La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 83

Testo di pubblico dominio

dalla sua persona raggiava un certo splendore di robustezza e di maternità. Ogni tanto lo stoppino scricchiolava nell'olio, poi la fiammella mandava intorno un guizzo tremolante, lasciava scappare in su qualche piccola vampa, simile a fiocchi di seta nera. — Dámmelo in braccio, — disse paurosamente la madre. Siccome le imposte non erano chiuse, dietro i vetri stava per nascere un po' di luce azzurra. La nutrice affidò il pargolo malvolentieri alle braccia di Novella, ed anzi teneva le mani sotto i suoi gomiti, quasi per paura che lo lasciasse cadere. La madre lo baciò senza toccarlo, poi disse all'amante: — Guarda! Egli chinò sovra il suo bimbo dormente la persona tragica, ed infatti sentì una sensazione del proprio sangue trascorrere in quella fragile vena. Era ciò che di più bello aveva creato l'uomo: sè stesso; era finalmente la ragione magnifica della vita, la guisa di non morire . Con gli occhi pieni di luce guardò il bimbo addormentato su le braccia della donna che amava; un'ondata barbara di felicità gli travolse l'anima, e come se avesse guardato per la prima volta nella verità, nella bellezza del mondo, l'uomo che cercava il Dio nella materia comprese di averlo infine trovato. Ora, dal cálice della notte, l'alba nasceva come un bianco profumo; nuda usciva dalle braccia d'un amante morto, nuda immergeva la sua bellezza in un colore d'aria e d'infinito. L'alba diceva come il Gran Nomade: — Ieri e domani . Era il momento in cui, dalle case degli uomini, si vedeva il Tempo camminare. Allora, quasi volesse offrirlo ad un battesimo di luce, la madre sollevò il suo bimbo in quella trasparenza che gli somigliava, poi disse all'amante con un sorriso: — Bácialo: è nostro! Ed insieme, attenti, sorridenti, lo deposero nella cuna. Ma d'un tratto, per l'alta casa, malvagiamente, come se scaturisse nel silenzio dalla sonora muraglia, scoppiò la Canzone Disperata sul violino singhiozzante dello scemo. La Canzone diceva: «Io sono il funerale d'un pover'uomo, che è morto di malinconìa; «non c'è nessuno che dica un pater nè un requiem per l'anima mia. «Non c'è nessuno che mi tessa una ghirlanda con le sue mani... «Ahimè!... la campana del Tempo non dice che: — Ieri e domani.» «Allor domando al mio scheletro: — Sai dirmi dove si va? «Lo scheletro ride e risponde: — Lontano, lontano, chissà... «Io sono un viandante senza lena, che torno da un regno di morti portando il mio scheletro su la schiena; «coi piedi mi batte i ginocchi, mi stringe il collo con le mani... «Cammina!... — mi dice ridendo; — la vita comincia domani. «Io sono il funerale d'un pover'uomo, che è morto di nevrastenìa; «non c'è nessuno che mi pianga; neanche l'anima mia... «Allor domando al mio scheletro: — Sai dirmi dove si va? «Risponde: — Nel regno dei vivi, che ha nome l'Inutilità. «Se corri, — mi dice, — si arriva stasera o domani mattina... «Mi dice: — Tu amavi una morta... cammina, cammina, cammina!... «Sei stato a una festa da ballo, — mi dice, — con lei che ballava. «leggera, frusciante, leggera, — vestita, pareva, di biondo... «Perchè — se non vuoi che ti picchi — mi hai fatto ballare nel mondo? «Io sono il funerale d'un pover'uomo, che è morto di misantropìa... «Sei stato in un letto odoroso — con lei che giaceva supina, «tremante, sperduta, tremante, — nel solco del letto profondo... «Perchè, — se non vuoi che ti picchi — mi hai fatto tremare nel mondo? «Io sono un viandante senza meta, che torno da un regno di morti — e vado a cercare altri morti, che sono i miei figli lontani... «Cammina: la vita comincia domani, domani, domani... »

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Argomenti: letto odoroso,    certo splendore

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