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La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 50provviste e con parecchie otri piene di fresca acqua, appese ai fianchi. I tre viaggiatori balzarono in arcione. —Abù-el-Nèmr, disse Fathma, con voce commossa stendendo la mano allo scièk. Non mi scorderò mai di quello che tu hai fatto per me. —Fathma, rispose gravemente lo scièk senza di te io sarei a quest'ora probabilmente morto. Serberò a te eterna riconoscenza e se mai un giorno tu avessi bisogno di un uomo per proteggerti pensa ad Abù-el-Nèmr. Va ora, e che Allàh ti salvi. Baciò un'ultima volta la mano all'almea e chiuse gli occhi sospirando. I tre cavalieri subito dopo lasciavano gl'insorti galoppando verso l'occidente. CAPITOLO X.—La pianura dei Leoni. Calava la notte quando i tre cavalieri lasciavano gli ultimi alberi della foresta del Bahr-el-Abiad inoltrandosi arditamente nel deserto. La luna, che alzavasi allora allora, rossa come un disco incandescente, illuminava vagamente quelle sterminate pianure del Kordofan, aride, sabbiose calcinate dagli ardente raggi del sole equatoriale. La vista che esse presentavano in quell'ora non poteva essere più sinistra, più bizzarra, più desolante. Colline di sabbia formate dallo spirar furioso del simoum, si succedevano le une alle altre, in mille differenti guise, fino agli estremi limiti dell'orizzonte. Era molto se si scorgeva qualche palmizio intristito, ingiallito, morente di sete; era molto se vedevasi qualche gruppetto di cespugli uscire fra le sabbie accumulate. Non un tugul non un zeribak, nemmeno il più piccolo recinto che indicasse la dimora di qualche essere umano. Lunghe file di ossa biancheggiavano lugubremente su quei polverosi terreni; ossa di cammelli, ossa di buoi e di cavalli ma non di rado anche ossa umane che torme di schifose jene e di sciacalli rosicchiavano avidamente manifestando la loro soddisfazione o la loro delusione con atroci scrosci di risa e con urla lamentevoli che si ripercuotevano di collina in collina. Il guerriero di Abù-el Nèmr, dopo aver esaminato attentamente la pianura e di aver dato uno sguardo alla stella del nord per non smarrire la via, spronò il cavallo dirigendosi verso l'occidente. Fathma e Omar, dopo aver calato il cappuccio del taub sugli occhi per difendersi dalle sabbie e di aver collocato il fucile dinanzi alla sella, si misero dietro alla guida nel più profondo silenzio. Faceva un caldo veramente terribile, quantunque la notte fosse di già assai inoltrata. Nessun soffio di vento spirava al disopra di quelle sconfinate e deserte pianure arse e riarse dal sole. Talvolta pareva che uscissero dal suolo vampe di fuoco. I cavalli, uniti, a capo basso, grondanti di sudore, avanzavano con grande fatica e alzavano nubi di polvere impalpabile che penetrava negli occhi per quanto ben chiusi fossero, che penetrava nel naso nella bocca e nei polmoni rendendo la respirazione difficile e penosa. I cavalieri, presi da violenti colpi di tosse, ogni qual tratto erano costretti ad accostare alle labbra la fiaschetta dell'acqua, per inumidire la gola secca, arsa. Per dieci ore marciarono senza interruzione, scendendo e salendo le colline, facendo spesso fuoco contro le bande di jene che rese audaci dal numero si avvicinavano minacciosamente con risa sgangherate, poi fecero alto. L'orizzonte allora s'infiammava e il sole alzavasi rapido rapido inondando la pianura di luce e di fuoco; sfidare quel calore sarebbe stata follìa. La tenda che portava il guerriero fu rizzata e ognuno si affrettò a ripararvisi sotto aspettando con impazienza la notte per ripigliare la faticosa marcia. Appena infatti il sole sparve all'occidente si rimisero in sella mantenendo una via rigorosamente diritta a El-Obeid, guidandosi sempre colla stella nord che per gli arabi vale quanto la bussola e forse meglio. Così, per sette lunghe notti galopparono attraverso a quelle immense pianure, evitando con gran cura le borgate per non incorrere in imbarazzi, quantunque un ribelle li guidasse. All'ottavo giorno essi fecero alto a una trentina di miglia dal villaggio di Rakai, in una pianura cosparsa di monticelli pietrosi e di piccole oasi ricche di palmizi e di acacie gommifere. Erano le sei di sera. La tenda era stata di già rizzata e si preparavano a cuocere alcuni