Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 25

Testo di pubblico dominio

tuttavia non sensuale. Era dolente e sorpresa di esercitare un'influenza simile sopra di lui, suo primo vero amore, mentre altri che l'avevano amata e forse l'amavano ancora, senza ricambio, si sentivano come purificati da lei, le avevan chiesto amore nel nome della loro salvezza morale. Perciò temeva di essere amata da lui solamente come una dolce liberazione dal suo passato, la quale non gli paresse completa senza un atto di offesa mortale, irrimediabile, a questo passato, senza un atto che lo legasse quasi materialmente alla sua liberatrice. Qui egli volle interromperla, ma Jeanne non lo permise. Se nella sua passione violenta ella si faceva talvolta umile davanti a lui come una schiava, lo giudicava ora con un'alta indipendenza, con un acume, con una tranquilla franchezza che lo sgomentarono. "Non mi ami più?" diss'egli. Ella fece: "Oh!" e gli strinse il braccio, gli si serrò con impeto al fianco. Una ricreante dolcezza lo invase. "Anch'io" diss'egli "sono stato purificato da te perchè adesso il piacere senz'amore mi farebbe schifo. In questo momento poi mi sento puro come vuoi tu. Pensa che ti bacio sulla fronte." Jeanne sorrise. "Sì, caro" e continuò: "Vedi, devi credermi; io sono proprio singolare, in questo. Non so se sia freddezza di natura, se sia orgoglio, se sia conseguenza dell'impressione orribile ch'ebbi dalla brutalità di mio marito, se sia, non so, un senso estetico, se sia tutto questo insieme. So che l'idea sola della sensualità estrema m'ispira un'immensa ripugnanza. Forse potrei, con uno sforzo, sacrificarmi per compiacere la persona che amo, ma sarei certissima di amarla molto meno, dopo. Anche te sento di amar meno in certi momenti che sai, come poco fa. Sarò strana, unica, ma è così! E poi vi è mio fratello. Io mi sento madre per mio fratello e mio fratello ha la più grande fiducia nella mia elevatezza, mi adora come un essere superiore a ogni fragilità umana. Sarebbe terribile per lui di scoprire che mi abbasso come le altre. Perchè poi io lo credo freddo anche lui, di temperamento; certo è schivo morbosamente, per un uomo, non soltanto d'ogni atto poco fine ma d'ogni parola che tocchi certi argomenti. Non ha più religione di me, eppure io direi che vive proprio non come gli altri. Forse ha un po' la religione della sua salute..." Jeanne guardò la luna. "Non so" diss'ella "come faccio a parlare con Lei di simili cose, prima dell'eclissi totale." "Con Lei?" "Sì, con Lei! Non vede che c'è gente?" Uscivano allora dalla viuzza stretta fra due muri sullo scoperto dorso ascendente alle maggiori alture, dove, a pochi passi da loro, lungo il parapetto che corona il ciglio del piazzale verso la città, camminava una frotta di giovani conversando e ridendo. "Adesso che ha piantato quei santocchi" diceva uno di loro soverchiando con la voce il chiasso degli altri, "per il piacere...", e qui una sconcezza, "adesso lo stimo e gli do il voto!" "Ma che!" gridò un altro. "È stato per i calzoni di Ricciotti!" Una risata e passarono. Lì presso, la strada che viene da villa Diedo e dalle altre ville del poggetto si allaccia con quella che sale al Santuario dalla città. Maironi, livido, si avviò con la sua compagna verso le ombre dei grandi ippocastani allineati come una guardia d'onore sulla sinistra dell'ampia salita. Avanti e dietro a loro salivano alcuni altri curiosi dell'eclissi. Udirono un signore che li precedeva con due signore, dire alle sue compagne: "Sarebbe bella che lei guarisse!". Forse non parlava della persona cui Maironi e Jeanne pensarono, ma le parole oscure percossero questi due come un soffio di ghiaccio. A ciascuno fu amaro anzitutto il pensare che l'altro pure aveva udito; poi, che non era possibile dir niente; poi, che il loro stesso imbarazzo pareva non scevro di ridicolo. Senz'accordo, senza parlare, passarono insieme dall'altro lato della via. Jeanne ruppe il silenzio, disse che a suo fratello era venuto il capriccio di dare a villa Diedo o un garden-party in giugno o una festa in costume nel prossimo inverno, per la quale sarebbe