La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 75

Testo di pubblico dominio

il laico Regnotto, suora Gregolini, suor Caprini, suor Chincarini e suor Venturini, la negra Coassè, allieva dell'istituto veronese don Mazza, il chierico Locatelli di Bergamo, don Rossignoli di Frascati, don Ohrwalder Trento e suor Corsi di Barletta[1]. [1] I missionari erano stati fatti prigionieri, assieme alle suore parte a Gebel-Nuba e parte a El-Obeid. Il Mahdi aveva ordinato alle sue orde di tormentarli qualora uscissero della loro capanna. L'illustre missionario don Luigi Bonomi, mi narrò che un giorno, il Mahdi, esasperato perchè non abbracciavano la sua religione, in pieno mezzogiorno, alla presenza di tutto l'esercito, li fece scendere in campo minacciandoli di morte. Visto che il terrore non faceva effetto, li lasciò languire quattro lunghi mesi nella loro capanna, quasi ignudi e senza mezzi di sussistenza. Da quel giorno i guerrieri furono lasciati liberi di maltrattare i poveri missionari e si può immaginare in qual modo ne abusassero. Due suore e un laico morirono. La misera che stava per spirare, uccisa dalle febbri e dagli spaventi, era suor Pesavento di Montorio Veronese. Il beduino, vedendo il Mahdi ritto in mezzo alla capanna cogli occhi fissi sulla moribonda, cercò di entrare ma fu respinto dalla guardia baggàra. —Lo aspetterò, diss'egli sedendosi a poca distanza dalla capanna. Mezz'ora trascorse prima che Ahmed uscisse. Era assai preoccupato, ma a quanto pareva, non di umore nero. Il beduino lo seguì fino alla cima di una collina che dominava il campo e arditamente gli si presentò. —Ah! sei tu amico! esclamò Ahmed, con un sorriso ironico. Come sta l'uomo che ti donai? —Molto male. Ahmed, rispose il beduino. Ha la morte nel sangue. Sulle labbra del Profeta spuntò un secondo sorriso ironico non meno beffardo del primo. —È avvelenato forse? chiese con sottile ironia. —Peggio che avvelenato. Ha il corpo zeppo di filari di Medina. —Me ne duole per te, del resto lo sapevo. —Allora devi anche sapere chi lo ridusse in tal modo, disse il beduino acremente. —Che vuoi dire? chiese Ahmed, corrugando le sopraciglia. —Voglio dire che tu conosci la mano colpevole che rovinò il mio uomo. —Tu sei pazzo. Chi vuoi che sia stato? —Un uomo che aveva interesse perchè l'arabo crepasse. —E quest'uomo si chiamerebbe? —Ahmed Mohammed, disse il beduino audacemente. —E tu hai coraggio di dirmelo in faccia? —E perchè dovrei tacere? —Sai che ti trovo ben ardito? —A un beduino è permesso di essere ardito. —Se un altro avesse detto tanto non avrebbe più la sua testa sulle spalle. Vattene! —E il mio uomo? —Che muora. —Tu manchi ai tuoi giuramenti, Ahmed! esclamò il beduino furibondo. —Vattene temerario. —Oh mai! Io voglio che si liberi Abd-el-Kerim dai filari che lo rodono o che… —Olà gridò Ahmed. Impadronitevi di quest'uomo e consegnatelo al carnefice. Già i dervis, tratte le scimitarre, s'avanzavano e già il beduino aveva impugnato le pistole, quando in lontananza scoppiarono formidabili detonazioni e acutissime grida. Ahmed e i dervis udendo quel baccano scesero in fretta la collina. Il Profeta s'era strappata dal fianco la scimitarra e l'impugnava come un vero guerriero che si prepara a scagliarsi nella mischia. —Il nemico!… si urlava da tutte le parti. Il beduino, rimasto solo, approffittò di quell'incidente capitato così a buon punto per salvarlo. Si raccomandò alle proprie gambe e andò a intanarsi in mezzo ad una folta macchia. —Ira di Dio! mormorò egli. Che succede? Girò gli occhi all'intorno: tutto il campo era in movimento. I guerrieri si radunavano in furia disponendosi confusamente in linea di battaglia, cogli scudi in mano e le lance in resta. La cavalleria si ordinava alla meglio empiendo l'aria di urla selvaggie. Si trascinavano i cannoni e le mitragliatrici, si caricavano i moschetti e i remington, si abbattevano le tende e si occupavano le capanne le trincee, i terrapieni, i ridotti di terra. Gli sceicchi galoppavano per ogni dove cercando i propri battaglioni, comandando, strepitando. —Il nemico! il nemico! si vociava dappertutto. —Ira di Dio! ripetè il beduino. Cosa succede? Che sia il colonello
