La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 32

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giungeva vide dalla parte opposta uscire una bianca figura e fuggire a rompicollo giù per l'erta. La riconobbe subito. —Aiuto! esclamò egli. Fathtma mi fugge! Lo sceicco e sei o sette beduini accorsero a lui, mentre gli altri finivano a colpi di jatagan gli egiziani. —Fermati, Fathma, intimò il greco rabbiosamente. L'almea non volse nemmeno il capo indietro e raddoppiò la corsa andando or qua e or là come fosse smarrita o cieca. Il greco in pochi salti le fu vicino. —Ira di Dio, fermati Fathma! rantolò egli. L'almea si volse, fece un rapido movimento con una mano, traballò come percossa da una folgore, gettò uno straziante singulto e cadde di peso fra le erbe. Il greco le si precipitò sopra, ma indietreggiò vivamente cogli occhi fuor dall'orbite, la faccia sconvolta, le mani nei capelli. —Dio!… Dio!… urlò egli. È morta!… L'almea s'era trafitta il cuore con un colpo di pugnale! FINE DELLA PARTE PRIMA PARTE SECONDA L'Insurrezione del Sudan CAPITOLO I.—Omar La mattina del 2 Ottobre 1883, vale a dire venti giorni dopo gli avvenimenti precedentemente narrati, una darnas scendeva a vele spiegate la maestosa corrente del Bahr-el-Abiad in quel tratto che è compreso fra Mahawir al sud e Quetêna al nord. Questa darnas era una delle più grandi e delle più magnifiche barche che solcassero il Nilo, lungo oltre venti metri e larga otto, piatta, con due alberi, l'uno a prua e l'altro al centro, fatti di più pezzi e riuniti con rilegature di pelle di bue cucita fresca, sostenenti due vele latine altissime che si manovravano con un congegno primitivo di corde. Costrutta tutta in durissimo sund dell'alto Nilo, tagliato in grossissime tavole, ricongiunte, anziché come tutte le barche in linea perpendicolare, in linea orizzontale, aveva la prua scolpita rozzamente a guisa di coccodrillo, un timone di dimensioni veramente gigantesche colla ribolla pure foggiata a coccodrillo e a poppa una grande e solida tettoia, una specie di rekuba, sulla quale salivasi con scale laterali. Sul ponte gironzava una quindicina di barcaiuoli sennaresi, unti di fresco con burro o con grasso, quasi interamente nudi, alcuni affaccendati a tirar le corde, altri a far bollire il caffè sul cassone di legno che serve di fornello e altri ancora a disporre in buon ordine gli attrezzi di bordo. A prua, seduti sulle murate, colle gambe penzolanti lungo il bordo, fumavano due uomini accuratamente ammantellati in candidi taub infioccati. Il primo di essi era un bel negro di mezzana statura, con muscoli sviluppatissimi che indicavano in lui una forza non comune, e una faccia maschia energica, con fronte alta, occhi nerissimi e grandi, naso dritto e profilato come i nubiani, una capigliatura nera e ondata anzichè crespa e la tinta della pelle cupa ma con riflessi rossigni. Il secondo invece era alto, scarno, di colorito bruno occhi grandi ma stupidi, lineamenti insignificanti colle labbra, le palpebre e le sopracciglie tinte d'azzurro, le unghie delle mani tinte di zafferano e la pelle unta di grasso di cammello mescolato a zibetto che tramandava un profumo fortissimo. Fumavano da un bel pezzo in silenzio, cogli occhi fissi sulle acque in mezzo alle quali nuotavano furiosamente enormi coccodrilli sollevando colle possenti loro code delle vere ondate, quando il bel negro chiese al compagno: —Quanto ci manca ad arrivare a Quetèna? —Una dozzina di miglia, Omar, rispose l'interrogato, nella cui pronuncia si capiva il sennarese. Ci arresteremo in quella cittadella? —Puoi immaginartelo, Dàud. Visiteremo tutti i villaggi delle rive del
Bahr-el-Abiad fino a Chartum.
