La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 20

Testo di pubblico dominio

lo dica? Sì, ho sentito il suo desiderio caldo come una febbre avvinghiarmi, soffocarmi... ed ho avuta per un attimo la tentazione di gridargli in faccia: «No! làsciami... làsciami... perchè infatti, è vero, lo amo!... sì, lo amo con tutta la gioventù delle mie vene!... lui amo: Andrea. Non farmi più mentire!» — E per un momento, con una specie di crudeltà voluttuosa, tutto quello che vi è d'immondo in me, nel mio cuore pieno di tormento, nella mia carne piena di vizio, mi ha fatto sentire l'odio, un vero odio, contro questa creatura malata che m'incatena al suo letto come un'infermiera, che si trangugia la mia gioventù come una medicina, mentre là, fuori appena dalla finestra, c'è il sole, c'è l'aria, c'è il vento... ed io vorrei lanciarmi a quella finestra e gridarti: Sì, vieni, vieni!... préndimi! pórtami via!... Egli ascoltava senza dir motto, chiuso in una rigida impenetrabilità, come se ascoltasse piuttosto la voce del suo proprio cuore che non la voce di lei. Vedendolo pensare così profondamente, lo chiamò per nome, indi lo scosse, poichè le parve che una sofferenza fisica gli alterasse la fisionomia. — Guárdami, Andrea... Che hai? Con un gesto vago della mano egli scacciò la torma dei pensieri che l'assediavano, e disse: — Idee!... null'altro che vuoti fantasmi! Su la sua fronte, divisa dalla ruga profonda come una ferita, ella passò, per diradarne l'ombre, la sua mano lieve. — E non li puoi disperdere, tu che sei così forte? — Disperdere? Anzi, no! Bisogna invece discutere con essi, poichè veri e temibili fantasmi sono quelle ombre che la nostra coscienza non osa prendere di fronte, alle quali non osa dire: «Tu ti chiami, per esempio, rimorso; per esempio, delitto; per esempio, morte.» Poichè, vedi, la nostra coscienza è talora un senso involontario di giustizia, ma più spesso è una paura dell'anima davanti alla felicità. Molte volte un atto infinitesimale di coraggio basterebbe all'uomo per risolvere tutto il problema della sua vita... e non l'ha! Pensa che schiavi siamo, noi che poniamo quasi sempre i nostri desideri là, dove questa paurosa coscienza ci impedisce di giungere. Poi fece una pausa, e guardò negli occhi la donna che amava, colei che portava nel grembo il lor figlio concepito, e quasi tremando le domandò: — Novella, se un giorno tu sapessi che nel lontano passato io commisi una colpa orrenda... se tu sapessi d'un tratto che sono macchiato, che porto nel mio cuore un suggello d'infamia incancellabile... cosa diresti allora di me? cosa faresti per punirmi, Novella? — Che importa? — ella rispose: — questo non è vero... — Ma, se fosse vero?... — incalzò l'amante: — Rifletti bene: «Se è vero?» Ella sorrise, lo abbracciò, divenne scherzevole, quasi volesse allontanare quel pensiero molesto. — Ne avresti orrore, — egli concluse. — Anzi, non mi ameresti più. — Oh, — ella fece, — come sei pazzo! Gli fece passare le dita fra i capelli, ravviandoli, quasi adoperasse un pettine fino. I capelli spartiti risorgevan ondosi, con una specie di ribellione, dietro il solco delle sue dita. — Cosa può importare a me quello che avresti fatto? Io non ti giudico: ti amo. — Sì?... e la sapresti perdonare, dimenticare, la mia colpa? anche se fosse la più grande?... Ella s'avvinghiò a lui, forte, per comunicargli traverso le vene quella verità che stava per dirle, e con un filo di voce, poichè vi son cose che van dette piano anche quando si è soli: — Senti... — bisbigliò, — qualsiasi cosa tu faccia, ora, e nel passato, e sempre, penserò che quella cosa è giusta, e che fai bene... perchè ti amo fino a trasformarmi nella tua propria volontà e sono in te più fortemente che il tuo stesso cuore... Egli premette le labbra contro la sua gola calda, e rise, d'un riso convulso che lo faceva trasalire, illuminandolo di gioia come un repentino sole. — Ora, — disse perdutamente, ora ti possiedo per la prima volta come volevo, e più nulla — ricórdati! — più nulla ci saprebbe dividere. Senza busto, con i capelli raccolti da un pettine solo, ravvolta in una vestaglia di seta che la fasciava senza nasconderla, con i piedi scalzi nelle pianelle di raso orlate d'ermellino, il pizzo della camicia che si arruffava