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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 13voce non tradì la minima incertezza; solo, prima di rispondere, ella fece un atto come se il pettine le si fosse impigliato fra i capelli. — E tu non mi racconti nulla? — continuò Elena, posando i gomiti sul cristallo per unire le mani e raccogliervi la faccia. — Mi sembri di cattivo umore. — No, affatto, Elena. — Ah... mi era sembrato. — E tu? — Io non lo sono più adesso. Ma ho pianto tutto il giorno: ero triste. E piegandosi verso di me. — Ora non mi dài neppure un bacio? L'attrassi nelle mie braccia, perchè non potevo a mio malgrado resisterle, e perchè nell'amaro sospetto mi pareva che le sue labbra avessero un sapore più forte. Nel baciarla su gli occhi m'accorsi che s'inumidivano. — Perchè piangi ora? — Te l'ho detto: sono triste. Poi, quando mi baci tu, sento il cuore che mi fa male. — Perchè quando ti bacio «io?» Forse ti baciano anche altri? — Sciocco! — ella rispose battendomi leggermente una guancia. — Non ti dirò più nulla! Per un momento scordai tutto: ella mi teneva nella sua bellezza come in una prigionìa; m'avesse detto: — Inginòcchiati! — e mi sarei inginocchiato. — Senti, — le mormorai presso la bocca, — fra qualche giorno potremo partire insieme; andremo in un mio castello non lontano dal mare. Quasi con violenza le sue braccia m'avvinsero, e nascose il volto contro di me. — Lo sai che debbo andar via... lo sai che non posso!... Feci come se non avessi udito e continuai: — È una grande casa antica, silenziosa, fatta per l'amore. Laggiù, fra poco, verrà la primavera. Sollevò la faccia illuminata, mi passò le mani fra i capelli: — Ah sì? una casa nostra? una casa per noi?... Ma bruscamente si ribellò: — Non posso! Non posso! Andò rapida verso una grande specchiera che occupava tutto il portello dell'armadio e con le dita si ravviò i capelli di nuovo scomposti; poi lasciò cadere le braccia, si volse, appoggiando la schiena contro il cristallo, e vi rimase, con la faccia sollevata, gli occhi volti all'alta ombra, un po' rigida, muta. Per un momento la rividi com'era il primo giorno, quando entrò nella mia casa, fiera e triste, avendo alla cintura un gran mazzo di viole. Mi parve, da quel giorno già lontano, di non conoscerla affatto meglio, di non aver penetrato ancora nessuno dei suoi molti segreti. Le vedevo serpeggiare appresso i desiderii degli uomini che l'avevano inseguita, e quei desiderii obliqui si avventavano contro di me come tanti colpi di staffile vibrati al mio geloso amore. — Insomma, — le dissi quasi ruvidamente, — una volta o l'altra ti risolverai a spiegarmi questi continui misteri! — Che significa, Germano? Perchè mi parli così? Hai veramente una fisionomia stranissima oggi! — Ti pare? — feci con ironia. — Devi pur ammettere che le tue misteriose contraddizioni possano irritarmi un poco. Davvero non ti comprendo. Mi hai affermato in tutti i modi possibili di non avere alcun legame, dici anzi di volermi bene, mentre non fai che ripetere: Dobbiamo lasciarci! debbo andar via!... Dunque una ragione ci dev'essere. La vorrei sapere. — Ma perchè vuoi sempre sapere tutto? conoscere tutto? Che bisogno c'è? L'anima di una donna, la vita di una donna come me, sono cose a cui val meglio lasciare il loro velo. Io, per esempio, quando posseggo un oggetto che mi sia prezioso, lo tratto con estrema delicatezza, per non sciuparlo, per non lasciarlo cadere. E frugare troppo addentro nella intimità di un'anima è sempre farle correre il rischio grave di cadere a terra, di andare in frantumi. Non ti pare? — Belle parole... nient'altro! E se t'illudi ancora di potermi convincere con due frasi abili, t'inganni! Tanto più che ho forse qualche ottima ragione per non credere a nulla di quanto mi dici. — Oh, questo poi!... — esclamò raddrizzandosi in tutta la sua fierezza. — Dico la verità e non devi esserne offesa. Tu ti diverti ad ingannarmi ed io cerco di non lasciarmi ingannare, almeno fin dove posso. — Cioè? — Cioè... nulla! Io so molte cose che tu non sospetti nemmeno. — Invece, se tu le conoscessi davvero, forse non parleresti così, — rispose con tristezza, camminando a passi lenti per la camera. Poi mi venne vicino e prese a