Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 17

Testo di pubblico dominio

bassezze di me, con tutta la Sua religione. Appunto perchè ha un'idea angusta, un'idea falsa della religione, dell'amore, di me, soprattutto di me, s'immagina che io La condurrò al male. È così: non mi conosce, non sa conoscermi, crede che fuori della Sua religione tutto sia impuro, tutto sia falso, tutto sia da fuggire, da odiare!" "Lei sa che non sono libero?" Nel proferire sottovoce queste parole Piero si fermò. Mai non si era parlato fra loro della demente. Jeanne lo guardò negli occhi e rispose: "Lo so." Un momento dopo, interpretando il silenzio di Maironi per desiderio di risparmiarle una conclusione ovvia e amara, riprese con fretta incauta. "Ma io non tolgo niente a Sua moglie." La parola poteva intendersi nel senso che Jeanne aveva pensato, sapendo come Piero non amasse più la moglie da un pezzo, e anche nel senso che alla signora Maironi, posto il suo stato, niente si poteva più togliere. A Piero balenò questo secondo senso. Esclamò con sdegno: "Non lo dica!" e riprese a camminare concitato. Jeanne, atterrita, lo seguì: "Come? Che ha inteso?". E afferrato il perchè di quello sdegno, protestò con tanta violenza, mentre Maironi ripeteva "mi lasci! mi lasci! mi lasci!", di non aver voluto alludere alla sventura di sua moglie, che quegli si arrese. Intanto si avviavano entrambi, senza volerlo nè saperlo, a una uscita del cortile. Il custode, che badava a veder disegnare Carlino, li richiamò: "Signori! Signori! Non vogliono vedere il refettorio?". Tornarono lentamente indietro. "Credo!" disse Maironi, con voce soverchiata dall'emozione. "Ma io non posso continuare così! È meglio che mi allontani non da Lei sola, da tutto; da quanto posso, insomma. La seconda risoluzione era questa". "Aspetti" disse Jeanne. Pregò il custode, per liberarsene, di portarle un bicchier d'acqua, diede un'occhiata a suo fratello che stava tuttavia disegnando, ritornò a Piero, gli disse: "venga!", lo trasse nella loggetta che presso il refettorio si porge sugli orti, al parapetto dell'arcata che guarda lo sconfinato piano di levante; tutto questo con prontezza nervosa e sicura. "Mi ascolti!" diss'ella rapidamente, buttandosi sul parapetto. "Lei non ha ragione di fuggirmi, non ha ragione di temermi. Lei non conosce il mio sentimento per Lei, non conosce l'anima mia. Io non vivo che per Lei nel mio interno. Ho sempre amato mio fratello come una madre, l'amo ancora con un senso di dovere materno, teneramente, direi che la mia vita esterna gli appartiene ancora tutta, che gli potrei sacrificare anche la gioia di veder Lei; ma la mia vita interna, quella che non dipende dalla mia volontà, appartiene a Lei. Se sono tanto franca e audace con Lei è perchè il sentimento mio non ha niente da nascondere, non ha niente che mi possa far vergogna, niente che Le possa fare paura e anche perchè ho una gran fiducia in Lei. Io non desidero che affetto, il resto mi fa ribrezzo. Sarà la mia natura fredda, sarà orgoglio, saranno i sei mesi orribili che ho passato con un marito immondo, perchè Lei sa che neppur io sono libera, sarà quel che Lei vuole, io non desidero che tenerezza di affetto. Se lei ha delle cattive immaginazioni, io sento che purificherei l'anima Sua invece di abbassarla. La purificherei meglio io che il digiuno e le preghiere nel deserto, perchè con quest'idea di combattere un nemico lo si va necessariamente a cercare e in qualunque posto Lei andasse, penserebbe male a me; nella Sua mente diventerei un'altra persona, quella che non sono, una corruttrice. Ma io..." Qui si coperse il viso con le mani, e continuò abbassando la voce: "Io ho un bisogno immenso, immenso, immenso che Lei mi voglia bene. Io mi dispero se Lei mi abbandona, precipito in un abisso. Mi dica che mi vuol bene, mi dica che non mi abbandona! Non mi faccia morire!" "Signora, l'acqua" disse il custode dietro a loro. Jeanne si alzò dal parapetto, livida, con gli occhi rossi, prese la tazza. "Si c'ètait du poison" diss'ella, volta a Maironi, "faudrait-il boire?" Nei grandi occhi magnetici erravano tristezza e tenerezza