nell'incrociatura, ella raccolse contro di lui tutto il calore del suo corpo innamorato, sentendosi a poco a poco disperdere in un oblìo voluttuoso, come se al di là da tutte le angoscie, da tutte le servitù cui la vita incatena, ella non volesse più rimanere altro che l'amante, l'innamorata, la femmina perdutamente sua, nè volesse ormai conoscere altra disperazione oltre quella de' suoi baci ubbriacanti nella complicità e nell'ebbrezza d'una notte d'amore... Allora, con la mano che brancolava in cerca del suo tepido grembo, egli sentì nel ventre non piano trasalire — o così gli parve — la forma della creatura. VIII — Il diritto a dare la morte... — profferì a sè stesso Andrea Ferento, con una voce che pareva misurare ogni sillaba di quel dilemma inesorabile, mentre teneva sospesa contro il lume una fialetta colma d'un liquido senza colore, trasparente come l'acqua, che però tramandava dalla sua purezza un non so che di poderoso e di sinistro. Non sprigionava intorno a sè un colore nè un odore che bastassero a definirlo, ma una specie di possibilità nefasta: la virtù del poter uccidere; come l'acqua invece tramanda l'innocenza ed esprime l'innocuità. La luce della lampadina accendeva una piccola raggiera sul vetro dell'ampolla; questa rifrazione bruciava le sue dita, pareva investire d'un riverbero tutta la tragica persona dell'esaminatore. Egli era solo, nella sua camera chiusa, tra gli alti scaffali carichi di libri e l'armadio vetrato, che lasciava intravvedere, un sopra l'altro, parecchi ordini di vasi medicinali. La tavola da lavoro, ingombra di scartafacci, di provini, di siringhe, di storte, di bottiglie tappate, era d'ácero nudo, e per la sua larghezza ingombrava quasi un terzo della stanza. Dentro una specie di nicchia, fatta come un'arcata, ch'entrava per mezzo metro nello spessor del muro, il letto era disposto nel senso della parete; una tenda vi cadeva sopra a baldacchino, senza coprirlo interamente. Egli portava sopra l'abito una tunica di tela greggia che gli scendeva sino alle caviglie, stretta ai polsi e serrata in vita da un cordone come un saio da monaco; l'alta sua persona prendeva in quella veste una apparenza ieratica. Tutto era silenzio intorno; pareva che la casa dormisse nel suo primo sonno, sebbene forse, dentro le occulte camere, non dormissero gli abitatori. Dal giardino sottostante salivano a tratti le vampe odorose dei gelsomini. — Il diritto a dare la morte... — profferì una seconda volta, con maggiore lentezza, Andrea Ferento. — Uccidere! La parola bella e terribile che nessuno ha mai osato far assurgere ad una legge umana. «Tu non puoi uccidere perchè non puoi creare,» — predicarono i remoti Evangelisti. «Ma il senso eterno del mondo, la legge implacábile della natività, non è forse chiusa in questa parola fra tutte più necessaria: «uccidere?» Dalle origini stesse della vita l'uomo non fece che stabilire limiti. È inteso: c'è un male, c'è un bene. Ma come si tracciarono i confini? Come e da chi? Ah, ecco, intendo! All'estremo, all'ultima pietra milliare della comprensione, dove tutto si confonde in un color di miracolo, avete messo, — è incredibile! — questa parola che fa tornar da capo: «Dio». Parola vuota come un baratro, perchè, per comprenderla, bisognerebbe non esser uomini, mentre l'averla concepita come uomini vuol dire semplicemente aver dato un nome, null'altro che un nome, ad una sensazione d'impossibilità. In voi non trovo la mia strada, Evangelisti. Ora, vi dico, il nodo è serrato ma semplice: Se io debbo vivere, la mia vita vuole una morte. Ora vi dico: Non una, ma due vite insieme, anzi due vite inseparabili,

Tag: amo    tutto    vita    parola    cuore    specie    contro    voce    vero    

Argomenti: due vite,    mezzo metro,    cuore pieno,    riso convulso,    desiderio caldo

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Corbaccio di Giovanni Boccaccio
I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi
La via del rifugio di Guido Gozzano
Marocco di Edmondo De Amicis
Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Le Bahamas meta di un sogno
Città Vecchia di Varsavia
Il serpente del grano
Vacanze in Europa
I Caraibi e la Giamaica per una vacanza economica


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83 successiva ->