La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 69

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è mai avvenuto nel tuo animo? —È entrata una speranza. —Quale? —Che la donna che io amai e che credo perduta sia viva come la tua. Lo sguardo acceso del Mahdi si annebbiò diventando malinconico, quasi tenero. —Sai che tu mi piaci? gli disse, posandogli le mani sulle spalle. —Io! —Sì, tu mi piaci e vorrei vederti ufficiale nel mio esercito. Disgraziatamente mi hai ucciso un potente scièk e bisogna che io lo vendichi. —Sicchè anch'io morrò? —No, io ti darò il mezzo di salvarti. Abd-el-Kerim si gettò ai piedi di Ahmed mandando un grido di gioia. —Odimi, disse Ahmed, rialzandolo. I miei guerrieri hanno la barbara abitudine di far sventrare i prigionieri condannati a morte, dai bufali o dai leoni. È bensì vero che armano il condannato d'una scimitarra, ma, come puoi immaginarti, difficilmente scampano alla morte. Se però ammazzano l'animale sono proclamati guerrieri e quindi posti in libertà. —E così combatterò contro i bufali? —No ti metterò di fronte un leone al quale avrò dato prima una bevanda che lo priverà della sua forza, che lo ubbriacherà. Ti sarà facile ucciderlo con un colpo di scimitarra. —Ah! grazie! Ahmed! —Come vedi, io ti salvo dalla morte, ma bisogna che tu diventi mio seguace, che mi adori e rispetti come adoravi e rispettavi Mohammed il primo profeta. —Farò tutto quello che vorrai. E i mei compagni li salverai? —È impossibile. Non ardirei tentarlo. Va, ora, ritorna fra i prigionieri e arrivederci a domani alla zeribak. Battè le mani: due guerrieri entrarono inginocchiandosi dinanzi a lui. —Conducete quest'uomo nella capanna dei prigionieri, disse a loro il Mahdi. Badate che se qualcuno lo tocca, lo insulta o lo percuote è uomo morto. Un istante dopo Abd-el-Kerim e i guerrieri uscivano dal tugul di Mohammed ed entravano in quello dei prigionieri, sotto il quale, distesi per terra, strettamente legati, tremanti di spavento e d'angoscia stavano i tre egiziani. Vedendo Abd-el-Kerim, uno di essi, il meno maltrattato, si alzò penosamente sulle ginocchia interrogandolo con uno sguardo lagrimoso. —Siamo perduti, rispose l'arabo. —Non c'è più speranza adunque? balbettò l'egiziano. —Nessuna. —È una iena adunque questo Mahdi? —Taci, se vuoi vivere fino a domani. L'egiziano emise un sordo gemito e ricadde col volto nascosto fra le mani. CAPITOLO III.—Il supplizio dei prigionieri. All'indomani i dintorni della grande zeribak formicolavano di guerrieri accorsi da tutto le parti del campo. Alcuni si arrampicavano sulle spalle dei compagni più alti, altri sulle gobbe dei cammelli o sui dorsi dei cavalli, degli asini, dei buoi, che sparivano totalmente sotto la folla, e altri ancora sugli alberi che ombreggiavan il recinto, accomodandosi alla meglio fra i rami. S'udiva per ogni dove un gridìo, un rullare di tamburi e di tamburoni, uno squillare di trombe e un salmodiare dei versetti dell'Alcorano, fragori che spesso venivano coperti da urla disperate. Zuffe accanite succedevano qua e là in mezzo alla folla, che finivano con una coltellata o con una sciabolata, e dai rami capitombolavano uomini che venivano gettati giù dai forti, senza badare se si rompevano la testa o si fiaccavano il collo. Tutti volevano passare innanzi, tutti volevano guadagnare le palizzate della zeribak nel cui interno dovevano venire giustiziati i prigionieri egiziani. Soli due uomini non partecipavano a quella forte curiosità e si tenevano in disparte, seduti tranquillamente sulla cima di una collinetta sabbiosa, chiaccherando colla maggior calma del mondo, senza quasi degnarsi di volgere uno sguardo al recinto. Uno era un uomo di alta statura vestito da beduino, col coftan calato sul volto in modo da non vedere che una barba nera e ispida. L'altro era uno scièk negro, tozzo, robusto, dal volto feroce, senza barba, con due occhi grandi e brillanti, naso assai schiacciato e labbra sporgenti. Portava un gran turbante sul capo, una rahâd (cintura) riboccante d'armi alle reni e ornata di spessi