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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 76loro, ad un galoppo misurato. Una frotta di cavalieri ci attraversò la strada, lasciando nell'aria un sibilo di voci e di scudisci. Bluff, spumoso per l'impazienza di raggiungere i più lontani, andava tutto a puntate, volate; per intorno l'alta erba, solcata in ogni senso, mostrava le tracce delle varie cavalcate. Vidi con gioia la baietta di Edoarda perdere terreno, mentre il bel sauro della contessa di Casciano, indocilmente le forzava la mano stanca. Finalmente, dopo aver saltato un'altro ostacolo, colei si volse, disse qualcosa alla compagna, e filò via. Edoarda, rimasta sola, diresse la cavalla verso un lieve pendio, poi, allentando le redini, si lasciò condurre. Appariva stanca; erano forse le prime cacce, v'era in tutta la sua persona una specie di rilassatezza. Copersi allora la breve distanza che ci separava, e per qualche minuto Bluff galoppò col muso vicino alla groppa della baietta. Lontano si vedevano i cavalieri convergere tutti verso un lato, a sinistra, e poichè i nostri cavalli v'andavano pure, d'un salto la sopravanzai, diedi una spronata nei fianchi a Bluff, e, piegando su la destra, lo lasciai galoppare. Sapevo che nonostante ogni sforzo dell'amazzone la baietta m'avrebbe seguito. Curvo, senza volgermi, sentendola presso, respiravo con voluttà la fragranza del vento primaverile; mi pareva di rapirla, di trarmela dietro legata alla mia sella, senza scampo, come in una leggenda, verso una solitudine di cielo e di luce. Una paura indefinibile mi tratteneva dal volgermi, per guardarla in faccia, e nel fischio dell'aria celere sentivo pur distintamente l'affanno del suo respiro. Per una specie di crudeltà non mi volli fermare; i due cavalli schiumavano, dopo venticinque minuti di galoppo serrato sopra un terreno che le piogge avevano reso pesante; v'erano sassi e buche, ma quel pericolo mi piaceva. Piantai di nuovo gli sproni nei fianchi di Bluff, ed il buon generoso cavallo, raddoppiando di lena, a scatti, a volate, galoppò così disteso, che l'erbe alte gli staffilavano il ventre. E la baietta dietro, ansante, senza cedermi d'un passo. Saltammo tre volte, come volando, l'ultima, intesi Edoarda dare un piccolo grido: si era sentita forse cadere, perchè la baietta saltava con troppo impeto. Allora mi volsi. Pallida, con gli occhi semichiusi, il busto un po' rovesciato all'indietro, pareva che quella corsa l'avesse del tutto sopraffatta ed estenuata; vidi che non teneva quasi le redini, compresi il pericolo, ed a forza di braccia rallentai. Pianamente ci mettemmo di paro, ansanti entrambi come i nostri cavalli, senza guardarci, lontani da tutti, nella solitudine, nel sole. — Edoarda... — mormorai con paura, passando la mano su la criniera della sua cavalla, tanto le stavo presso. Il lembo del suo velo mi sventolava sopra una spalla, e poichè le parole mancavano, eran tutte impari alla mia commozione, lasciai la criniera, presi una sua mano, strinsi dolcemente quelle dita, e la briglia che tenevano, insieme. Ella bruscamente scosse il pugno, e la cavalla molestata fece un piccolo salto. — Mi perdonate? — le domandai. — Sono stato pazzo a condurvi qui, non è vero? Ella piegò la testa e sorrise; quel sorriso fu così pieno di gentilezza, che ne provai quasi un rimorso. — Non potevo più vivere a questo modo! — le dissi. — Bisognava pure che vi parlassi. — Sapete... — rispose con volubilità, guardandomi senz'alcuna esitazione, — avete rischiato di farmi rompere il collo! Davvero, all'ultimo salto, sono rimasta su per miracolo... Non era più la stessa donna; la guardavo e l'ascoltavo con sorpresa. — Non avevo altro modo per potervi parlare, — le dissi con dolcezza; — e sono mesi che attendo... — Oh, davvero? Le presi la mano di nuovo: — Perchè scherzate così? — Proprio non conto più nulla per voi? Null'affatto? Ella abbassò le palpebre con un sorriso pieno di sottile ironia. — Spero non dimenticherete che ho un marito, mio caro conte! — E disse quest'ultime due parole con uno scherno che mi ferì. — Noi ci eravamo promessi una volta di rimanere l'uno per l'altra