carezzarmi i capelli con una soavità materna ed infantile insieme. — Dimmi: cos'hai contro di me? — Null'altro che un poco di rancore perchè mi esasperi e mi addolori continuamente. — Mi credi cattiva? — E si era seduta su le mie ginocchia cingendomi il collo con un braccio. — Sì, un poco, — risposi. — E credi che non ti voglia bene? — Me ne vorrai, forse, a tuo modo... Mi passava una mano, lentamente, su e giù per il braccio, guardando il suo proprio gesto. Era singolarmente dolce, singolarmente triste. — E quale sarebbe questo «modo mio?» — Concederti un momento e poi sùbito aver paura d'essere afferrata; pensare con la stessa calma all'oggi, che sei qui, e al domani, che sarai chissà dove; non abbandonarmi che una piccola parte di te stessa, ed ancora con moltissime restrizioni; mescere insieme i baci e le bugie, il sentimento e l'indifferenza, come un bel mazzo di rose e d'ortiche... Ecco, press'a poco la tua maniera di amarmi. Piegò il mento sul petto e sogguardandomi sorrise. — E tu, — fece — quando parli a questo modo, sei meno franco di me, perchè sai benissimo che tutto questo non è vero. — Oh, Dio!... ne vuoi la prova? — Sì... — rispose un po' timidamente. — Ebbene, t'ho veduta oggi. So che non sei stata per nulla dove m'hai detto. — Davvero? Il suo volto rimase impassibile, tranne un rapido solco verticale che si delineò tra i suoi fini sopraccigli. E soggiunse: — M'hai seguita? — No. — E perchè no? — Perchè... non ero solo. Dopo una breve pausa, disse: — Non credo che tu m'abbia veduta. — Come non credi? — No: mi avresti certamente seguita. — Mi ritieni proprio così geloso? — Immensamente curioso almeno. — Dunque non ti curare del come io lo sappia. Ma so in ogni modo che non sei stata ove m'hai detto. — E' vero. Vuol dire dunque che sei entrato nella mia camera ed hai letto un telegramma ch'era lì... Me lo sono dimenticato infatti. — Però, — soggiunse con una voce dura, levandosi, — io non avrei fatto questo nella tua casa. E metteva in ogni sillaba un così altero disprezzo, che di confusione arrossii. — Ho fatto male. Te ne domando scusa. Ma lo feci quasi per inavvertenza, non pensando mai che si trattasse d'un mistero. — Oh, non importa... — rispose con indulgente ironia. — Tanto, a me non devi alcun rispetto! E camminava con lentezza, tenendo sotto il mento le due mani congiunte, che avevano la pallidezza di un avorio antico. — Via, — le dissi, — non essere ingenerosa ora... Ti ho chiesto perdono. — Senti, — esclamò repentinamente, — cos'hai pensato di me? — Niente! — risposi con nervosità. — Il telegramma è chiaro. Ho pensato che andavi da quell'uomo. E del resto sei liberissima di fare quello che vuoi. Ella mi venne vicino, quasi con furia, e mi afferrò le mani ruvidamente. — Hai creduto allora che v'andassi per lui? — esclamò con ira. — Guardami bene in faccia e rispondimi: hai creduto questo? — Ma io non so niente! Non ho fatto che leggere. Quando non si ha nulla da nascondere non si fanno misteri. E incollerito mi levai, sciogliendomi dalle sue mani con un moto ruvido. Soggiunsi: — Devi anche pensare ch'io non sono avvezzo a queste ambiguità. Volevo non dirti nulla, per non sembrarti ridicolo, poi non ho potuto. Volevo lasciarti continuare in silenzio la tua commedia, ma siccome ho la stoltezza di amarti, così non l'ho saputo fare. Del resto, ti ripeto, sei libera. Sei nel tuo pieno diritto. Solo bisognerà che tu scelga fra una cosa e l'altra, perchè io non so dividermi e non accetto comunioni. Mi ascoltava un po' curva, subendo le mie parole come continue percosse. La sua bocca rideva, esprimendo uno scherno dolorosissimo e contenuto. Poi, con la Tag: sei nulla tutto mani poco casa triste forse posso Argomenti: due mani, grande casa, grande specchiera, rapido solco, solco verticale Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La via del rifugio di Guido Gozzano La vita comincia domani di Guido da Verona Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Aggressività e comportamento del furetto Come essere un bravo casalingo Soluzioni per il trattamento della pelle a casa Letto abbronzante a casa che vale il prezzo Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia
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