Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 21

Testo di pubblico dominio

momento che il fallo sia da imputare alla comune fragilità umana; e la infrazione pubblica del venerdì? Pazienza un cattolico qualunque! Ma il capo del partito? Passi per un banchetto ufficiale cui il sindaco potrebbe essere costretto d'intervenire. Può avere la dispensa del Vescovo, può scegliere fra i piatti grassi e i magri, per ultima risorsa può fare a meno di mangiare. Ma in una riunione di puro piacere e anche all'aperto! E il tavolino del sindaco si poteva vedere dal vigneto dove la gente lavorava! Non era una semplice violazione del precetto, era una sfida! Sarebbe un altro scandalo il non raccoglierla. Il signor sindaco era un membro malato della Chiesa e il membro malato si tronca senza misericordia. La misericordia giusta è di fare come San Paolo, di consegnare l'uomo e la sua sciarpa sindacale nelle mani di Satana, perchè l'anima si salvi nel giorno del giudizio. Però, prima di arrivare a tanto bisogna richiamare il peccatore, fargli parlare da qualche persona molto autorevole, e poi, se resiste, andar da lui, dirgli che si desiderano le sue dimissioni. "Eh!" fece Zàupa, immaginando di aversi a trovare anche lui fra i futuri portatori dell'ambasciata. "Questa xe dureta. Xe dureta. No ghe par?" "Eh, ciò!" rispose il prete. "Lo so anca mi". Il cavaliere osservò ch'erano quasi le quattro, e che a loro conveniva di andarsene senza esser veduti dai consiglieri, i quali forse li pregherebbero di partecipare alla riunione, cosa non opportuna. Oramai il dottor Zàupa sapeva e poteva regolarsi. Per parte sua il cavaliere aveva espresso una semplice opinione, desiderava si discutesse ma poi non si voleva imporre. Nell'uscire l'abate mormorò all'orecchio di Zàupa: "La tenete segreta questa riunione?". E siccome Zàupa rispose di soprassalto con tanto di cipiglio e di mani levate: "Euh, diamine!" come se si fosse trattato di un complotto per ammazzare il Papa, l'altro crollò le spalle, infastidito, fece un gesto, come per dire: "Parlate!" e lasciò trasecolato l'ingenuo Zàupa, gli rallentò la foga dei "servitor suo, servitor suo", degl'interminabili inchini a scatto con i quali soleva accompagnare alla porta i suoi visitatori. Rimasto solo, il dottor Matìo si appuntò alla fronte l'indice della mano destra, guardando con attenzione intensa la chiave dell'uscio. Quando gli parve aver trovato l'altra chiave ideale che cercava, dato un omaggio tacito alla finezza dell'abate, raccolse il pensiero nella necessità dell'ora presente e chiamò la serva. "Quele braghe?" "Le xe in cusina, signor." "Ben, quando ca sonarò, portèle." II I consiglieri invitati vennero alla spicciolata e in ritardo. Alle quattro e un quarto erano sette. L'uomo acido e l'uomo amaro, membri essi pure del Consiglio e della maggioranza, cominciarono a borbottare insopportabilmente. L'acido masticava, con la sua mutria sepolcrale, giaculatorie corrosive, senza guardare in faccia a nessuno. "Brava zente! Un gusto mato, magnaremo i risi longhi un mia!" L'amaro lo accompagnava con un pizzicato di contrabbasso: "Porcarie, porcarie". Il consigliere Quaiotto, venuto il primo, pareva pure impaziente, guardava spesso nella via. Gli altri, scambiate abbondanti cerimonie con il dottor Zàupa e fra loro, fatti tranquilli circa la preziosa salute della mamma Zàupa, della sposa Zàupa e dei marmocchi Zàupa, lodato sommessamente, timidamente, il meraviglioso aspetto giovanile del canapè, delle seggiole e delle poltrone, evocate con rispetto le ombre congiuntevi degli Zàupa preistorici, cantata in coro la gran bontà delle stoffe antiche, non sapevano più che dire. Matìo chiese con qualche trepidazione all'uomo acido se intendesse di assistere all'eclissi totale di luna ch'era atteso nella notte prossima e n'ebbe un rabbuffo. "Benedeto! No La vede che nuvole?" Per fortuna capitarono in breve altri otto consiglieri. Matìo sedette, tossì, aperse la seduta, cominciò a spiegare, con una faccia compunta, il perchè di quella riunione straordinaria in casa sua. Tutte le altre facce diventarono pure compunte, tutti gli occhi