infinite. "Je crois que non" mormorò egli malgrado sè, in una vertigine, pallido come se gli mancasse la vita. Gli occhi di Jeanne s'illuminarono di un lampo inesprimibile di sorriso. "Quest'acqua è torbida" diss'ella al custode attonito. Porse la tazza fuori del parapetto, versò l'acqua pian piano fino all'ultima goccia, guardandola, sorridendo, mormorando: "Che gioia, che gioia, che gioia!". Parve allora che gli occhi suoi si aprissero alle cose. Lasciò Piero, prese amorosamente il braccio di suo fratello, volle vedere lo schizzo della porta, suggerì uno schizzo del colle imminente alla loggia ma da un punto di vista migliore, lo andò cercando per il cortile, si fece spiegare il motto del puteale "aestus, sordes, sitim pulso", cadde in estasi davanti al magnifico lavabo sull'entrata del refettorio, trasse Carlino nella loggetta sporgente sugli orti, gli mostrò il mare verdognolo della campagna distesa fino alle torri e alle cupole di una lontana città, umili e nere sull'orizzonte; e di là, solo di là, gittò a Maironi un'occhiata dolcissima. Voltasi poi alla scena delle logge che l'abside alta del tempio e il campanile signoreggiano, immaginò, dicendo la sua visione a voce bassa e col volto rapito, una sera di luna, un andar lento e silenzioso di monaci sotto le arcate per chiarori e ombre. Si dolse che i monaci fossero scomparsi, ma poi, guardando Piero, espresse arditamente l'opinione che non vi fosse più armonia fra l'odierno spirito cattolico e la poesia di quella solitudine. Sostenne che la presente combattività cattolica poteva bene acconciarsi a conventi fra il popolo, nelle città, ma che nessuno pensava più ai deserti, che se il cattolicismo era antiquato nello spirito, tendeva però a tutte le forme moderne dell'azione. "Ci sono sempre le anime offese, al mondo" disse Carlino. "Ci sono i solitari per natura, come io, per esempio, che sono un benedettino leggermente sbagliato. Se avessi fede piglierei l'abito e riscatterei Praglia". "Lei?" fece Maironi. Le parole aggressive di Jeanne sullo spirito del cattolicismo non lo avevano ferito; l'incontro curioso delle parole spensierate di Dessalle con i sentimenti suoi di poc'anzi non lo aveva scosso. Rideva e gli occhi gli scintillavano. Mentre Jeanne gli aveva parlato del suo amore, tanto violento e puro, egli si era sentito prendere insensibilmente da lei e anche dalla idea che i suoi timori eran ombra e sogno, che i ritegni religiosi, i ritegni del suo legame erano lacci di cose morte, che forse la stessa intera religione cattolica era un grande spettrale cadavere in piedi come l'abbazia. L'occulto lavoro di tante passate tentazioni contro la fede, represse con terrore e non vinte, si manifestava ora, nell'urto della passione, con improvvise rovine. Appena pronunciate, quasi automaticamente, le parole "je crois que non" come colui che nudo saggia col piede una fresca corrente ed esita, ma se si sente sdrucciolare dal margine tutto di slancio le si abbandona, egli si era abbandonato al sentimento che non gli pareva più tentazione ma offerta di un Dio più vero e grande e buono del Dio appresogli da' suoi maestri. Per un attimo, martellandogli il cuore a furia, le mura, gli archi, le colonne del monastero gli avevano roteato vorticosamente intorno. Si sentiva una furiosa voglia di cinger con un braccio la vita di Jeanne e trascinarla fuori, all'aperto, di correre l'erbe dei prati, gli oliveti, le cime dei colli, gridando al cielo la sua libertà e la sua gioia. Rideva in pari tempo, internamente, della propria voglia folle, tremava di tradirsi, si comprimeva nel petto la nuova intensa vita. E godette che Jeanne non gli fosse vicina, gli fece un acuto piacere di vederla sciolta in apparenza da lui, sapendola stretta a lui nel pensiero, ebbra di lui. E si ascoltò intanto, con profondi respiri, dilatar l'anima. Il dolcissimo sguardo lungo di Jeanne dalla loggetta dove l'acqua era stata

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Argomenti: sguardo lungo,    lampo inesprimibile,    magnifico lavabo,    mare verdognolo,    spirito cattolico

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