cordoncini, un paio di larghi calzoni alla turca e alle braccia numerose anella d'avorio e file di châraz (perline di vetro). —Dunque tu mi raccontavi? diceva lo scièk. —Che egli è qui, rispose il beduino con accento straniero. —Sei proprio sicuro? —Sicurissimo, El-Mactud. —Quando l'hai veduto? —La decorsa notte passando dinanzi ad un tugul guardato da venticinque guerrieri. Al chiarore dei fuochi lo vidi sdraiato a terra col volto fra le mani. —Puoi esserti ingannato, disse lo scièk. —Ma no, non mi sono ingannato, te l'assicuro. Lo conosco troppo bene. —Ma non militava sotto Hicks pascià? —Quando lo lasciai era con Dhafar pascià, non posso quindi sapere se egli abbia raggiunto il generale inglese. —A ogni modo non so capacitarmi come abbia abbandonata la sua bandiera per passare sotto quella di Ahmed. —Ti narrai che egli amava una donna e che questa gli fu rapita. —Ebbene? —Forse spera di ritrovarla qui. —Quale grado occupa? chiese lo scièk. —L'ignoro come te. Sulla soglia della sua capanna ho veduto venticinque guerrieri, e so che ieri sera ebbe un colloquio con Ahmed Mohammed, poichè lo videro uscire dal tugul. —Bisogna sapere qual grado gli fu conferito e se è amico di Ahmed. —Lo sapremo, e per quanto potente egli qui sia, lo annienterò, lo farò cadere nella polvere! Basta che pronunci il nome della donna, che egli amò perchè Ahmed lo condanni a morte. —Ma che cosa ti fece che lo odii tanto? —Disonorò mia sorella e poi l'uccise, disse il beduino cercando di dare alla sua voce un tono cupo. —Allora bisogna vendicarsi. —Mi vendicherò. —Fa come noi baggàra Salem che ci atteniamo alla legge del taglione insegnataci dalla Bibbia, dal Minu e dal Corano. Aèn be aèn (occhio per occhio); uèden be uèden (orecchio per orecchio); ed-dân b'ed dân (sangue per sangue). —Aspetta che io lo abbia in mano e poi ne vedrai di belle. —Così va bene, io sarò sempre pronto ad aiutarti. —Zitto, ecco Ahmed Mohammed, disse il beduino alzandosi. In lontananza, appariva Ahmed, col turbante verde dei discendenti del profeta ed in completo assetto da guerra. Montava un superbo cavallo bianco condotto a mano da due dervis e dietro a lui caracollavano gli scièk di tutte le tribù ed una banda di Abù-Rof colle scimitarre sguainate e gli stendardi spiegati. Quando fu vicino alla zeribak un gran grido emesso da duecentomila persone echeggiò: —Viva Ahmed Mohammed! Salute all'inviato di Dio! Ahmed con un cenno della mano fece tacere tutti quei clamori. Scese d'arcione, s'inginocchiò a terra, borbottò alcune preghiere, poi andò a sedersi su di un palco che dominava la zeribak. Gli sceicchi e i dervis più rinomati presero posto dietro a lui. —Dove sono i prigionieri? chiese il beduino allo sceicco. —Eccoli là, circondati da una compagnia di baggàra. —Non ne abbiamo molti da assassinare. Non ne vedo che quattro. —Ma in mezzo ad essi vedo anche un ufficiale. —Un ufficiale!… Ira di Dio! chi può essere mai? —Qualche ufficiale preso a Kasghill. —Eh!… esclamò d'improvviso il beduino saltando indietro. Non è possibile!… Io m'inganno!… —Che hai? —Quell'ufficiale che è fra i prigionieri… Ira di Dio! È lui!… —Ma chi? —Abd-el-Kerim? —È impossibile. —Te lo dico io; È proprio lui! —Ma se hai veduto questa notte una guardia di onore dinanzi al suo tugul. —Mi sono ingannato. Erano guerrieri che vegliavano perchè non fuggisse. Vieni El-Mactud: la vendetta di Ahmed Mohammed ha preceduta la mia. Il beduino e lo scièk si precipitarono giù dalla collina, raggiunsero la folla che stringevasi attorno alla zeribak e facendosi largo a furia di gomiti, si confusero nel mezzo. Proprio in quel momento Abd-el-Kerim e i tre egiziani venivano condotti in una loggia circondata da guerrieri armati fino ai denti. Il primo era calmo, sorridente, noncurante, gli altri invece penavano a stare in piedi; erano pallidi, disfatti, in preda ad un

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Argomenti: turbante verde,    sordo gemito,    cavallo bianco,    forte curiosità,    completo assetto

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