si abbassarono a guardar i piedi di loro particolare conoscenza, meno quelli dell'uomo acido che fissavano l'oratore con una espressione pregiudiziale, nelle grigie loro nebbie, di mediocre stima. L'oratore fece con garbo un discorsetto diplomatico. Tutti sapevano che la riunione si teneva per intendersi sul quid agendum rispetto al sindaco e quasi tutti erano venuti a malincuore, col presentimento di non saper trovare una buona uscita dall'impiccio doloroso. Il solo consigliere Quaiotto, piccolo proprietario del suburbio, uno fra i più ardenti, turbolenti ed eloquenti del partito, era venuto con la testa piena di accuse d'ogni maniera e di propositi feroci, con la risoluzione di far votare un formidabile ultimatum. Il mite Zàupa, propenso in cuor suo alle opinioni del Soldini, cominciò a dire che certi dissensi fra la maggioranza e il suo capo naturale, il sindaco, circa certe questioni amministrative gravi, avevano consigliato una riunione quasi plenaria della maggioranza stessa senza l'intervento del sindaco stesso, per trattare dei dissensi... "... stessi" mormorò l'uomo acido. Ma Zàupa, dopo averci pensato un poco, disse invece: "Medesimi". L'uditorio parve sorpreso. Coloro che avevano preparato la riunione insieme a Zàupa s'interrogarono con gli occhi. Matìo si guardò in giro e ripetè più forte, con intenzione: "... sui dissensi medesimi". Il consigliere Quaiotto, che si era venuto agitando sulla sedia e aveva pure scambiato a destra e a sinistra occhiate di malcontento, disse, non tanto sottovoce: "Ma cosa?". Gli altri, incominciando a capire l'idea di Matìo, contenti di non avere a toccare il tasto scottante, zittirono Quaiotto. Matìo proseguì. Nella sua qualità di membro della Giunta espose con dispiacere i "medesimi". Appena migliorati gli stipendi degli spazzini eran venute istanze delle guardie di città, degli uscieri municipali, degli insegnanti delle scuole suburbane. Circa i desideri di questi ultimi il sindaco aveva fatto in Consiglio dichiarazioni compromettenti e, Zàupa lo diceva con rincrescimento, non autorizzate. Ora conveniva troncare subito, fosse pure con rammarico, un movimento che dagli spazzini minacciava di propagarsi fino al segretario capo e che metteva a repentaglio la salute del bilancio. Conveniva salvare il bilancio a ogni costo e passare all'ordine del giorno su tutte le istanze presentate. Zàupa riteneva che gli assessori suoi colleghi non avrebbero avuto difficoltà di far conoscere all'onorevole sindaco Maironi, con dolore, ma nettamente assai, la loro volontà incrollabile, arrivando sino all'offerta delle dimissioni. Capiva bene che questo era quasi un costringere il sindaco a offrire le proprie, ma era pure, lo dichiarava con cordoglio, una imprescindibile necessità. Aveva creduto di esporre così l'opinione propria, modestamente, pronto, del resto, ad accettare... "... con disperazione" suggerì piano l'uomo acido. "... con ossequio" disse Zàupa "la volontà dei colleghi." La piccola assemblea, sulle prime, rimase muta. Poi cominciarono alcuni bisbigli intorno a Quaiotto e si udì costui dire: "O siamo in famiglia o non siamo in famiglia!". Evidentemente i vicini gli bisbigliavano dei calmanti. Zàupa lo guardò, allargò le braccia in un silenzioso dominus vobiscum scattando indietro con il collo, per significare che al fine voluto da Quaiotto si arrivava lo stesso. Ma Quaiotto bolliva sempre più forte, ribatteva a destra e a sinistra i bisbigli degli amici, scotendo loro le mani sul viso perchè gli amici pure si accaloravano. Come in un fascio di sarmenti imposto a coperte brage il calore si propaga con lento lavoro fino a che vi brillan sotto due, tre, quattro punti roventi e il fascio si slaccia, vi spesseggiano le faville, le fumarole, tutto vi bisbiglia, cigola, crepita, e se qualche spettatore impaziente vi accosta un fiammifero acceso, subito ne saetta ruggente la vampa acuta, così

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Argomenti: membro malato,    comune fragilità,    banchetto ufficiale,    semplice violazione,    sciarpa sindacale

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