La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 57

Testo di pubblico dominio

pare non somigli a nessuno ed è invece l'onnipresente complice di tutti quanti gli uomini. — Dandolo, per carità!... — intercesse il Metello. Costui non se ne dette per inteso. — E vi sono due specie di delitti: veloci e lenti. Se i primi possono talvolta contare su l'impunità, gli altri, nella diuturna loro incubazione, finiscono con ravvolgere il colpevole d'un'atmosfera sospetta, che inevitabilmente lo tradisce. Ma tutto questo non v'interessa, mi pare... — Questa non è per lo meno la parte essenziale, — disse il Metello con urbanità. — Invece, mio caro, questo è proprio l'essenziale. Io sono andato laggiù solo per fare conoscenza con l'Anonimo, e sono stato così abile da inspirare a costui la più assoluta fiducia. Quella denunzia che noi porteremo contro Andrea Ferento non è opera mia nè vostra; è l'Anonimo che ha lavorato per noi, è l'Anonimo che l'ha tessuta. Volessimo anche offrire a quest'uomo il dono del nostro silenzio, è forse troppo tardi: l'Anonimo l'accuserà. Ma sarebbe un'accusa vaga e disorganica, priva di un ordinatore che ne abbia raccolte le fila: io stesso; di un denunziatore che l'assuma: Tancredo; di un avvocato abile che ne dimostri l'efficacia: il Metello; d'un uomo potente che la sostenga: il Donadei. — Bravo! — esclamò Saverio. — Per quello che mi concerne, io sono pronto. — Infatti, — concluse il raccoglitore di farfalle, — ora tocca a voi. Per mio conto vi affermo che il giudice istruttore in persona, con tutti i suoi sgherri, non potrà fare più di quello ch'io feci. Ho recitate venti parti nella commedia, senza mai perdere il filo. Vi basti sapere che il medico Paolieri mi ha promesso di venirmi a trovare in città ed il vecchio Landi mi ha condotto ben due volte a visitare le sue campagne. Non vi parlerò dei De Martino, che, per farmi cosa grata, si sono messi a caccia di farfalle, nè di venti altre persone delle quali ho notato come un fonografo tutte le parole importanti. Cominciamo dunque, se volete, a sfogliare l'incartamento... Trasse alcuni fogli da uno scartafaccio che teneva nella tasca interna del suo giubbino, e sciolta la funicella che lo serrava, piegatala, messala via, distese le pagine ch'eransi arricciate e, con la voce metodica d'un cancelliere, dalla prima parola incominciò: «Clemente Gaspare De Martino, di professione fittabile, nativo di... d'anni quarantasei...» III Salvatore Donadei stava scorrendo un fascio di giornali, che ingombravano la sua larga scrivania, quando l'usciere della redazione entrò per la seconda volta ad annunziargli che due signori, dei quali teneva in mano i biglietti da visita, chiedevan con insistenza d'esser ricevuti per una comunicazione urgentissima. Salvatore Donadei sollevò il capo selvoso, interruppe il segno azzurro che stava tracciando con una matita sul margine d'un articolo e domandò nervosamente: — Ma insomma, chi sono costoro? Cosa vogliono? L'usciere s'avanzò verso la scrivania e vi depose i due biglietti da visita, che il Donadei sbirciò in fretta: — «Saverio Metello, giornalista» — «avv. Tancredo Salvi» — Quest'ultimo, — illustrò l'usciere con un forte accento meridionale, — si dice fratellastro del defunto ingegnere Giorgio Fiesco. Vennero ieri e tornaron stamane; si dicono latori di una notizia che deve interessarla molto e rifiutano di abboccarsi con un qualsiasi redattore. Fanno anticamera dalle tre, ossia da un'ora e venti minuti. Mi sembran due persone pulite... — aggiunse con sussiego l'usciere loquace, il quale per tal modo si rivelava un profondo conoscitore d'uomini. — Seccature! — mormorò il Donadei, carezzandosi la barba quadrata. Rilesse attentamente i due biglietti da visita, indi soggiunse: — Via, sbrighiámoci! Fáteli entrare. E per non perder tempo riprese la lettura dell'articolo che andava sottolineando. Salvatore Donadei non credeva molto alle cose importanti, sopra tutto quando v'eran di mezzo un giornalista ed un avvocato; laonde alzò appena lo sguardo sopra gli occhiali d'oro