Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro pagina 19discernere un prete seduto sulla gradinata della fronte, lo suppose il padrone, disse che aveva udito farne gran lodi e chiese a Maironi se lo conoscesse. Nello stesso punto Jeanne, che non aveva fatto attenzione al discorso del fratello, mostrò a Maironi la falce della luna nel cielo di occidente. "Completur?" diss'ella, non ricordando l'altra parola. Maironi non parve intendere ed ella ripetè: "completur... dica!". "Ah, cursu, cursu!" esclamò Dessalle e non rinnovò la domanda. Intanto la mano di Jeanne cercò sotto la pelliccia la mano cara, la strinse, disse: lo so, distratto, a cosa pensavi! e la mano stretta rispose mentendo: sì, sì, lo sai. Avrebbero poi voluto tacere, l'una e l'altro, ma Carlino aveva una parlantina! Raccontò a Maironi quanto sua sorella si fosse scandolezzata, tempo addietro, ch'egli avesse raccomandato quel giardiniere, bellissimo esemplare di socialista latino, rivoluzionario. Sua sorella, saputo di certi suoi discorsi, gli aveva proposto di licenziarlo, ma egli era felice di tenersi in gabbia nel giardino una bestia feroce tanto curiosa. Non si lasciava studiare, però, la bestia; aveva un guscio molto pulito e inoffensivo nel quale rientrava tosto che i padroni le si accostavano. Intanto i due si parlavano in segreto con le mani congiunte, avendo Jeanne tentato invano, mollemente, di ritirar la sua, e lasciaron dire Carlino, non si difesero, solamente risero, di quando in quando. Carlino trasse in campo anche il figlio del giardiniere, Ricciotti Pomato; lo raccomandò per il posto d'inserviente della Biblioteca. L'anno prima era stato nominato un altro invece di lui; adesso il posto era vacante da capo. Maironi promise senz'altro, per uscirne. Ma Carlino era inesauribile e mise il discorso sul marchese Scremin che aveva fatto parlare ai Dessalle da suo genero perchè gli giovassero nelle sue mire senatorie, presso una potente, intrigante dama di Roma di cui si conosceva l'amicizia — da presupporsi onesta, diceva Zaneto; molto ambigua, diceva il mondo — con un uomo politico, zio dei Dessalle. Egli si era poi fatto presentare a villa Diedo, suonandogli dietro il ghigno satanico dell'uomo amaro: mondo! mondo! Vi era quindi ritornato due o tre volte con una solenne tuba e, diceva Carlino, col suo guscio anche lui; con un polito untuoso guscio di umiltà, nel quale spariva frettoloso a capo in giù tosto che Jeanne e Carlino accennavano a toccar il tasto dei meriti che il Governo gli avrebbe dovuto riconoscere. Ora Carlino lo stese delicatamente sopra un'ideale tavola anatomica per trovargli questi meriti. Finalmente, poichè i suoi compagni non parevano dargli retta, smise di parlare anche lui. Una torre alta e sottile, tozzi campanili, schiacciati ammassi di tetti venivano alzandosi dal piano davanti alla carrozza sotto le aeree fronti nevose delle montagne lontane. Era la città, la triste fine del cielo aperto ai sogni, della terra distesa in pace, odorante vita e frescura; la triste fine, per Jeanne e Piero, del molle, veloce andare in silenzio sentendo fino al cuore ogni tocco lieve delle spalle, nelle scosse della corsa. La carrozza si fermò alla scuderia Dessalle, sull'angolo della ripida stradicciuola che sale a villa Diedo. Un invito a pranzo per il giorno dopo, saluti brevi e già caldi del dolce domani. Mentre Piero scendeva per rientrare a piedi in città, il cocchiere disse che teneva un panierino di aranci del signore, consegnatogli dal vetturale della carrozzella: e Dessalle gli ordinò di accompagnare il signore al palazzo Scremin. Il panierino di aranci fu posato sul piccolo sedile interno della victoria di fronte a Piero. Egli sentì la loro parola tragica ma non se ne commosse. Era un rimprovero per il destino, forse; non per lui! Fisso lo sguardo nei frutti dorati, blandito i sensi dalla persistente aura della signora di cui adesso aveva preso il posto, rivedeva Jeanne nella loggia di Praglia con la tazza in mano, riassaporava la tristezza dei grandi occhi magnetici, l'ineffabile accento delle sommesse parole: "Si c'ètait du poison, faudrait-il boire?". CAPITOLO TERZO ECLISSI I Alquanti consiglieri della maggioranza clericale