Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 34inesplorabile dolore, curva e mansueta sotto l'impero amaro della Divina Volontà. "Sofferenze, don Giuseppe" diss'ella finalmente. "Ecco... sì, già, sofferenze; e nessun vantaggio... Ma già, quasi quasi..." Tacque e gli occhi le brillarono ancora di pianto. Don Giuseppe credette intendere il suo pensiero; ella non desiderava, quasi, che sua figlia guarisse, che sapesse, che vedesse. Parve che la marchesa non dubitasse di essere stata intesa, perchè senz'aver proferite le parole amare le confermò con un "proprio!" pieno di dolore, di severità e di disgusto. Diceva tutto, quel proprio; e don Giuseppe fece il gesto di chi vorrebbe pur contraddire e non sa. "Possibile" pensò, "recar tale afflizione a una povera, santa creatura sventurata come questa!" Mansueto alla fragilità umana, si astenne da giudizi più acerbi di così; ma la faccia dilettosa della passione colpevole mai non gli era parsa meno lusinghiera, nè più spiacente l'altra egoistica sua faccia crudele. "Eppure" diss'egli, "quel giorno in Duomo l'ho veduto nella cappella con Lei..." Più dal volto che dalle avviluppate risposte della marchesa don Giuseppe capì che se quel giorno il contegno di Maironi era stato buono, nulla di mutato appariva nelle sue relazioni con la Dessalle. L'eloquio della marchesa era sempre difficile, ma poi a nominare non che a descrivere le passioni illegittime le mancavano addirittura i vocaboli o almeno essi le bruciavano le labbra e nessuno ne aveva mai udito da lei. Devota religiosamente al marito dal dì delle nozze, professava nel cuore il più duro disprezzo per le colpe di amore, non avendone conosciuta mai la tentazione, non avendo saputo mai, neppure al tempo della sua florida giovinezza, che fosse immaginazione. Al suo sesso era più severa e severissimamente giudicava Jeanne benchè non con parole, chè ne la tratteneva un alto senso di dignità signorile. Nel nominarla, nell'alludere a lei, si faceva tetra in viso e la sua voce si coloriva della stessa ombra; niente altro. Agli uomini era meno severa perchè, secondo una delle sue massime piuttosto ferree che auree, li credeva tutti per lo meno altrettanto sedotti quanto seduttori, non ammetteva che alla vera virtù femminile alcuno ponesse assedio. Però, se giudicava Piero un sedotto, neppure le veniva in mente che la lunga separazione dalla moglie potesse scusarlo nè poco nè molto. Chi gliel'avesse detto non sarebbe riuscito che a nausearla e a perdere la sua stima. "Io lo tratto sempre" diss'ella "come se non sapessi niente. E così parlo di lui agli altri: questa è la mia regola". Infatti in città chi rideva, chi sorrideva, chi si rattristava pietosamente di certe ingenue frasi della marchesa in lode del genero. "Ho anche pensato" soggiunse con infiniti stenti, "sì... non so... ecco, sì, tante cose... tante piccole cose... tanti piccoli mezzi... sì, non so... m'intenda, don Giuseppe!" "Sì, sì, eh sì" fece don Giuseppe che non aveva inteso niente, cercando d'indovinare o almeno di aiutare con una spinta spirituale. "Ecco, questo!" ricominciò la vecchia signora; e si pose a dire e non dire, nel suo inimitabile stile, le fini trame ordite da lei intorno al genero, finora invano, per tirarne quindi a sè tutte le fila e staccarlo dalla Dessalle. Piero si era sempre occupato pochissimo delle proprie faccende, affidate prima al marchese Scremin, cattivo amministratore anche lui, e poi ad agenti. Il grosso patrimonio gli rendeva assai meno del ragionevole. Prima della malattia di sua moglie la suocera gli era sempre ai fianchi col pungolo delle campagne da visitare, degli agenti da sorvegliare, dei registri da esaminare. Poi lo aveva lasciato in pace. Appena informata del pericolo di villa Diedo, si era accinta ad un occulto molteplice lavoro. La sostanza stabile di suo genero, tutta nella provincia di Brescia, era amministrata da un vecchio ragioniere che veniva di tempo in tempo a conferire con Maironi come prima aveva conferito col suo tutore Zaneto. Persona proba e devota al nome Maironi, costui non aveva taciuto a Piero in passato la propria opinione che il miglior partito di provvedere ai suoi interessi fosse anzi tutto quello di prendere dimora nella stessa loro sede principale: discorso ingrato, in quel tempo, alla