tutta la vita, — le risposi con esitazione. — Ma, già, queste sono parole che si dicono... almeno per voi! — Già, si dicono pur troppo! Ma un gentiluomo che le abbia intese, dovrebbe saper anche dimenticarle, vi pare? I cavalli avevano preso il trotto, piano, piano. Allora, tirando insieme la mia briglia e quella della baietta, li rimisi di passo. — Che fate ora? — domandò Edoarda sorridente. — Non mi vorrete far perdere, spero? Lasciatemi ritornare, vi prego. E raccolse la briglia abbandonata. — No, ve ne supplico, Edoarda! — esclamai con una voce così commossa, ch'ella visibilmente ne provò stupore. — Poi, — soggiunsi, — bisogna che i cavalli riposino un momento. — Insomma, — elle fece, dopo essersi guardata intorno, — cosa volete ancora da me? — Non lo sapete forse? Ebbene, ve lo dirò. Volevo riudire la vostra voce, guardarvi da vicino, dirvi ancora una volta che non vi ho dimenticata, che sono stato irragionevole quando v'abbandonai, ed ora da voi sola dipende il salvare l'uomo che tuttavia è stato qualcosa nella vostra vita, o vendicarvi del male che vi ho fatto, se pure ve ne feci, ma in un modo mille volte più crudele. Volevo dirvi, Edoarda, che in nessun momento della mia vita mi son sentito pazzo come ora, perchè quello che sto facendo in questo momento è senza dubbio una pazzia... Così le dissi, e fui sincero, tanto è pieno d'inganno quel sensuale turbamento che noi chiamiamo l'amore. — Si, è certo una pazzia, — Edoarda rispose, chinando la faccia scolorata. Mi piegai sovra la sua spalla, fin quasi a toccarla, e dissi: — Non vi ricordate più di me? più affatto?... mai? — Mai! mai! — ella mormorò, chiudendo gli occhi. Le stringevo il braccio, attirandola dolcemente. — È possibile che tutto per voi sia finito, quando invece io, dopo la prima volta che vi ho riveduta, non sono più capace di pensare ad altra cosa che a voi? Quand'io vi desidero in un modo che non ha parola, e passo il giorno, la notte, immaginando come vi potrei parlare? — Tacete! tacete!... Torniamo indietro, — ella propose, cercando quasi di nascondere un improvviso turbamento. Con una specie di cocciutaggine ripresi: — Io fui certo il più fedele, nonostante le mie stoltezze. A tempo, il mio cuore, il mio spirito, erano malati, Edoarda; e dopo di allora sono passate tante cose!... Ella rise di un piccolo riso, breve, sarcastico. — No, non schernitemi! Voi sapete bene che questa è la verità. Sono anche tornato, una volta, per farmi perdonare; ma fu troppo tardi. Vi eravate appunto fidanzata, e, quando me lo dissero, qualcosa mi passò nel cervello, nel cuore... non so... fu come uno schiaffo datomi in piena faccia, e compresi allora tutto l'amore, tutto l'amore profondo che avevo per voi. Su, dítemi una parola... non continuate a ridere così! — Oh, vi conosco. Guelfo! Adesso vi conosco; allora no. — Ebbene? — Ebbene, la cosa è molto semplice. Vi è tornato forse un capriccio... Ne avete avuti tanti altri, e gli spensierati come voi conoscono questi ritorni. Anzi, dítemi una cosa: Dove avete lasciata la vostra amica? E rise più forte. Questa domanda mi suonò come un insulto: ebbi voglia per un momento di rispondere con la stessa ironia, e tacqui, mentre di me stesso nasceva in me un amaro disprezzo, una commiserazione profonda. — Volete burlarvi di me, — le dissi poi, gravemente. — È giusto: ne avete anche il diritto. Ma tralasciate l'ironia; siate generosa. Cosa volete di più? Quando un uomo vi domanda perdono... — Io non vi devo perdonare nulla. Forse è stato meglio così. Non vi devo perdonare assolutamente nulla. Solo mi sia lecito rivolgervi una preghiera, dopo tanto tempo, e visto che vogliamo parlare seriamente. In questi mesi ultimi vi siete spesso dimenticato che ho un marito ed un nome da rispettare, o meglio da far rispettare. Vi sarei grata se Tag: dopo tutto forse volta mano bluff momento uno specie Argomenti: due parole, sorriso pieno, breve distanza, bel sauro, minuto bluff Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Bali Sharm El Sheik, un mare d'Egitto Offerta Capodanno a Praga Come fare il profumo in casa Vacanze in Portogallo
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