dovevano riunirsi alle quattro in casa Zàupa. La vecchia signora Zàupa non voleva persuadersi che questo fosse un onore per lei, per il consigliere suo figlio, per sua nuora, per i nipoti, per tutte le frondi del prolifero ceppo Zàupa. Perchè non si riunivano in casa del sindaco? "La porta pazienza, mama, per sta volta; ghe xe la so rason" ripeteva l'onesto, piccoletto consigliere Zàupa dirigendo con voce più sommessa ma più imperiosa, fra una presa di tabacco e l'altra, il lavoro docile e muto di una donnina esangue, sua moglie, e di un donnone polputo, la serva, che levavano il pepe e la canfora dalle poltrone, dai canapè del salotto, spolveravano i fiori di carta, le bomboniere. Alla vecchia signora Zàupa, spettatrice accigliata, pareva che non fosse necessario ricevere i consiglieri in quell'augusta e sacra stanza, dove grazie al pepe, alla canfora, alle prolisse camicie di tela turchina e alle tenebre perpetue, seggiole, poltrone, canapè, tavolini, specchi, vasi, candelabri, pendola e fiori di carta, entrativi per le nozze dei suoi defunti suoceri Zàupa, serbavano ancora la freschezza del 1815. "La porta pazienza, mama, la sia bona" ripeteva l'omino, mellifluo; e brontolò invece alla sposa: "Carèghe! Andèmo". La mansueta creatura e il donnone cominciarono a portar dentro sedie. Alla quinta sedia la vecchia signora sbuffò: "Ma quanti mai xeli, po, sti b...?". "Sedese, mama, se i vien tuti" rispose il figliuolo mansueto, ingoiando con una smorfia l'appellativo ingiurioso e la propria complicità in esso. "Mi digo, sior, che faressi megio a tender al vostro mezà, con tuti quei tosi; che za gnanca in Paradiso per el scalon del Municipio no ghe andè." La vecchia diede le spalle a quelle fastidiose novità della sua casa brontolando "no ghe andè, no ghe andè", si allontanò. Subito la esangue signora Zàupa juniore osò metter fuori la sua voce flebile per osservare a Matìo ch'era presto, ch'erano appena le due e mezzo; il donnone alzò una tendina della finestra, sorrise alla fruttivendola di faccia; e Matìo Zàupa, senza rispondere alla sposa, si mise a trottare per la camera, ripetendo: "Ga d'essere, ga d'essere, ga d'essere", fino a che gli capitò sotto gli occhi miopi una piccola, poco vestita donnetta di porcellana, già difesa contro le sue verecondie iconoclaste dalla vecchia signora Zàupa che le chiamava "stomeghezzi". Matìo si cacciò la donnetta in una delle tasche posteriori dell'abito, dove poi la dimenticò e il donnone ebbe a pescarla l'indomani mattina col più complicato stupore. Alle tre meno cinque minuti un discretissimo tocco di campanello fece trasalire l'onesto consigliere. Presto qua, presto là, caccia la serva ad aprire, mette in fuga la moglie dalla parte opposta, "via, via, via!", s'incammina piano piano in punta di piedi verso l'anticamera, si ferma, torce e china il capo, mette una mano all'orecchio, riconosce i passi e le voci di chi sale la scala, si soffia il naso a precipizio. Entrano due persone dall'aria piuttosto misteriosa, un laico e un prete. Il laico cava l'orologio e dice a Zàupa: "Le pare?". Zàupa risponde tutto sorridente, facendo frettolosi inchini e fregandosi le mani: "Puntualissimi, puntualissimi!" e introduce i visitatori nel salotto sacro. Il prete, figurina smilza dal viso fine, dagli occhi beffardi, era un capoccia occulto del partito, uno dei tre o quattro che, stando nell'ombra, movevano sullo scacchiere con occulte fila i vittoriosi pezzi neri. L'altro, bell'uomo sulla quarantina, dai modi signorili, dall'aria intelligente e benevola, era il cavalier Soldini, lombardo, direttore del giornale clericale. "Dunque?" fece Zàupa. I due si guardarono esitando, sorridendo, interrogandosi tacitamente. "Parli Lei" disse il prete. E spiegò allo Zàupa, poichè l'altro non si arrendeva, che non Tag: carlino signora mano due vecchia prete piano fine posto Argomenti: maggioranza clericale, bestia feroce, ghigno satanico, solenne tuba, untuoso guscio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Consigli per fare dei bei braccialetti Cento, comune medievale Le spiagge più belle e misteriose d'Europa - parte 1 Vacanze a Cattolica all'insegna del teatro internazionale Offerta capodanno a Lisbona
|
||||