La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 61

Testo di pubblico dominio

sarei sorpreso se gli affidasse qualche buona tribù di guerrieri.
—Ed io, dove potrei vederlo? Cosa potrei fare per raggiungerlo? Oh! io voglio rivederlo, dovessi arrischiare la mia vita mille e mille volte, dovessi passare in mezzo a centomila ribelli. —Sarà difficile che tu possa raggiungerlo. —Anche se Hicks pascià rompesse le orde di Mohammed-Ahmed e s'impadronisse di El-Obeid? Un sorriso ironico apparve sulle labbra del ribelle. —Non illuderti, diss'egli. Non si vince l'inviato di Allàh. Ad un suo cenno i vostri cannoni invece di vomitare fuoco e bombe vomiteranno acqua. —Ma non sai che siamo in undicimila e armati sino ai denti? —Sicuro che lo so. —Faremo di voi tutti un massacro. —E che importa a noi il morire? Mohammed-Ahmed ci aprirà le porte del paradiso e tutti si batteranno come leoni per guadagnare questo premio. Lo vedrai, Ahmed disperderà il tuo esercito come il simoum disperde le sabbie, poi conquisterà l'Egitto sgozzando egiziani, turchi e cristiani, passerà alla Mecca a rovesciare dal trono il Sultano dei turchi, conquisterà l'India e diverrà il padrone del mondo per farvi regnare la sua fede. —Ti lascio nelle tue credenze. Ma non potrei in qualche modo raggiungere Abd-el-Kerim? Se passassi sotto la bandiera del Mahdi? —Sei una donna e non si saprebbe cosa fare di te. —Valgo più di un uomo. Sono una jena. —Si potrebbe tentare. —Quando? —Questa istessa notte, disse Tepele. Domani forse sarebbe troppo tardi. —Mettiamoci in cammino allora. —Andiamo adagio Tu mi aspetterai qui. A un miglio da queste colline accampano i miei compagni; io andrò a chiedere a loro se ti accettano sotto la loro bandiera. —Sta bene, ti aspetterò disse Elenka. Tepele gettò una nuova bracciata di legne secche sulle due pietre che formavano il focolare, prese la sua lancia e uscì. Non erano ancora trascorsi due secondi che al di fuori s'udiva una detonazione accompagnata da un grido straziante. Elenka si precipitò verso la porta, ma retrocesse quasi subito fino all'estremità della capanna coi capelli irti sul capo. Il sangue le si gelò nelle vene; impallidì spaventosamente. Dinanzi a lei, sul limitare della capanna, era improvvisamente apparsa l'almea Fathma con due pistole in pugno. La greca gettò un urlo. —Fathma!… Fathma!… balbettò poi con un filo di voce. L'almea col volto animato da una collera senza limiti e un crudele sorriso sulle labbra, le si avvicinò togliendola freddamente di mira colle pistole. —Elenka! diss'ella con accento grave e cupo. Mi riconosci tu? La greca, smarrita, senza forze, non rispose. Ella guardava fissamente la rivale, chiedendosi se era in preda ad uno spaventevole sogno. Un pallore cadaverico era diffuso sul suo volto orribilmente alterato. —Mi riconosci tu, o mia odiata rivale? ripetè Fathma dopo qualche minuto di silenzio. Ah! Tu sei sorpresa di vedermi qui, in questa capanna? Tu mi credevi nelle mani di tuo fratello, laggiù, a Chartum non è vero? Elenka, sai che vengo a fare io qui? La greca per un istante annichilita dallo spavento, ritrovò ben presto tutto il suo coraggio e la sua straordinaria energia. Ella si rizzò superbamente dinanzi all'almea, coi denti stretti, gli occhi animati dall'ira e additandole la porta: —Esci, spregevole almea! le disse Fathma ruppe in uno scroscio di risa —Elenka, sai tu, cosa vengo a fare qui? —Non m'importa di saperlo. —Te lo dirò lo stesso. Io, Fathma, la Favorita del Mahdi, che tu tradisti e sferzasti nelle foreste del Bahr-el-Abiad, vengo a chiedere la tua vita!