, anche la presenza di lui. E lo guardava trasognata, vedendo insieme l'obliqua lama di sole fendere la stanza, piena di pulviscolo, di vita e di tempeste, come il suo cervello sovreccitato. Lo guardava senza pietà, e per la prima volta con un desiderio singolare di vendetta. Le pareva che dicendole: «Io so», — dicendole: «Io ti perdono» egli avesse rotto quel prestigio che gli conferiva il dolore taciturno, ed apparisse ora nudamente, come il solo divieto al suo bene, come l'ombra inseparabile dal suo nascosto sole. Anzi, quanto più le parlava egli di morte, tanto più si sentiva ella trascinata nell'orbita necessaria di un tale pensiero, e quell'immagine di funerali ch'ell'aveva respinta con tutte le forze dell'anima, d'un tratto egli stesso la faceva balenare davanti a' suoi occhi, non più come una remota ombra, ma come una imminente possibilità. — Sì, è una cosa viva ed enorme, che avvicinandosi fa rumore, — egli ripetè lentamente, come per imprimere queste parole nella sua profonda memoria. — Ed è allora che assale, non un rammarico solo della partenza, ma il rimpianto irremediabile di tutto quello che la vita poteva essere per noi. Ed allora nasce verso gli uomini, anche verso quelli, sopra tutto verso quelli che ci hanno fatto male, un'affettuosità grande e stanca, una voglia quasi di render loro tutto il bene possibile, tutto l'amore possibile, perchè un solco di buona memoria continui dopo di noi. Non si pensa che anch'essi a lor volta finiranno, e la vita che prosegue ha qualcosa di stupefacente, come se fosse una forza radiosa e mostruosa che urla e splende mentre soffoca noi... E tacque, attendendo forse una risposta, una sillaba qualsiasi, un cenno. Ma quelle sue labbra sigillate non si mossero, nè le sue ciglia batterono. — Mi ascolti? — egli domandò allora. Comprimendosi una mano sul petto, ella trasse un lungo respiro: — Non ti ascolto, no! non ti ascolto... Egli bruscamente sorse in piedi e s'avvicinò a lei. Teneva la fronte bassa, era mutato, pareva dibattersi fra un pauroso dubbio ed una grande speranza. — Non ti ho mai domandata una cosa, — disse. Ella trasalì, ed i suoi splendenti occhi nascosero fra le ciglia uno sguardo pieno di sospetto. — Quale cosa? — domandò. Ma egli esitava, come se avesse una profonda vergogna della domanda che stavale per fare; poi disse: — Bada: non è una sciocca domanda che ti faccio. Vorrei sapere se, infuori da tutto quello che si chiama una religione od una fede nell'inconoscibile del mondo, senti con certezza di appartenere a qualcosa che non finisce, a un Dio insomma... o se invece ti senti sola. Egli fece una pausa, e la guardò come per indovinare la sua risposta. Ma ella, senza forse aver preso il tempo di lasciar parlare la propria coscienza, rispose con una voce opaca: — Sì, credo in Dio.

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Argomenti: sguardo pieno,    senso timoroso,    rumore sordo,    qualsiasi nome,    silenzio vicino

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