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La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 73la nascita di quel bimbo, egli s'era impadronito quasi d'un diritto, ingiusto ma grande, al loro amore: fra poco sarebbe il tempo delle nuove nozze; il lontano morto non aveva lasciato superstiti, e la famiglia, ch'è un organismo incoscientemente avido di dominio, si rinserrava intorno a quell'intruso che la faceva continuare. Non era crudeltà nè indifferenza; questo accade ogni giorno e dappertutto, poichè il diritto dei morti non può prolungarsi oltre un certo limite nell'osservanza dei vivi. Già tardo era l'autunno quando Andrea fece ritorno alla sua Clinica ed essi alla lor casa di campagna. Ma in capo di qualche tempo Novella, che non sapeva rimanergli lontana, lasciato il bimbo alle cure di sua madre, tornò ad abitare per l'ultima volta nella casa di Giorgio Fiesco. Dalla maternità era uscita quasi più giovine, più vogliosa di vivere, nè ormai cercava di opporre alcun ritegno alla pienezza della sua felicità. Verso la primavera si sarebbero sposati, ed ora veramente, senza ombra di rimorso, vedeva la vita splendere davanti a sè come una striscia di sole. Egli a sua volta provava un desiderio insaziabile di starle più strettamente vicino; di lei si stordiva, di lei si colmava il pensiero e le vene, sino ad averne bisogno come d'un farmaco soave nel quale s'addormentasse l'indefinibile suo tormento. Lontano da lei, la vita mutava colore. Ella era tornata gioconda come una fanciulla ed il suo spirito si era liberato dal dramma con una facilità sorprendente. Non si ricordava quasi più d'essere madre; in lei traboccava il riso dell'amante felice; il suo corpo, le sue parole, i suoi gesti erano più voluttuosi che mai. Gli abiti neri che ancora la vestivano eran quasi un velo necessario alla soverchia sua impurità; sembrava che li portasse con una religione profana e tentante, come una suora che visibilmente abbia voglia d'amore sotto il cilicio della sua veste claustrale. Era la sua prima, la sua vera giovinezza, quella che non aveva potuto fiorire negli anni del matrimonio doloroso. Più tardi, coi primi segni della vecchiezza, ella diverrebbe veramente una madre; ma ora, finchè un tale rigoglio di sensualità le sbocciava per la bella persona, finchè sentiva così forte, fra vena e vena, lo spasimo della sua giovinezza, finchè, dietro il velo delle sue ciglia quasi d'oro, il mondo ancora le mandava luce come una prateria piena di sole... benchè vedova, benchè madre, benchè ravvolta in un dramma oscuro e temibile, non sapeva che tendere le sue braccia piene di colpa verso l'inebbriata esultanza dell'amore.. Egli era qualche volta buio; ma una sua carezza bastava per rasserenarlo. Ed in tal modo, la coscienza del potere che aveva sopra di lui le impediva perfino di vigilare con attenzione la crisi che andava logorando il cuore dell'amante. La sua propria gioia era così obliosa che nemmeno le concedeva di accorgersi del dolore; poichè gli uomini riescono difficilmente ad essere così attenti o così distratti come può essere una donna. I giorni passavano, ad uno ad uno, come granelli di una lenta collana; quella casa di Giorgio Fiesco era divenuta troppo vasta per lei sola e, nell'abitarvi, ella provava un non so quale disagio, anzi una intollerabile malinconìa. Vi rimaneva solo in quelle ore che Andrea seguitava macchinalmente a dividere fra le cure della Clinica e dell'Università. In quella casa egli non metteva mai piede; ambedue, per un tacito consenso, usavano questo rispetto verso il morto. Ma non appena s'avvicinasse l'ora verso la quale Andrea soleva rincasare, a mezzodì e nel pomeriggio, ecco, ella si calava su la faccia sorridente il velo di crespo e con un senso delizioso di peccato, cercando in mille guise di sottrarsi all'anonima indiscrezione della strada, rapidamente si faceva condurre alla sua casa. Per lo più giungeva innanzi ch'egli tornasse: l'aspettava con il cuor trepidante, quasi non lo vedesse da mill'anni, e vigilava ogni rumore per sorprendere quello del suo passo noto. Alle volte gl'impediva di uscire, o lo faceva tardare a bella posta, godendo con una specie di crudeltà infantile quei pochi momenti rubati a' suoi severi offici. Da quando ella era con lui, così intima nella sua vita, gli aveva insegnato ad amare i