…. Ho sete del tuo sangue, sai, ma una terribile sete, nè uscirò di qui senza essermi dissetata. Sono due mesi che io anelo l'istante di trovarmi di fronte a te, sono due mesi che cerco la mia rivale, che mi rapì Abd-el-Kerim! Ora ti ho incontrata e non mi sfuggirai mai più! —Ah! tu vuoi assassinarmi, adunque? Sta in guardia, perchè se mi ammazzi, col medesimo colpo ammazzi Abd-el-Kerim. —Ho udito tutto e so tutto, Elenka; non riescirai no con degli inganni ad arrestare la morte che pende sul tuo capo. So dove trovasi Abd-el-Kerim, perchè udii ciò che ti narrò Tepele. Se conti poi sul ribelle, t'inganni; Omar l'ha ucciso. Un tremito agitò le membra della greca. Comprese ormai che era irremissibilmente perduta ed ebbe paura. —Fathma, diss'ella dopo alcuni istanti di esitanza. Se io partissi subito per Chartum, se io ti abbandonassi per sempre Abd-el-Kerim, mi lasceresti libera? —No! —Se io ti chiedessi perdono di quello che ti feci e se io, la nobil greca, mi inginocchiassi dinanzi all'almea? —No, rispose l'implacabile araba. Bisogna che una di noi muoia. Guarda, potrei assassinarti scaricandoti addosso queste pistole e gettarti di poi in un burrone a pasto delle iene e degli sciacalli, ma non sono io, l'almea Fathma, vigliacca a tal segno. Ti propongo un duello coll'jatagan, ma un duello a morte, mi capisci? Se ti rifiuti chiamo Omar e ti faccio saltare le cervella! Un lampo di feroce gioia guizzò nei neri occhi di Elenka. —Ah! tu sei generosa adunque! esclamò ella con ironia. —Sì, generosa come un'araba, generosa come il leone del deserto. —Accetto il duello che mi proponi. Quando ci batteremo? —Subito; la notte è abbastanza chiara per colpirci al cuore. —Vieni adunque, ma ti pentirai di essere stata troppo generosa con me. Io non ti risparmierò. Fathma si strinse le spalla. Rimise le pistole nella cintura, prese i remington della rivale onde non le saltasse il ticchio di servirsene e uscì dicendo: —Seguimi? —Sei sola? chiese Elenka arrestandosi. —Ho meco Omar che ti darà il suo jatagan. —Se io avessi la fortuna di ucciderti mi lascierà libera egli? —Non ti toccherà, te lo prometto. —Quand'è così, sono con te. Le due rivali uscirono. La notte era chiarissima; la luna brillava in un cielo senza nubi rischiarando come in pieno giorno le dirupato colline e la sottostante pianura. Un leggier venticello fresco fresco spirava, facendo stormire lievemente le cime dei cespugli. Omar andò incontro a Fathma. —Dà il tuo jatagan a quella donna, disse l'almea. —Per che farne? chiese il negro con ansietà. —Ci battiamo. —Non farlo padrona. Diffida da quella donna che è più vile d'una iena. —Lascia fare a me. Odimi ora: qualunque cosa accada, tu non prenderai parte al combattimento. Se io cado lascierai andare la mia rivale senza torcerle un sol capello. Io, la fidanzata del tuo padrone lo voglio! Omar la guardò con occhi supplichevoli. —Padrona! balbettò egli. —Lo voglio! ripetè l'almea quasi con ira. —Sia fatta la tua volontà. Trasse l'jatagan e lo porse a Elenka che ne provò il filo e la punta. —In guardia disse l'almea con tono glaciale. Fra dieci minuti bisogna che tutto sia terminato. Elenka alzò il gonnellino per essere più libera e andò a mettersi a venti passi dal burrone volgendogli le spalle. Fathma le si mise di fronte, raccolta su sè stessa come una tigre, colla punta dell'arma diretta al seno della rivale. —Fathma, disse la greca. Una di noi due morrà, e probabilmente sarai tu quella che non vedrai il sole di questa mane. Vuoi dirmi che è successo di mio fratello Notis? —L'ho ucciso. —Ah! miserabile! urlò la greca furibonda. In guardia! In guardia che io t'ammazzo. Le due rivali si scagliarono a testa bassa l'una contro l'altra e il duello cominciò. Era qualche cosa di strano, di fantastico, di terribile, il vedere quelle due donne assetate di vendetta, cieche pel furore, illuminate dai pallidi raggi lunari, avanzare con salti da felino, stringersi vicendevolmente e cercare tutte la astuzie, tutti i mezzi possibili per iscannarsi. Parevano proprio due tigri che volessero divorarsi. I ferri si cozzavano rumorosamente mandando scintille, fischiavano nell'aria, si abbassavano e si alzavano con rapidità fulminea e si torcevano al punto da temere che si spezzassero tanto erano impugnati fortemente da quelle due donne che parevano deliranti. Cinque minuti

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Argomenti: venti passi,    sorriso ironico,    crudele sorriso,    pallore cadaverico,    vita mille

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