per osservare que' due sconosciuti che, varcando la soglia, si piegavan automaticamente in un profondo inchino. — Onorevole! Onorevole!... — dissero insieme. Il Direttore della «Crociata», organo del partito cattolico, ch'egli rappresentava al Parlamento, rispose con un cenno lieve del capo ed in modo vago additò loro due seggiole. Saverio Metello si sentiva meno impacciato che non il suo compare Tancredo, forse perch'era più piccolo ed occupava meno spazio. Ma infine sedettero, il Metello a destra, Tancredo a sinistra della scrivania, e precisamente Saverio alla sinistra ed il Salvi alla destra dell'onorevole Salvatore Donadei, il quale faceva scivolare dall'uno all'altro un lento sguardo lumacoso dietro i suoi convessi occhiali d'oro. Tancredo che, poverino, era di nervi ultrasensibili ed aveva il brutto vizio d'analizzar le persone, anzi d'immaginarle a modo suo, non era punto soddisfatto della prima impressione che gli diede quella faccia. Il Metello invece se ne infischiava. Siccome il silenzio durava oltre quell'attimo che prepara ogni esordio, il Donadei raccolse i due biglietti da visita e li lesse ad alta voce con aria interrogativa. — L'avvocato Tancredo Salvi? — Son io! — esclamò costui, dando un piccolo sobbalzo su la sedia. — Saverio Metello? — fece il Donadei, volgendo il capo a sinistra. — Per servirla. Il direttore della «Crociata» li squadrò una seconda volta, serrandosi nel pugno la quadrata barba castana, e li esortò nervosamente: — Dicano, dicano pure. La mano grassa e villosa dell'onorevole tamburellava su la scrivania, facendo splendere un grosso brillante, che dava noia a Tancredo. La catenella d'oro degli occhiali gli dondolava sul rovescio della giacchetta nera. Infine Saverio trovò l'esordio. — È una cosa delicata, — incominciò con somma cautela, — così delicata che mi trovo impacciato nell'esporla, essendo questa la prima volta che ho l'onore di parlare con lei. — Per quanto delicata sia, loro han certo interesse a farmela sapere, dal momento che han sollecitato un convegno per parlarmi, — osservò l'onorevole, con l'urbana ironia d'un sorriso che gli scivolava giù dai labbri tumidi nella barba liscia. — Onorevole, — disse il Metello con un sottil riso, — mi permetta un breve preambolo ancora, poichè la ragione che ci persuase a venire da lei riuscirà certo ad interessarla più di quanto ella supponga. Nell'alta sua posizione politica e come Direttore d'un grande giornale cattolico, ella è forse troppo sovente assediato da importuni e da sollecitatori d'ogni genere perchè due sconosciuti non muovano in lei un senso di naturale diffidenza. — Affatto, affatto, — credè opportuno inframmettere l'onorevole Donadei. Ed il Metello con assoluta padronanza continuava: — Ecco, mi spiegherò in due parole. È avvenuto un fatto assolutamente imprevedibile, del quale siamo i primi ed i soli depositari. Fra tutte le persone alle quali questa rivelazione potrebbe interessare — e sono a un di presso tutti i più cospicui personaggi della politica e del giornalismo italiano — abbiamo scelto, onorevole, di far capo a lei. Tancredo ammirava senza limiti la disinvoltura del suo compagno e l'ascoltava guardandolo a bocc'aperta, quasi ch'egli stesse per rivelare un fatto a lui medesimo sconosciuto. Salvatore Donadei s'affondò mollemente nella poltrona di cuoio, e sollevando gli occhiali per la catenella d'oro se li riappinzò sul naso. — Ma, ecco, veda, egregio signor... egregio signor... — cercò il biglietto da visita e soggiunse: — Metello! Da quanto ella mi dice non comprendo bene due cose: nè qual genere di fatto «assolutamente imprevedibile» sia potuto accadere, nè per qual ragione loro abbiano scelto di dirigersi proprio a me. E con la sua bocca dolciastra fece un sorriso che non mancava d'arguzia. — Vuol permettermi, onorevole, ch'io cominci col rispondere alla

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Argomenti: lento sguardo,    brutto vizio,    certo interesse,    avvocato abile,    uomo potente

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