—Speri di trovarla? —Sempre, anzi più oggi che ieri. L'una e l'altro, te lo giuro, li scoprirò. —È adunque molto bella questa donna che ha tanti amanti? —Tanto bella da mettere il fuoco nelle vene del Profeta se potesse vederla per cinque soli minuti. —E si chiama? —Fathma. —Bel nome! esclamò Dàud, E chi fu a portarla via? —Dhafar pascià l'aveva fatta arrestare malgrado le proteste del mio padrone Abd-el-Kerim e del capitano Hassarn, ordinando che fosse condotta a Chartum sotto buona scorta, ma io dubito che vi sia giunta. Temo che Notis siasi slanciato sulle sue traccie e che l'abbia presa dopo di aver macellato gli egiziani che l'accompagnavano. —Chi è questo Notis? —Un greco che amava alla follìa Fathma e la sorella che amava invece alla follìa il mio padrone. —Sicchè questo Notis e il tuo padrone erano rivali. —Sicuro, e rivali accaniti. —E la sorella del greco dove trovasi? —Segue l'armata di Dhafar pascià, rispose Omar colla speranza che
Abd-el-Kerim dimentichi Fathma e finisca coll'amare lei.
—E il tuo padrone invece?… —La esecra, la odia, la disprezza. Non respira che per la sua Fathma. —E tu adunque, Omar, vuoi trovare questa donna? —Sì, bisogna che la trovi. Quando disertai giurai ad Abd-el-Kerim di ricondurla a Chartum sana e salva, corrompendo la scorta. —Io sono sorpreso come non abbia disertato anche il tuo padrone. —È custodito più rigorosamente di un prigioniero di guerra. Sei volte cercò di darsi alla fuga non fosse altro per non vedersi più innanzi la sorella del greco, ma fu sempre ripreso. La maledetta donna veglia dì e notte attentamente. —Se questa donna è così terribile doveva torcerle il collo. —Se fosse stato libero forse l'avrebbe uccisa, tanto egli la odia. Omar si tacque e si mise a guardare le ubertose rive del Bahr-el-Abiad coperte di magnifiche camerope a ventaglio (camerope umilis) coronate alla sommità da magnifici ciuffi di trenta o quaranta foglie nel mezzo delle quali apparivano bellissimi fiori disposti a pennacchio e da foreste di sannut e di bauinie, popolate da moltitudini di scimmie-leoni e di scimmie rubra che facevano un baccano del diavolo. Dàud stette alcuni minuti al suo fianco, guardando invece i banchi di sabbia sui quali sonnecchiavano bande di mostruosi coccodrilli, finì di fumare il suo scibouk e poi si diresse a poppa, prendendo la ribolla del timone. Era già un'ora che la gran barca navigava lentamente, quando apparvero a un miglio di distanza sulla riva destra, un gruppo di tugul e di casuccie di mattoni cotti al sole, dominato da un minareto che slanciavasi sottile e ardito verso il cielo. —Ecco Quetêna, disse Dàud avvicinandosi a Omar. —Governa dritto a quel piccolo seno che vedi laggiù, rispose il negro. —E perchè non approdiamo dinanzi al villaggio? —Non voglio che mi vedano sbarcare. Se il greco si trova a Quetêna potrebbe venire informato del mio arrivo e prendere il largo. —Hai ragione, Omar, Olà! drizzate la prua a quel seno, gridò Dàud. La barca s'accostò alla riva destra passando fra numerosi bassifondi semi nascosti da piante di loto galleggianti, e andò a gettar l'ancora nel luogo designato, in una insenatura contornata da grandi tamarindi che si curvavano graziosamente sulle acque. —Odimi bene, Dàud, disse Omar, passandosi fra le pieghe della fascia un paio di pistole e un jatagan. Tu rimarrai qui colla tua barca, nè ti muoverai senza mio ordine. Passeranno due, tre, quattro o forse più giorni senza che io mi faccia vedere, ma non dartene pensiero, Servimi bene e io pagherò da principe te e i tuoi battellieri. —Sono due anni che noi ci conosciamo e ciò basta. Mi offrissero mille talleri per noleggiare il mio naviglio, rifiuterò sempre. Se tu, poi avrai bisogno d'aiuti, vieni da me e metterò a tua disposizione i miei uomini e la mia scimitarra. —Grazie, Dàud, disse il negro, commosso. Abd-el-Kerim ti sarà riconoscente. Fece gettare una tavola fra la barca e la riva e discese a terra, tirandosi sugli occhi il cappuccio Dato uno sguardo al paese circostante che appariva deserto prese un sentiero che costeggiava il fiume, ombreggiato da una parte d'alti alberi e dall'altra d'alte canne e si diresse a rapidi passi verso Quetêna. Man mano che si avanzava, il paese cangiava aspetto e si popolava come per incanto. Alle foreste si

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Argomenti: piccolo seno,    bel negro,    rapido movimento,    paese circostante,    congegno primitivo

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