La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 38

Testo di pubblico dominio

della prigioniera. Ho qui una fune e con questa discenderemo. Avete le vostre pistole? —Non manchiamo nemmeno degli jatagan. E i tuoi uomini sono avvisati? Potremmo aver bisogno di loro. —Non aspettano che il comando di partire, Omar. E i tuoi Dàud? —Sono sotto le armi. —Quando è così andiamo e che Allàh ci aiuti. Saltarono nel canotto, lo allontanarono e si misero a vogar verso la riva opposta dandosi l'aria di pescatori. Salirono per un buon tratto il fiume, poi, quando fu notte oscura, ridiscesero cautamente e approdarono dinanzi alla villa di Notis. —Vedi nessuno Ibrahim? chiese Dàud. —Assolutamente nessuno. —Zitto, mormorò improvvisamente Omar. Abbassatevi tutti. Alcuni uomini che furono riconosciuti per dei beduini, uscivano allora dalla porta che metteva sul Nilo. Essi presero posto in una barchetta che era lì ormeggiata. —Cercatelo dappertutto, disse una voce che si capì essere quella dello sceicco Debbeud. Vi sono dei pericoli nell'aria e non è prudente rimaner fuori di notte. —Sta bene, risposero i beduini. La barca si allontanò scomparendo fra le tenebre e la porta della villa tornò a chiudersi. —Hai compreso? domandò Omar a Daùd. —Perfettamente; vanno a cercare il greco. —Spicciamoci, amici cari. Ecco là quel tamarindo che mi aiutò ieri a salire fino alla finestra di Fathma. Io mi arrampico, entro nella stanza e getto la corda. Voi rimarrete qui a difendermi nel caso che venga scoperto. —Siamo intesi, non ti perderemo di vista. Il negro armò le pistole, onde essere pronto a servirsene qualora ve ne fosse stato bisogno e si avanzò fino ai piedi del tamarindo. Tese l'orecchio per udire se vi fosse qualcuno che girasse nei dintorni, lanciò uno sguardo a dritta e a manca, poi abbracciò il tronco e si mise a salire coll'agilità di una scimmia, fino ai rami. Sostò ancora un momento per ripigliare fiato, indi si mise a strisciare sul ramo, che protendevasi fino ad una delle finestre, con mille precauzioni onde il fogliame non susurrasse o il legno gemesse. —Ci sei? chiese sottovoce Daùd, dopo qualche istante. —Ci sono, rispose egli. Attenti. Guadagnò il davanzale della finestra e guardò entro. Una lampada illuminava fiocamente la stanza e seduta su di un divano vide Fathma: respirò. Allungò una mano e aprì le imposte. Al cigolìo che mandarono girando sui cardini, l'almea si levò in piedi non dissimulando un gesto di terrore. Omar si slanciò entro cadendo ai suoi piedi. —Zitto, Fathma, mormorò egli, vedendo che apriva le labbra per mandare un grido. Zitto, che sono io, Omar, il fedele schiavo di Abd-el-Kerim. L'almea fu ancora in tempo di arrestare il grido che stava per uscirle. Ella prese la testa del negro fra le mani e l'alzò guardandola con occhi umidi. —Tu, Omar, tu, balbettò con un filo di voce che la gioia e l'emozione rendevano tremula. Gran Dio! Che vieni a far qui, in questa stanza, dove sono prigioniera? —Vengo a salvarti, Fathma, vengo a strapparti dalle mani di Notis. —Ma, disgraziato, non sai dunque che vi sono quindici beduini che vegliano e che potrebbero da un momento all'altro entrare ed ucciderti? —Che importa a me? Del resto sono armato e ho abbasso degli amici che vegliano. —Degli amici? —Sì, Fathma, dei cuori generosi che s'interessarono della tua disgrazia. Non temere di nulla; io ti libererò per ridarti al prode Abd-el-Kerim. L'almea emise un gemito e portò ambe le mani al cuore. —Narrami, Omar, dove trovasi colui che tanto amo. Non so più nulla di lui e non lo rividi più da quel funesto dì in cui fummo separati. È vivo ancora?… Pensa egli alla sventurata Fathma? Parla!… Parla!… —Sì, è vivo, e trovasi a Gez-Hagida ed è sempre innamorato di te. Fu lui che mi comandò di venire qui e che mi procacciò i mezzi necessari per disertare; mi capisci, fu lui. Ah! se tu sapessi quanto ti ama il mio povero padrone e quanto egli è infelice! —E perchè non disertò?