suoi piccoli capricci femminili, ai quali egli s'arrendeva sorridendo. La sera pranzavano insieme, ad una tavola imbandita con fiori, sopra una tovaglia leggiadra, con cibi delicati, ch'ella si occupava di scegliere. Nessuno svago avrebbe superato per loro la dolcezza di quel vivere intimo, e la sua maschia ruvidità si lasciava ravvolgere con inerzia da quella soave atmosfera femminile. Ora l'appartamento era pieno di cose ch'ella vi portava: specchi, abiti, biancherie, fiori a profusione, oggetti graziosi e inutili, ch'ella raccoglieva intorno a sè come un adornamento inseparabile. Tutte queste cose infatti cominciavano con divenire anche a lui quasi necessarie, cominciavano con occupare un posto notevole nella sua vita severa. Ogni notte stavano insieme fin tardi, alle volte fino al mattino; ed egli amava di ritrovare le sue vestaglie appese nello spogliatoio, le sue pianelle su lo scendiletto; amava di veder luccicare sui pavimenti qualche forcella caduta e di trovare sui lavabi di marmo, su le specchiere, su le pettiniere, tanti vasetti e bossoletti e ferri e lime e piumini per la cipra e pettini e profumerie: tutta insomma quella minuscola confusione luccicante che serve per l'ornamento della bellezza femminile. A poco a poco egli s'accorgeva d'aver preso tanto amore a queste inezie, che il privarsene ormai gli sarebbe stato veramente impossibile; senza di lei, senza la profusione per ogni stanza di cose che le appartenessero, gli sarebbe divenuta odiosa e tetra la casa dove abitava da tanti anni; senza quel profumo di lei che ondeggiava nell'aria, che s'attorcigliava come una sciarpa intorno ad ogni cosa, gli sarebbe sembrato che al suo respiro mancasse la parte più benefica e più sostanziale. Aveva presa l'abitudine di trovarla dietro l'uscio entrando, e di sentirsi all'improvviso cingere dalle sue braccia; aveva imparato a conoscere il rumore ch'ella faceva, camminando, con la sua liscia gonnella nera, co' suoi tacchi sottili che battevano sui pavimenti lucidi; quel rumore, egli lo ascoltava talvolta anche quando ella non v'era, e si sarebbe sentito infelice come il più misero uomo se gli avessero detto per avventura che non l'udrebbe mai più. Non era più soltanto amore, ma un affanno crescente, un bisogno inguaribile della sua presenza, una specie di malattia sottile, che gli entrava nel sangue, s'immischiava nel dolore, nel piacere delle sue vene. Talvolta uscivano insieme, la sera, nascosti nell'automobile chiusa, e correvano per lunghi tratti nel silenzio della campagna circostante. Faceva un inverno dolce, con qualche notte stellata; l'ombre della strada, assalire dal fascio dei riflettori, si rompevano come impalcature di tenebra che rovinassero con uno schianto. Il rumore del congegno parlava come una voce umana. Pigra, ella si coricava nelle sue braccia, lasciandosi urtare da tutte le scosse, con una inerzia che accresceva il suo peso caldo e profumato. Era senza cappello, spettinata; ogni tanto sollevava la faccia per farsi baciare su la bocca. Ella, nell'ombra, non vedeva i suoi occhi accesi e fissi, non poteva nemmeno sospettare quanta furia di pensiero si agitasse dietro la sua fronte pallida. La strada camminava rapidamente, come un fiume in piena fra la tenebra delle due rive. Al ritorno, la città riappariva, dapprima obliqua, sollevata su la pianura circostante; poi man mano si delineava più ferma sotto una cupola di fumo rossastro, e cominciava lontanamente a tremolar di lumi, come un accampamento immenso, dove le sentinelle camminassero, avanti, indietro, in ogni verso, con lanterne cieche. Irrompevan sui bianchi selciati con un fragore di velocità ripercosso dai muri delle case: ella frettolosamente si rimetteva il cappello, Tag: sue casa sarebbe madre vita amore rumore essere intorno Argomenti: tanto amore, misero uomo, certo limite, desiderio insaziabile, farmaco soave Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Intrichi d'amore di Torquato Tasso La via del rifugio di Guido Gozzano Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Cosa bisogna sapere sul gattino di razza Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Come fare soldi e contare, possibilmente, su un piccolo reddito passivo Come gestire una serena convivenza La Cambogia fra magie ed enigmi
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