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Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 4fossero divise le opinioni circa il fare e il non fare il pick-nick, il signore acido e il signore amaro lo interrompevano sempre più forte: "E dunque? E dunque?". Qualche altro più sommesso "e dunque?" scattava qua e là dall'uditorio. Per un poco il prete andò avanti e poi, perduta la pazienza, si mise esemplarmente a gridare: "Pazienza! pazienza!". Quindi scese dal pulpito: "Le lassa andar avanti, Le lassa, corpo de mi solo!" — "Zitto, zitto, buoni, buoni!" gridava Zaneto. Ma quando il prete, rosso come un gambero, abbaiò che non sapevano niente, no, niente; e che per il rifiuto dei Dessalle si era dibattuta da capo la questione Zigiotti; e che per causa della Zigiotti "tin tun tan para martella, i ga mandà tuto per aria", allora gli altri si misero ad abbaiargli contro che senza il rifiuto Dessalle non sarebbe tornata in campo la questione Zigiotti e abbaiarono tanto forte che Zaneto diede un gran colpo di timone e voltò il discorso verso il naso del signor Carlino Dessalle. "L'ho visto una volta sola, ma un gran naso!" "Non lo tocchi, marchese!" esclamò l'uomo acido. "Tutto dev'essere perfetto a casa Dessalle; anche i nasi. Forestieri, marchese, gente che invita, gente che spende, signor mio! Adoriamoli, ungiamoli, lecchiamoli, andiamo in visibilio, andiamo in deliquio! Che distinti, che amabili, che cari, che spirito, che bellezza! Ella, marchese, mi parla del naso di lui, ma giurerei che qui si trova bello anche il naso di lei!" "Peuh!" fece don Serafino, come per dire che questo secondo naso non gli pareva poi tanto obbrobrioso. "Ma sì, caro! Sente, marchese? Anche il clero! Ci perde la testa anche il clero, ci perde! Eppure quella è gente che non va a messa. Gente, ute religion, che qua se ghe dise pamòi". Questa parola papòio che nel dialetto del luogo significa tanto una zuppa quanto una persona di dubbia ortodossia, forse per le parvenze floscie, incolori, per la poco nutriente virtù di un tal cibo e di un tal credo, fece succedere un altro tafferuglio. Il prete gridava: "Cossa vienlo fora? cossa m'importa a mi che i sia pamòi o che no i sia pamòi? Cossa ga da far i pamòi col naso?". Il censore bilioso gridava: "Sissignor, sissignor, pamòi, pamòi! Pamòio lu e pamòia ela!". Gli altri ridevano e li aizzavano. Zaneto, fra ridente e contrito per la mala riuscita della sua manovra, cercava metter pace. Durante la zuffa un signore ossequioso seduto presso alla marchesa Nene le domandò sommessamente il suo parere. La marchesa, che lavorava di calze, non alzò gli occhi dai ferri e rispose: "Mi no vado a zavariarme." La vecchia marchesa non si "zavariava" mai, ossia non si dava mai fastidio per ciò che non la riguardava. Così almeno pareva; perchè nel fondo dell'anima sua vi era una quantità di celle segrete e chiuse a chiave dov'ella custodiva note raccolte in silenzio su tante cose cui non pareva badare, fila intricate di tenebrosi disegni per il bene di questa o quella persona in qualche caso futuro e incerto, simpatie e antipatie non confessate mai, giudizi sugli uomini e sulle cose tenuti occulti ma inflessibili e duri come il bronzo, idee parte diritte, parte storte che davano qualche rara volta, nei colloqui più intimi, parole impensate, ben diverse da quei comuni ferravecchi di cui teneva un magazzino in bocca. Ella era, del resto, imbronciata, quella sera; e il marchese Zaneto, con la sua coscienza tutta intrisa dell'uovo illegittimo preso per distrazione in cucina, colse il tempo in cui gli altri, infervorati nella disputa per i nasi Dessalle, non badavano a loro, si accostò alla sua sposa, si mise a farle delle moine contrite che la seccarono. "Va là! Lasciami stare!" diss'ella brusca. "Non far sciocchezze!" Il pover uomo si voltò mogio mogio a don Serafino che stava rimbeccando un interruttore. "Abramo? Cossa vienlo fora con Abramo questo qua, adesso?" "Sì", rispondeva colui: "Abramo e Rebecca, no, e Sara, cossa xela!" Poichè i Dessalle si erano fatti conoscere come fratello e sorella, s'insinuava benignamente che qualche Faraone avrebbe forse potuto dire una cosa diversa. Più voci protestarono. I Dessalle erano conosciutissimi a Roma e a Venezia come fratelli, orfani di