Coetlegan che attacca queste canaglie? Non ci mancherebbe che questo.
Oh!…
L'esclamazione gli fu strappata da un formidabile rullare di noggàra e di darabùke e da un grido immenso che echeggiò in lontananza: —Viva lo scièk Abu-el-Nemr! Le file degli insorti si ruppero come per incanto. Lasciarono i cannoni, le trincee e persino le armi per riversarsi verso il sud ripetendo il grido. —Viva lo scièk Abù-el-Nemr! Fra una grande nuvola di polvere, il beduino scorse una grossa tribù di guerrieri che moveva rapidamente verso il campo colle bandiere del Mahdi spiegate. Respirò rumorosamente, liberamente, come se gli si fosse levato di dosso un gran peso. I creduti nemici erano i guerrieri dello scièk Abù-el-Nèmr che ritornavano dalla guerra. Alla loro testa comminava un bel nero dal nobile portamento, colle braccia e le gambe cariche di anelli di rame, un turbante verde ricamato d'argento, sul capo, e avvolta attorno al corpo una gran farda azzurrina trapunta in oro. Le genti del Mahdi si affolavano attorno a lui urlando sempre con crescente forza: —Salute ad Abù-el-Nèmr! Il cavaliere diresse il bianco destriero verso Ahmed che si era fermato ai piedi della collina circondato dai suoi dervis e dalla sua scorta di Baggàra, saltò a terra e gli baciò la mano. Fra lo scièk e l'inviato di Dio vennero scambiate alcune parole, poi quest'ultimo prese per la mano il primo e lo condusse sulla collina, facendo segno a tutti gli altri di non seguirlo. Essi si arrestarono a pochi passi dalla macchia, in mezzo alla quale tenevasi prudentemente celato il beduino. —Ebbene, Abù-el-Nèmr, disse Ahmed dopo di aver gettato uno sguardo all'ingiro come per assicurarsi che nessuno poteva udirlo. Come andò la spedizione? —I Scilluk che si erano ribellati li abbiamo interamente distrutti, rispose lo sceicco. Trionfiamo su tutta la linea. —Non abbiamo più nemici, adunque, dinanzi a noi? —Non abbiamo più nessuno. La battaglia di Kasghill ci ha aperto la via che mena a Chartum. —Dov'è il colonello Coetlegan? Mi si disse che accampava sulla rive del Bahr-el Abiad. —Appena ebbe sentore della strage di Kasghill si è affrettato a guadagnare Chartum ed ora sta organizzando la difesa di questa città. —Credi che opporranno resistenza gli abitanti di Chartum? —No, anzi ci aiuteranno a massacrare le truppe egiziane. Ho mandato dei dervis in quella città e fanno attiva propaganda. Quasi tutti gli arabi e i sennaresi abbracciano con entusiasmo la nuova religione. —Sicchè fra qualche mese noi potremo rimetterci in marcia. —Anche domani se tu lo volessi; la strada è libera. —E di Osman Digma, ne sai nulla tu? —Si trova sulle rive del mar Rosso, rispose lo sceicco, e tira a sè tutte le tribù beduine che trova sul suo cammino. Tra non molto tenterà un attacco contro Suakim. —È questa città che mi occorre sopratutto. —Perchè? —Per passare il mare e sbarcare alla Mecca —Ah! Tu hai questo progetto! —Sì, lo ho, e ti giuro su Allàh, Abù-el-Nèmr, che io lo compierò: è la missione impostami da Dio. Sarà là che io abbatterò il Sultano dei turchi; sarà là che lancieremo la scintilla destinata a sollevare a ribellione tutti i popoli maomettani; sarà là che noi sfideremo la potente Europa che deride, che perseguita, che cerca di schiacciare, noi, arabi. Coll'aiuto di Allàh e col nostro valore, noi assorbiremo ed Europa, ed Africa e Asia. —Il progetto è bello, superbo. Ma riusciremo noi? —Si riuscirà. Lo sento. Ad un tratto la fronte di Ahmed s'oscurò e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra. Lo sceicco lo guardò con sorpresa. —Che hai, Ahmed? gli chiese. Forse che qualche presentimento ti ha morso il cuore? —No, mormorò il Mahdi. —E allora?… Ahmed lo guardò in silenzio per alcuni istanti, poi gli si

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Argomenti: sorriso ironico,    profondo sospiro,    turbante verde,    veronese don,    mahdi ritto

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