grani di durah, gli ultimi che possedevano, quando Omar si accorse che le otri non contenevano nemmeno una goccia d'acqua. Questa scoperta, trovandosi in mezzo a quel deserto, lo sgomentò. —Dove possiamo trovarne? chiese egli al guerriero che fumava beatamente sul limitare della tenda. —L'ignoro, ma in qualche luogo la troveremo rispose l'interpellato. Il paese che attraverseremo domani manca totalmente di pozzi. —Ti ricordi di aver visto qualche fonte, questa notte? —No, ma adesso che ci penso, quattro o cinque miglia verso il sud deve trovarsi un pozzo, quello di Gelba, mi pare. —Bisogna andarci, disse Fathma. Tanto noi che i cavalli siamo morenti di sete. Hai paura tu a recarti a quel pozzo? —È ancora giorno e le bestie feroci sono rifugiate nelle loro tane; non posso incontrare che dei ribelli e questi non faranno male alcuno ad un loro fratello d'armi, rispose il guerriero. Fra due ore sarò di ritorno. Fe' alzare il suo cavallo dilombato da tante corse, vi appese ai fianchi una dozzina di otri, salì in sella e dopo di aver cangiata la polvere al suo moschettone partì alla carriera. Dieci minuti dopo scompariva dietro le colline di sabbia. Era trascorsa appena un'ora quando una rumorosa detonazione d'arma da fuoco fece saltare in piedi Omar e Fathma. In sulle prime credettero che fosse stato il guerriero che avesse tirato su qualche capo di selvaggina, ma alcune grida lontano e un rumore sordo sordo come di parecchi cavalli lanciati alla carriera e che andava rapidamente avvicinandosi, fecero a loro supporre che fosse invece accaduta qualche disgrazia. —Resta qui e prepara i cavalli, disse Omar pigliando il fucile. Io vado a vedere cosa è successo. Si diresse verso la collina più vicina che alzavasi una sessantina di metri sul suolo e la scalò. La scena che vide dall'alto della vetta gli agghiacciò il sangue nelle vene. A soli ottocento passi di distanza trottava furiosamente il cavallo Abù-Rof, trascinandosi dietro il guerriero insanguinato, un piede del quale era rimasto impigliato nella staffa. A mille passi e forse meno, galoppavano venti cavalieri colle lancie in aria e urlando come ossessi. Il negro non volle saperne di più. Scese a precipizio la collina e corse verso la tenda giungendovi nel momento in cui Fathma terminava di bardare i cavalli. —I ribelli! esclamò egli. A cavallo, padrona, presto che fra poco ci saranno alle spalle!… —Come? E il guerriero? chiese l'almea arrestandolo violentemente. —L'hanno ammazzato. A cavallo! a cavallo! Le grida andavano avvicinandosi sempre più. Omar e Fathma, senza aggiungere parola balzarono in arcione spronando furiosamente i cavalli. Avevano appena percorso cinquecento passi che la banda nemica compariva. Vedendo i due fuggiaschi lasciarono il cavallo del guerriero per dare la caccia a loro. —Dove andiamo? chiese Fathma, senza volgersi indietro. —Dritti a quella gola che vedi laggiù, rispose Omar. Sferza o siamo perduti. La pianura fu attraversata alla carriera coi ribelli alle calcagna che percuotevano colle aste delle lancie gli affranti loro corsieri. I due fuggiaschi stavano per cacciarsi nella gola designata che metteva capo ad una foresta, quando una banda di quindici negri armati di fucili, sbarrò la via. —Maledizione! esclamò Fathma, rattenendo violentemente il corsiero. —Siamo perduti! urlò Omar, strappando la carabina e armandola. —Olà! gridò in quella uno dei negri, fatevi da un lato che malmeneremo noi quei cani di ribelli. Su i fucili! Fuoco! Una scarica formidabile seguì il comando. Cinque ribelli vuotarono sconciamente l'arcione insanguinando le sabbie. Gli altri, dopo di aver un momento esitato volsero le briglie dandosi a precipitosa fuga fra una densa nube di polvere. —Là, così Tag: guerriero aver cavallo dopo pianura fuoco notte tenda collina Argomenti: due ore, cinquecento passi, grande fatica, dieci ore, mille passi Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La trovatella di Milano di Carolina Invernizio Libro proibito di Antonio Ghislanzoni Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare il profumo in casa Offerte Capodanno Monaco di Baviera Alla scoperta della città imperiale di Marrakech Cosa bisogna sapere sul gattino di razza Venezia: alcune tradizioni e misteri leggendari
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