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Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 67nella sagrestia della chiesetta l'aveva messa don Giuseppe udendo da lui che il caso gli aveva posto sott'occhio quelle stesse parole. Le considerò a lungo e, abbracciato il venerando vecchio, lo pregò di farvi aggiungere qualche cosa, una cosa ch'egli stesso aveva detto. "Vorrei" soggiunse "che si leggesse così: REFECIT NOS ME REDDIDIT TIBI ET TE MIHI IN LUMINE VITAE". Stavolta fu don Giuseppe che cinse d'un braccio il collo del giovane, teneramente. "E sa la mamma" disse Piero dopo un lungo silenzio "dove sarà portata?" "Lo sa." "Quando crede che partano i miei suoceri?" "Domattina alle cinque. Partiamo insieme." "Oh, don Giuseppe, don Giuseppe!" esclamò Piero. "Io ho bisogno di Lei!" "Posso restare fino alle undici" disse don Giuseppe "o anche fino alle quattro." "No, no! Ho bisogno ch'Ella venga in Valsolda con me. Con me e con lei! Ne ho bisogno per cominciare quello che Iddio mi comanda!" "Bisogno di me?" Don Giuseppe esitava. "Non ho dubbi, ora, sa" disse Piero interpretando quell'esitare appunto come un dubbio circa il carattere delle sue visioni, della sua vocazione. "Ma se non son buono a nulla! Se non ho nè attività, nè testa, nè..." Don Giuseppe s'interruppe. La mano del Signore pareva essere su quel giovane, adesso. Poteva il più guasto, il più misero strumento dire a una tal Mano: "Con me tu non farai niente"? Le sue proteste finirono in un borbottamento di parole rotte come la sua resistenza. Intanto nè lui nè Piero si erano accorti di un reiterato bussare. La persona che bussava, non ottenendo ascolto, aperse l'uscio. I due si alzarono in piedi; entrava la marchesa, curva e nera, col cappello in testa, col velo calato. Come? Adesso, partiva? Sì, avevano pensato, suo marito e lei, per tante ragioni, di rinunciare alla ferrovia, di prendere una carrozza. Si poteva così partire subito, arrivare a casa prima del sole. Detto questo con voce grave, ma tranquilla, sedette e tacque, ansando. Don Giuseppe sentì che la sua presenza in quel momento non era opportuna, uscì silenziosamente. Piero s'inginocchiò ai piedi della suocera, le prese una mano, se la strinse sulla bocca, ed ella gli posò sul capo, ansando un po' più di prima, l'altra mano, il muto suo perdono, la sua muta benedizione, la sua muta carezza nel nome della figliuola morta. Tutto quello che i due avevano a dirsi fu detto così, a lungo, a lungo, senza voce, senza moto. La vecchia signora non avrebbe voluto parlare altrimenti. Finalmente anche per liberarsi dal timore che parlasse lui, che toccasse il passato, l'argomento abborrito, gli consigliò di andar a riposare. "Avrai il viaggio" diss'ella. Intendeva il viaggio in Valsolda con la salma, il viaggio che non era possibile prima di altre ventiquattr'ore almeno. Ma Piero non si mosse. Pareva pure attenderla, una parola, o forse volerla dire. La marchesa cercò ritirar la mano ch'egli stringeva fra le proprie e poichè la sentì trattenuta, suppose uno spasimo di dolore, disse teneramente che certo il Signore aveva disposto così per il maggior bene. Ma Piero non voleva liberarle la mano. Ell'attese un poco e poi gli osservò, esitando, ch'era forse venuto per suo marito e per lei il momento di partire. Piero non lasciò la mano. La marchesa pensò che per il giovane ella era come una parte sopravvissuta della sua Elisa, che doveva riuscirgli amaro di separarsi da lei ora, per questo. Gli domandò quando sarebbe ritornato; e subito, senza confessarne a se stessa il pauroso perchè, si affrettò a soggiungere che sarebbe andata lei a trovarlo in Valsolda. Prima disse pietosamente: "A trovarvi". Poi si corresse: "A trovarti". E parlò di un'epoca lontana, del novembre, ammettendo che l'assenza di lui si protraesse anche più in là. "Una parola, mamma. Non so quando ci rivedremo." "Come?" Piero si rizzò in piedi e appoggiate lievemente le mani alle spalle di lei, le parlò sottovoce all'orecchio. Ella, sulle prime non comprende, interroga. Non comprende ancora e da capo interroga. I grandi occhi neri si empiono di stupore, di sgomento e, finalmente, di lagrime. Qualche altra domanda, qualche breve sommessa domanda; egli le parla, le parla all'orecchio, le lagrime sdrucciolano sul volto rugoso. Una domanda ancora. "Dove?" Egli ancora