… Perchè, Omar. —Ha una donna, una furia che veglia su di lui, che lo segue dì e notte in ogni suo passo e che gli impedisce di fuggire. —Una donna! mormorò Fathma che si sentì mordere il cuore dalla gelosia. Chi è questa donna? Io voglio saperlo. Omar, lo voglio! —È sempre Elenka. —Ah! maledetta! —Ma non aver paura che abbia a vincerlo. Abd-el-Kerim l'odia talmente che se potesse ucciderla la ucciderebbe. —Ah! quanto bene mi fanno queste parole, Omar. Sono venti giorni che ho il cuore straziato dalla più terribile gelosia, venti giorni che soffro atrocemente!.. Povero Abd-el-Kerim, potessi farti felice. —Ma che ti ha fatto quel miserabile Notis?… Ho udito parlare di pugnalate, di… —Zitto disse Fathma. Quello che fu fu, eppoi sono ormai guarita. Dove sono questi tuoi amici? Omar la prese per una mano e la condusse alla finestra. —Guarda, le disse. —Vedo due uomini. —Sono i miei amici. Hai paura di discendere da questa finestra attaccata ad una corda? —Discenderei appesa a un filo di seta. —Quando è così non perdiamo un sol secondo. Il negro svolse una lunga corda a nodi che teneva arrotolata attorno al corpo, fissò un capo a una sbarra di ferro della finestra e gettò l'altra nel vuoto. Tosto si videro Daùd e Ibrahim accorrere a prenderlo. —Andiamo, Fathma, coraggio. Fra cinque minuti saremo lontani da qui. L'almea salì arditamente sul davanzale e si appese alla corda: Omar vi si mise allato sostenendola con una mano e la pericolosa discesa cominciò nel più profondo silenzio. Erano giunti già a mezza fune, quando si udì Daùd intimare: —Ferma!… Omar e Fathma si arrestarono tendendo l'orecchio. Non si udiva rumore alcuno, eccettuato il gorgoglìo del Nilo che rompevasi sulle sabbie degli isolotti e il lieve susurrìo delle frondi agitate dal venticello notturno. —Possiamo discendere? chiese Omar che sentiva Fathma tremare. Risposero un colpo di carabina e un grido straziante. Ibrahim che si teneva ritto sulla riva barcollò e precipitò nel fiume. I coccodrilli che dormivano lì presso furono pronti a saltargli addosso e a farlo a pezzi. —All'erta!—-gridò una vociaccia. —Sali, sali, Omar! urlo Daùd. I beduini! Sei o sette beduini si slanciarono fuori della villa. Daùd scaricò le sue pistole poi saltò nel canotto e s'allontanò arrancando disperatamente. —Sali, sali, gridò egli un'ultima volta. Omar e Fathma, quantunque si trovassero in una posizione terribile non si perdettero d'animo. Aiutandosi vicendevolmente, adoperando le mani, ed i piedi e persino i denti, in meno che lo si dica raggiunsero il davanzale e si slanciarono nella stanza ritirando in furia la corda. Erano appena entrati che si udì picchiare furiosamente alla porta. —Aprite! comandò una voce imperiosa. Aprite per tutti i fulmini del cielo! Omar si scagliò contro di essa colle pistole in pugno, ma non ebbe il tempo necessario per giungervi, poichè violentemente s'aprì e due beduini irruppero nella stanza colle scimitarre alzate. Fathma gettò un grido. —Non aver paura Fathma, gridò Omar. Uno, due… S'udirono due detonazioni. I due beduini colpiti dalle palle delle sue pistole caddero l'un sull'altro colle cervella bruciate. CAPITOLO V.—La Fuga. Respinti i primi assalitori, Omar e Fathma comprendendo il gran pericolo che correvano se si lasciavano prendere, si gettarono contro la porta della stanza rimasta semi-aperta. Chiuderla, sbarrarla e ammonticchiarvi dietro tutte le mobilie della stanza, fu per loro due l'affare di cinque minuti. Avevano appena finito che udirono i beduini salire le scale e arrestarsi sul pianerottolo facendo un fracasso orribile. Un colpo violento fu dato alla porta che tenne duro. —Aprite, razza di cani idrofobi! gridò Fit Debbeud. Ibrahim, è così che tu tradisci il padrone? Se riesco a pigliarti ti tenaglio le carni in modo da non lasciartene un pezzo attorno le ossa. Apri, per Allàh, apri, animale schifoso. Omar e Fathma invece di aprire si addossarono tutti e due contro la barricata. Il primo

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Argomenti: tempo necessario,    povero padrone,    posizione terribile,    colpo violento

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