un ricchissimo banchiere di Marsiglia e di una Guglielmucci romana. Don Serafino diceva di non saperne se fossero pamòi o no. Avevano invitato il loro parroco a pranzo, certo, e largheggiavano con lui di danaro per i poveri. La signora gli aveva anche offerto qualche cosa per la chiesa. "Una santa!" brontolò l'uomo acido con un ghigno pieno di reticenze. "Oh no se sa po gnente!" esclamò don Serafino. "Ela, no La sa gnente!" ribattè l'altro: e si fermò lì per paura dei "ta ta ta" di Zaneto. "E pur la gavarà i so trenta" brontolò il signore amaro, a epilogo di parole taciute. Allora gli scoppiò da ogni parte un fuoco vivo di "Cossa, trenta? Cossa, trenta?" "Venticinque!" "Vintidò!" L'acido venne in soccorso dell'amaro: "Mo sì! Undese! Diese!". Al battere delle undici tutta la brigata si rovesciò in frotta dal salotto sulle scale. Nell'atrio del palazzo cominciarono i bisbigli sul muso lungo della marchesa. Che diavolo aveva? Appena uscito lo sciame sulla via sopraggiunse l'ultimo amico di casa che s'era indugiato con Federico sulle scale appunto per spillargli il segreto del muso lungo. Sopraggiunse correndo, ridendosi nel bavero rialzato, fregandosi le mani, ripetendo a se stesso: "Bela, bela, bela, bela!". Subito gli furono tutti attorno, tutti sorbirono con voluttà il famoso uovo, tutti fecero eco: "Bela! Bela!" meno don Serafino che trattandosi di materia molto delicata, rideva con riserbo e diceva solo: "Povareta! Povareta!" in tono di blando compatimento. Dopo il muso lungo della marchesa venne la volta della lucerna. "Che puzzo di petrolio! Che indecenza!". "E il caffè?" esclamò don Serafino. "Non era proprio acqua sporca, stasera?" Anche qui gli amici fecero eco; solo il signore acido sostenne ch'era acqua pulita. Il prete raccontò che in passato aveva fatto qualche osservazione a Federico. Federico s'era scusato accusando la padrona. "Avarizia cagna, sior." Ogni mese, appena pagato il conto del droghiere, la padrona andava in cucina a predicare sul caffè troppo forte. Ripagata così la ospitalità degli Scremin dove quei piccoli borghesi gustavano da lunghi anni un odore, un sapore di padronanza sulla nobile casa molto voluttuosi ai loro sensi democratici, la brigata si sciolse sotto il fanale di un crocicchio, si sparse per tre o quattro vie deserte. Di qua l'uomo acido riprese il tema Dessalle brontolando con l'asprezza di una stizzosa virtù cose da fare spiritare quattro Zaneti e strillar "ta ta ta" anche alle vecchie metope del Cinquecento, che dall'alto delle cornici palladiane guardavan giù nella via. Di là era l'uovo che si frullava da capo fra bisbigli e risatine; e si ricommentava l'uscita di Zaneto dalla confraternita del Duomo. Poi si faceva l'autopsia del vecchio amico per trovargli l'ulcus senatorium e l'uomo amaro andava ripetendo: "Mondo! Tuti compagni! Mondo!". "Caspita!" diceva un altro: "Un ovo de matina, la quaresima! Atenti ch'el se fa turco!" Poi vennero in campo certe promesse di Zaneto al deputato del collegio. Figurarsi, Zaneto che dopo il 1870 non aveva mai votato! Parlarono anche di pratiche fatte per lui dal deputato del collegio presso una dama romana amica di due ministri. "Capìo?" diceva uno. "Amiga de do! Figurève che dama! altro che ta ta ta!" Un altro alluse discretamente a un potentato della città, a un uomo politico detto per antonomasia il Commendatore, basso di statura. "Sì, ma se el picoleto no lo aiuta!..." Per una terza straduccia don Serafino trotterellava verso il suo umile nido insieme a un compagno che aveva nidificato negli stessi paraggi. Anche questi due frullarono l'uovo ma con mansuetudine. Si figuravano i rimorsi di Zaneto per lo scandalo dato. "Perchè l'è un santo omo, savìo!" diceva il prete. "Perchè mi so!" E raccontò al suo compagno atti di Tag: serafino don naso acido uomo signore prete marchese marchesa Argomenti: uomo politico, signore acido, muso lungo, fuoco vivo, umile nido Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il benefattore di Luigi Capuana Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Caratteristiche del mixed wrestling Acne rosacea Curare la pelle del viso Peeling Protesi mammarie naturali senza silicone Quanto costa un intervento al naso a Beverly Hills
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