non risponde. "Hai parlato a don Giuseppe?" "Sì." Sonagliere di cavalli al piccolo trotto, lontane; crescente suono di ruote e di zoccoli sul ciottolato: rallentar del trotto e del fracasso fin sotto la finestra; silenzio. "Allora" dice alzandosi la marchesa "vederti, mai più?" "Questo lo sa il Signore." Oh, anche per lei, anche per lei, adesso, Piero era come una parte di Elisa! Si asciuga gli occhi, il fazzoletto le trema nelle mani, povera creatura. Abbraccia suo genero così stretto che di questa cosa tanto nuova egli ha una commozione infinita. Passi sulla scala. Il marchese che viene in cerca di sua moglie. Ella riprende subito il ferreo dominio di sè, si richiama al dovere verso il marito, quale lo ha sempre inteso. Mormora: "Non dirlo al papà, povero papà." Zaneto entra. VIII Don Giuseppe si meravigliò molto, ritornando nella sua camera, di trovarvi il Direttore del manicomio che lo aspettava. Aveva un discorso riservatissimo, delicatissimo, a fargli. Don Giuseppe non sapeva immaginare di che potesse trattarsi. "Lo faccio a Lei" disse il Direttore "per il concetto che mi son fatto di Lei in questi due giorni e perchè proprio non mi son sentito il coraggio di farlo agli Scremin in questo momento, nè forse sarebbe mai stato opportuno. Mi dica, don Giuseppe; cosa pensa Lei di Maironi!" "Io?" Don Giuseppe, sbalordito, si domandò il perchè di una domanda simile. "Non so" diss'egli. "Penso che ha sentito molto questo colpo, molto più, forse, di quanto si sarebbe potuto credere." "E niente altro?" Possibile, pensò il prete, che sappia delle visioni? No, non è possibile. "Niente altro" diss'egli. Il Direttore sospirò e don Giuseppe gli domandò cosa fosse nel suo pensiero. "Nel mio pensiero" rispose quegli "vi è che bisogna portar via quell'uomo il più presto possibile, e poi non abbandonarlo a sè." "Perchè?" Don Giuseppe non riusciva ancora a capire. "Perchè, a mio vedere, le sue disposizioni di spirito sono tali da non escludere la possibilità, lo dico chiaro, che un giorno o l'altro egli prenda qui il posto lasciato da sua moglie." Don Giuseppe mise un'esclamazione di stupore e di protesta, ma il Direttore non ne fu scosso. "Senta" diss'egli "Piero Maironi m'interessa da un pezzo, per il mio mestiere, e, quando veniva qui spesso, l'ho studiato molto. Non dico che sia un nevrastenico, ma insomma, lasciamo i termini scientifici da parte, è un nervoso per eccellenza. Quando veniva più spesso, io, studiandolo in certi suoi fervori religiosi, perchè ne ho avuto prove anche qui nella nostra chiesetta interna, in certe intolleranze di ogni minima parola un po' libera, in certi atti strani come il costante suo rifiuto di visitare il riparto delle pazze, mi sono formato un concetto di lui come di un uomo pio, austero, ma non fatto per il celibato, che soffrisse della sua forzata separazione dalla moglie e ne soffrisse tanto da poterne avere il sistema nervoso profondamente offeso. Poi, avendo udito parlare di una relazione, pensai — mi perdoni, parlo da medico — che forse tutto il male non veniva per nuocere. Ma oggi qui è successo qualche cosa che mi ha fatto paura. Stamattina fra le dieci e le dieci e mezzo, forse Loro non se ne sono accorti, Maironi è andato nella nostra chiesina dove credeva che non ci fosse nessuno, mentre invece in sagrestia v'era un inserviente. Ora l'inserviente gli ha veduto fare delle stranezze gravissime, gemere, guardar il Crocifisso con una faccia di allucinato. Lei mi dirà che anche i santi facevano cose simili. Io rispetto i santi, non voglio discutere nemmeno santa Teresa; ma crede Lei che ve ne siano ancora, santi? Ne dubito! Adesso vi è l'isterismo e vi è la manìa religiosa. Per me, quelli di stamattina erano atti di Tag: don mano forse bisogno sarebbe adesso marchesa direttore possibile Argomenti: lungo silenzio, sistema nervoso, misero strumento, tanto nuova, ferreo dominio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Decameron di Giovanni Boccaccio Il benefattore di Luigi Capuana L'amore che torna di Guido da Verona La spada di Federico II di Vincenzo Monti Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Vacanze Seychelles, un piccolo grande paradiso tutto da scoprire Offerta capodanno in Norvegia Offerte Capodanno Copenaghen Offerte Capodanno Fortaleza
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