La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 70

Testo di pubblico dominio

terrore indescrivibile. La loro comparsa fu accolta dalle diciotto tribù con urla selvaggie, con maledizioni, con insulti, con un agitar minaccioso di braccia; più di un'arma fu diretta contro di essi e più di un fucile li tolse di mira. Però, ad una parola di Ahmed Mohammed, il silenzio tornò a farsi e le armi vennero abbassate. S'udì un fragoroso rullar di noggàra e di darabùke. e un bufalo fu fatto entrare nella zeribak fra frenetici battimani. Era un bell'animale, d'alta taglia, tigrato, colle corna lunghe e aguzze. Appena entrato e liberato dai legami, si mise a saltellare all'impazzata pel recinto, mugghiando furiosamente e cozzando contro le palizzate. Faceva paura a vederlo colla bocca piena di bava e quegli occhi grandi, accesi, che roteavano in un cerchio sanguigno; si capiva che prima di farlo entrare, i baggàra lo avevano irritato, lo avevano reso furioso. Un egiziano fu incitato a discender nell'arena dopo di averlo armato di una scimitarra, ma il disgraziato, ebbro di paura, non ardì muoversi e si mise a strillare come se lo uccidessero. Quattro guerrieri però lo afferrarono, lo sollevarono e lo scaraventarono nel recinto. —Kuâies! Kuâies-ktir! (bello! bello assai!) urlarono gli spettatori. Il povero uomo, quantunque stordito dal capitombolo fatto, si rialzò gettando attorno gli sguardi smarriti, supplicando a mani giunte gli astanti di salvargli la vita. I negri gli risero in faccia, gli sputarono addosso e aizzando il bufalo con spaventevoli vociferazioni e con sassi. —A morte a morte l'infedele! urlavano gli uni. —Prendi la scimitarra, vigliacco! urlarono gli altri. Il bufalo aveva subito scorto la vittima. Emise un muggito da far agghiacciare il sangue, si battè i fianchi colla coda, abbassò la testa e si precipitò innanzi colla rapidità del lampo. Tutti credettero di vedere l'egiziano sventrato, ma ciò non accadde. Vistoselo capitare addosso il disgraziato prigioniero si era messo a correre disperatamente attorno al recinto cercando, ma invano, di arrampicarsi sulle palizzate. Per dieci minuti riuscì a tenersi lontano dal terribile animale che sollevava nubi di polvere galoppando furiosamente per tutti i versi, poi si arrestò cercando di tenergli testa. Uomo e animale si scontrarono in mezzo al recinto. L'egiziano che aveva raccolto la scimitarra, tirò un colpo alla cieca che cadde nel vuoto. Non ebbe il tempo di rialzare l'arma; l'animale furibondo, sprofondò le aguzze sue corna nel petto di lui, poi, sollevatolo non ostante gli spaventevoli contorcimenti, lo sbattè furiosamente contro la palizzata. La vittima orribilmente schiacciata, precipitò inerte al suolo insanguinando le sabbie. —Kuâie! Kuâies-ktir! strepitarono i guerrieri. Il bufalo fu tosto preso al laccio dai baggàra che si tenevano a cavalcioni della palizzata. Il cadavere dell'egiziano, deformato, sventrato, fu trascinato via per essere dato a pasto delle belve delle foreste e vennero precipitati giù gli altri due egiziani, uno dei quali, spezzatosi una gamba, rimase disteso a terra strillando e invocando Allàh e il Profeta. Altri due bufali furono fatti entrare e il sanguinoso spettacolo ricominciò. Fu breve: il primo egiziano venne sventrato al primo urto, e il secondo arrampicatosi sulla palizzata, venne ucciso da una lancia scagliatagli da un Abù-Ròf. Non restava che Abd-el-Kerim, il quale aveva assistito impassibile alla sventurata fine dei suoi compagni d'armi. Egli discese nell'arena colla scimitarra in pugno, lo sguardo sfavillante d'ardire, attendendo con calma straordinaria la comparsa del leone che doveva attaccarlo. Uno dei dervis, per ordine di Ahmed intimò alla tumultuante folla il più profondo silenzio, dopo di che venne fatto entrare il re delle foreste africane. Era un vecchio leone, lungo due metri, alto più di uno dalla maestosa figura, dal portamento ancora fiero, che ruggiva orribilmente scuotendo la villosa giubba. Un fremito di spavento corse per le membra dei guerrieri del Mahdi alla vista di quell'animale che gode