stato necessario di coprire le terrazze con ferro e vetro e perciò d'incominciar presto almeno gli studi, ch'ella vi era contraria ma che gli amici e le amiche di Carlino, con quest'idea del Tiepolo, del Settecento e dei costumi tiepoleschi e settecenteschi, gli montavano la testa persino da Firenze. Posto l'ambiente pettegolo, c'era da sperare che la festa andasse a monte come il pick-nick. Piero non parve prendere interesse al discorso. Allora Jeanne gli domandò, parlando piano perchè davanti a loro saliva una brigata di giovani e signore, se non fosse probabile che il Consiglio comunale lo rieleggesse. No, non era affatto probabile. Perchè non si credesse a un puntiglio, a un dispetto, Piero intendeva inviare al più presto le sue dimissioni anche da consigliere. "A quante cose pensa Lei!" disse Jeanne. "Io penso a una sola." "Io posso pensare quella che Lei dice" rispose Piero "intensamente quanto Lei, e posso insieme pensarne altre!" Nel gruppo dei giovani e delle signore si discorreva di blasone. Alcune signorine, ferocemente democratiche, parlavano della nobiltà e anche della borghesia mescolata ai nobili, come di gente inferiore intellettualmente e moralmente, destinata a finire di logorarsi nell'ozio e nei piaceri, a scomparire nella rovina economica che li minacciava quasi tutti e di cui si vedevano in giro molti segni mal coperti di stemmi, di corone, di livree. E qui, a voce più bassa, si dicevano i nomi. Ciascuno del gruppo aveva a raccontare grettezze segrete di gente fastosa, debiti vergognosi, segrete strettezze di gente che non sapeva rinunciare a costose apparenze, miserie intellettuali della classe alta, ignoranze crasse, apatìe cretine, bigottismo, ateismo pratico senza base razionale; miserie morali, accidie, burbanze con gl'inferiori, durezze avare, amori senz'amore. "Almeno questo no" mormorò Piero all'amica. Egli nobile, lei borghese mescolata ai nobili, si divertivano di quei panegirici. "Socialismo, socialismo!" esclamò ridendo uno dei giovani. Due o tre ragazze, uscite di fresco dalla Scuola magistrale, appunto inclinate al socialismo, ardite, franche, raccolsero il guanto. I giovani, usciti di fresco dall'Università, replicarono con foga ironica, opponendo alle ragazze la dottrina liberale, concedendo questo e negando quello dall'alto della loro superiorità maschile. Essi parevano più colti; le donne, nella loro passione per una creduta giustizia, parevano più forti. Irritata dal tono sarcastico dei contraddittori, una di esse rispose così pungente che qualcuno replicò: "Cara Ela, La dovarìa sposar Ciotti Çeóla." La signorina rispose scherzando che lo stimava più di loro, ma che pur troppo l'eroe era già prigioniero di una cameriera. Allora una delle due povere vecchie mamme fuori d'uso, prese con sè da quella briosa gioventù e sfoderate come due stracci di passaporti, turbata dalle audacie della conversazione, osò dire: "Andemo, andemo!". L'altra, dolce, candida, ineffabile oca, usa snocciolar rosari e lasciar la briglia sul collo alle figlie, soggiunse, perchè toccavano allora l'alto piazzale del tempio: "Almanco no fève sentir da la Madona!". I giovani si sparsero ridendo a guardar il panorama e la luna. "E tu adesso" disse Jeanne sorridendo "ti metterai con i liberali?" Maironi non rispose. Fatti pochi passi, entrarono nell'ombra della chiesa. Egli prese allora il braccio di Jeanne, che resistette. "Per me non importa se ci vedono" diss'ella, "ma temo di far male a te." Il giovane la trasse a sè con violenza, ella cedette subito. "Non temere, no" diss'egli. "Io disprezzo tutto quello che tutti hanno detto, che dicono e che diranno. Del resto non mi parlare dei partiti di qui! E non mi parlare di questa città che mi diventa più odiosa ogni momento. Già io non sono nato qui e ho un altro sangue nelle vene. Adesso poi che ho rotto con tante cose, il mondo mi si allarga e mi s'illumina intorno immensamente.

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Argomenti: consiglio comunale,    dolce liberazione,    grande fiducia,    credo freddo,    ateismo pratico

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