marchesa, e che le aveva fatto prender l'uomo in uggia. Più tardi, simulando preoccupazioni sue proprie circa gli affari del genero, la vecchia signora fece dire da un amico di casa al ragioniere che quanto più egli insistesse per attirare Maironi a Brescia, tanto più si renderebbe gradito; e in pari tempo, conoscendo non in tutto ma in parte gl'imbarazzi finanziari di Zaneto, cominciò a insinuargli che sarebbe opportuno di mutare dimora, che lontano dai parenti e dai conoscenti certe economie sarebbero riescite più facili, che l'Elisa avrebbe preferito, ritornando in famiglia, un soggiorno dove non fosse tanto conosciuta. Il sindacato di Piero era un enorme macigno nella sua via. Appena saputo della crisi e ringraziatone Iddio nel suo cuore, ebbe spavento dei paceri che si sarebbero interposti fra il sindaco e i suoi colleghi, pensò all'uomo acido e senza fiatarne con lui gli fece dire all'orecchio ch'era impensierita dallo stato degli affari Maironi, che considerava la crisi una vera fortuna per suo genero, nè sarebbe affatto riconoscente a chi cercasse di mettere pace nel Municipio: un modo questo di aizzar l'uomo a spruzzar il suo acido con zelo anche maggiore del solito. Al genero aveva parlato due volte degl'imbarazzi economici nei quali si trovava impigliato il marito. La prima volta gli aveva fatto balenare con placidezza quasi scherzosa la sua idea: un giorno o l'altro, caro te, andiamo tutti a star a "cossa xela", intendendo Brescia. La seconda volta era stata più ardita e più assurda, aveva parlato di vender palazzi e poderi, di andar a vivere a Brescia, in casa di Maironi: "E se no te voli vegner ti andaremo noaltri pori veci". Nel dire e non dire, a modo suo, tante sottili fila di artifici santi, le ingarbugliò siffattamente che a un certo punto don Giuseppe non ne aveva capito nulla ed ella stessa vi si era avviluppata dentro a segno da togliere al suo interlocutore ogni speranza che potesse uscirne. Ella continuò invece senza scomporsi il suo discorso rotto e oscuro peggio che mai, annaspando, annaspando, spremendosi dalla gola parole che cozzavano insieme, ferma in qualche idea recondita della sua mente, cui pure voleva dire e non dire. Don Giuseppe si fece un po' inquieto. Lo stesso crescente annaspare della marchesa dentro a tenebre sempre più fitte e il lampo di qualche "bisognerebbe" gli diedero l'idea di un disegno chiaro nella mente di lei che, per abitudine, non metteva mai fuori il suo pensiero intimo alla prima, e l'idea ch'ell'avesse assegnato un cómpito anche a lui, un cómpito non facile, non rispondente al reale poter suo. La marchesa venne a questa conclusione tanto più paurosa quanto più inattesa: "Capisce, don Giuseppe, quel che m'intendo?" "Eh!" diss'egli, nella sua riverenza; e tacque. Poichè il silenzio si prolungava, riprese imbarazzato: "Ecco, forse, tutto no". La marchesa ebbe un triste sorriso di preghiera: "Bisognerebbe che parlasse Lei, don Giuseppe". Parlare a chi? Don Giuseppe, dopo essersi passata replicatamente la mano sulla fronte come per pulirsi e liberarsi d'una preoccupazione molesta, si arrischiò a domandarlo. "Ecco" rispose la marchesa, "intanto a Zaneto." Don Giuseppe tentennò, storse un poco la bocca. La marchesa ricominciò paziente, stavolta molto meno nebulosa, il suo dire e non dire. "Ecco, mi no so. Lu ga in mente sto Senato. Una fissazion, ghe digo mi. Metemo che i lo fazza, che no credo. Cossa vien fora? Spese." Qui la marchesa espresse come potè una sua particolare amarezza. Zaneto mendicava raccomandazioni in quella casa! "Lu el dise che così se fa capir che no ghe xe gnente de male, ma mi digo che no ghe andaria." E ritornò alle spese. Parlò degli imbarazzi del marito. Tutto Tag: don marchesa dire genero ecco sempre tutto tempo prima Argomenti: grosso patrimonio, sostanza stabile, enorme macigno, triste sorriso, passione colpevole Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Diario del primo amore di Giacomo Leopardi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Stanze della gelosia di Torquato Tasso Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Preparare l'abbronzatura Il coniglio Ariete Nano: il più noto e amato Lisbona, città da vedere e da sentire Vacanze Maldive, Madoogali Consigli per regalare dei gioielli
|
||||