un terribile fama appo tutte le popolazioni africane. Ognuno ammutolì e guardò quasi con terrore l'arabo che non si era nemmeno mosso dall'apparire di quel formidabile campione. Per alcuni istanti il leone si accontentò di far udire la sua voce, battendosi i fianchi colla coda, un colpo della quale è bastante per rompere le gambe ad un uomo, poi si mise a ronzare attorno all'arabo che presentavagli la fronte riparandosi dietro la scimitarra come dietro ad uno scudo. D'improvviso si arrestò e si raccolse su sè stesso guardando con occhi di fuoco l'arabo. Spiccò un salto innanzi, ma le forze per una causa sconosciuta, gli vennero meno e ricadde tre passi lontano. Un grido di sorpresa sfuggì da tutti i petti. La cosa era così strana che tutti credettero che quella improvvisa mancanza di forza dovesse attribuirsi ad un miracolo di Allàh. —Miracolo! miracolo! gridarono alcuni dervis, alzando le braccia verso il cielo. —Si aizzi il leone! tuonò una voce. —Silenzio! gridò Ahmed Mohamed. Per la seconda volta il leone si raccolse su sè stesso ruggendo e si slanciò innanzi, e per la seconda volta ricadde senza forze. Un sorriso spuntò sulle labbra di Ahmed che guardava fisso Abd-el-Kerim sempre impassibile. —Miracolo! Miracolo! ripeterono i dervis. —Fuori un altro leone! tuonò la medesima voce che aveva comandato di aizzarlo. Nell'istesso momento Abd-el-Kerim si slanciava contro al leone che era incapace di muoversi e che ruggiva spaventosamente e con un colpo di scimitarra gli apriva la testa rovesciandolo agonizzante al suolo. Da un capo all'altro della pianura rimbombò un solo grido: —È salvo! Viva l'arabo! —A morte l'arabo! gridò per la terza volta la voce sconosciuta. —Bravo! Bravo! —Fuori un altro leone! —Ahmed Mohammed scattò in piedi colle braccia alzate, gli occhi volti al cielo, e con voce d'ispirato gridò: —Popoli del Kordofan! Quell'uomo è stato toccato dalla grazia di
Allàh e io lo nomino mio guerriero. Tutti a terra!
I guerrieri caddero col volto nella polvere. Solo un uomo rimase in piedi colle pugna tese verso Abd-el-Kerim. Quest'uomo era il beduino. —A morte l'infedele! tuonò egli con voce furente. —A terra! ripetè il Mahdi. A terra! Il beduino fu atterrato dalla mano nervosa dello sceicco El-Mactud. —Taci se non vuoi perderti, gli sussurrò all'orecchio lo sceicco. —Popoli del Kordofan, fedeli seguaci della vera religione, ripigliò
Ahmed Mohammed. Io dichiaro quell'uomo libero, non solo, ma gli
conferisco il grado di sceicco. Allàh mo lo comanda. Che i voleri di
Allàh siano esauditi.
CAPITOLO IV.—Il delatore. Erano le dieci di sera. Le innumerevoli orde del Mahdi si erano ritirate nel campo e dormivano profondamente, alcune sdraiate sotto i tugul di foglie, altre, sotto le tende prese agli egiziani nelle ultime battaglie, o a ciel sereno ma tutte colle armi accanto, sempre pronte al primo rullar dei noggàra a rimettersi in marcia. Qua e là ardevano dei fuochi attorno ai quali vegliavano le sentinelle appoggiate alle lancie o ai fucili, borbottando sottovoce preghiere. Silenzio profondo per ogni dove, ma che di tratto in tratto veniva rotto degli ululi lamentevoli degli sciacalli o dagli scrosci di riso delle iene, che rese audaci dalla oscurità si arrischiavano a metter piede nel campo cercando gli avanzi delle cene. Proprio in quell'ora due uomini accuratamente ammantellati sfilavano come ombre fra le tende, fra i tugul, fra i fasci di fucili e fra i cannoni, arrestandosi di quando in quando per girare intorno uno sguardo indagatore. —Ci siamo? chiese ad un tratto il più alto di essi, nel cui accento si riconosceva il beduino che si era mostrato tanto accanito contro Abd-el-Kerim. —Non ancora, rispose l'altro, che era lo scièk El-Mactud. Ma arriveremo presto. —Per che ora ti diede l'appuntamento? —Per la mezzanotte. —Io ho sempre creduto che Ahmed alla notte dormisse. —Io l'ho messo in

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Argomenti: tre passi,    diciotto tribù,    silenzio profondo,    terribile animale,    sanguinoso spettacolo

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