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Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 27lunare brillava ancora quando i due risalirono sulla terrazza oscura. Si sentivano sì e no nell'aria inquieta e buia gli aliti delle rose come voci di desiderio e di pena. Si vedevan sì e no le frondi porgersi in qua e in là come braccia di ciechi brancolanti. Nel chinarsi per volgere la poltrona da riposo verso il ponente ove la luna scendeva, Piero sfiorò con le labbra una spalla di Jeanne e sussurrò: "Cara ombra!". Jeanne rispose: "Io però amo la luce". Nello stesso tempo gli folgorarono dentro la fronte, come una punta di ghiaccio fitta e ritolta, le parole: dilexerunt tenebras. Via! Via! Neppure averle pensate, voleva! Sedette accanto a Jeanne, disse forte, per il caso che qualcuno li spiasse: "Adesso, signora, facciamo gli astronomi" e le prese una mano. "Sei stata ingiusta" mormorò, "amaramente ingiusta quando hai detto che nel mio ardore c'è un proposito freddo. Non dirlo più!" Jeanne si portò la mano di lui alle labbra. Silenzio, aliti di rose, molle ondular di frondi, sospiri umani pieni dell'Indicibile. "Non è troppo fresco e umido, qui, per Lei?" disse Piero finalmente. "Non sarebbe meglio...?" Jeanne sorrise. "È meglio che Lei parta, credo, amico mio." "Addio, dunque!" "No!" Gli aveva ben detto lei di partire e adesso non voleva più. Risero entrambi, tanto dolcemente. "Sì, sì" diss'ella facendosi seria. "Bisogna che parta!" E perchè Piero le sussurrava: "Partire senza un bacio? Partire senza un bacio?" si alzò, entrò in sala, seguìta da lui. "Adesso La faccio accompagnare al cancello" disse. Posato un dito sul bottone del campanello elettrico, si volse al giovane, gli porse le labbra. Egli scese come in sogno, senz'altro senso che di quell'atto, di quella bocca, senz'altro pensiero che di non poter pensare a niente, di non poter volere niente, di scender beato in grembo al Fiume della Vita, ardente e dolce. Nell'entrare in casa si domandò se fosse possibile vivere più oltre fra quella gente. Posando il soprabito gli sovvenne, con disgusto, della camerierina bionda. Che gioia non sentire più in sè il bruto senz'amore, esser trasfigurato anche nella vita corporea! Sedette sul letto, rivisse i più deliziosi momenti di quella notte, dall'abbraccio muto sotto i carpini al bacio nella sala. Anche meditò le più singolari parole di Jeanne, compiacendosi orgogliosamente dell'amore di una creatura così bella, strana e profonda, chiedendosi in pari tempo, adesso che ci pensava a mente riposata, se non fosse in lei, con tutto il suo amore, un intimo nucleo di orgoglio, d'idee più forti che l'amore, invincibili. E quell'attaccamento al fratello non era eccessivo, quasi offensivo? Quale amore, però, quale grande, impetuoso, tenero amore pur nei confini suoi! Quale amore unico, quale spiritualità intensa di amore mista con i desideri più delicati e squisiti dei sensi! Ricorse avido alla memoria dell'abbraccio muto, della bocca soave. Ah! Si scosse, si dispose a coricarsi. Ecco qualche cosa di nuovo sul tavolino da notte, come la sera della tentazione. Non fiori stavolta, una lettera chiusa, con un semplice indirizzo, "Piero", di carattere della marchesa. L'aperse, non si avvide della piccola busta che ne cadde e lesse: Sia ringraziato Iddio che ci dona consolazione. Stasera dopo le dieci è venuto il medico assistente dello Stabilimento e ha portato il biglietto con lo scritto di Elisa che ti unisco. Piero s'interruppe, rabbrividì, cercò e raccattò da terra la piccola busta. Conteneva un quadratino di carta dove la mano della Demente aveva scritto per isghembo e male a grossi caratteri: [...] Dalle profondità del palazzo il vecchio orologio suonò le tre. Ritornò il silenzio, il pauroso silenzio delle cose conscie. Piero seduto sul letto con la lettera in mano, la guardava trasognato, guardava il quadratino di carta e poi da capo la lettera, leggeva e rileggeva di speranze dei medici, di una messa che si sarebbe celebrata l'indomani mattina in Duomo. Fermò finalmente gli occhi torbidi sulla parola scritta male, per isghembo, a caratteri grandi. Sentimenti diversi di rimorso, di terrore, di speranza rea o conosciuta per tale, diverse immagini di possibili eventi che maturassero qualche strano dramma cozzavano in lui oscurandogli l'anima. Poco a poco, mirando sempre la terribile parola tanto ancora piena di ombre idiote, egli si ricompose una cupa quiete nell'idea della probabile vittoria finale delle ombre, si disse e si ridisse ch'era questo il freddo giudizio della sua ragione e non la voce delle crudeli speranze. Il lume della candela smorì nei primi albori, dalle profondità del palazzo il vecchio orologio suonò le quattro, e ritornò il silenzio, il pauroso silenzio delle cose conscie. IV Jeanne, partito Maironi, mandò il domestico a letto, suonò per la cameriera, mandò a letto anche costei, uscì sulla terrazza candida nel lume della luna rediviva, ritornò all'angolo d'ombra tra i fogliami tiepidi delle rose, si riadagiò sulla poltrona da riposo e sorrise a se stessa, beata. Mai non aveva amato prima d'incontrar Maironi e neppure desiderato di amare. Nessuno dei tanti adoratori suoi aveva saputo destarle nell'anima il senso della sua femminilità profonda. Questo senso non s'era ora destato che a mezzo. L'ardore dello spirito non le aveva ancora penetrato il corpo. I suoi desideri non andavano oltre la presenza continua e la tenerezza appassionata di lui, il possesso dell'anima sua, la libertà, nei momenti in cui si preferisce il silenzio alla parola, di cingergli con le braccia il collo, di posargli la fronte sopra una spalla. Oltre questo abbandono e carezze, baci a fior di labbro, e il senso alle spalle del braccio diletto, incominciavano le sue ripugnanze. Ai suoi rapimenti non si mesceva un atomo di timore nè di rimorso. Figlia di genitori increduli e tuttavia rispettosi della religione, era passata per gli effimeri fervori ascetici del collegio. Quindi lo spirito infusole nel sangue, la coscienza della sua superiorità intellettuale sulle persone che l'avevano guidata alla pietà, la tendenza critica del suo intelletto, le letture, le conversazioni di uomini coltissimi e irreligiosi, la incredulità conosciuta dei genitori che pure la mandavano a messa, ai sacramenti, e le regalavano libri di preghiera, tutto questo insieme l'aveva condotta a una specie di sereno fatalismo, dall'alto del quale i dogmi cristiani, Iddio, la immortalità dello spirito le parevano illusioni gentili, nobili, anche utili a coloro che non possedessero come lei nella propria natura il senso della dignità morale, i suoi freni e i suoi stimoli. La sua fierezza, il suo affetto al rispetto altrui, le vaghe idealità morali che le tenevano luogo di fede le ispiravano il disgusto dell'adulterio ma non le facevano alcun rimprovero di un amore che, soddisfatto secondo il desiderio suo, le riempiva l'anima di bontà. Sapeva di non toglier niente alla moglie di Piero e il suo scetticismo circa le illusioni del sentimento, il forte, lucido intelletto della realtà non le consentivano rimorsi per un'offesa che, non potuta sentire, non era offesa. L'immagine squallida della Demente non si affacciava mai alla sua coscienza. Aveva ben pensato, una volta, che la madre di lei soffrirebbe molto, se sapesse; ma vi era nella vita, secondo il suo vedere, un Ineluttabile e questi dolori ne facevan parte. Anche l'amore procedeva dall'Ineluttabile. Perchè si era ella innamorata di Maironi? Per i pregi del viso e dello spirito? No, per un che negli occhi suoi. Le avevano molto parlato, sì, di questo giovane intelligente, colto, generosissimo, pio, infelice; le avevano ispirata molta curiosità di conoscerlo, particolarmente di sapere se egli amasse ancora sua moglie; ma soltanto quel Che misterioso l'aveva presa. Era ella forse delle infinite cui basta venir guardate due volte da un uomo non vecchio, non brutto, non inelegante, per sentirsi attratte? Neppur questo; molti uomini le avevano ispirato simpatia conversando con lei, s'era Tag: amore silenzio senso spirito letto adesso mano labbra bacio Argomenti: tenero amore, terribile parola, parola tanto, superiorità intellettuale, vecchio orologio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza Decameron di Giovanni Boccaccio Il fiore di Dante Alighieri La spada di Federico II di Vincenzo Monti La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Thailandia la terra del sorriso Guida Fotografica Malaga Le acconciature notturne La pausa di riflessione in amore Festa del Corpus Domini in Polonia
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