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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 55il suo nome a grandi lettere, i fotografi la vollero fotografare, i manifesti, le illustrazioni divulgarono la sua bellezza, e tutti i donnaiuoli, i gaudenti, gli «snobs» vecchi e giovani si misero in caccia furiosamente per giungere sino a lei. Oh, mentr'ella saliva, mentr'ella con una esuberanza di vita godeva il suo trionfo, quante, nel mio secreto cuore, quante angosce indicibili! Mi ricordo la prima sera. Stavo, come trasognato, nel suo camerino. V'era pure l'attrice Grévier, la sua maestra, ed un andirivieni continuo di molte persone, uomini e donne, comici ed amiche d'arte, che insieme tutti parlavano, preparavano, consigliavano, standole intorno, considerandola già una loro preda. Io quasi non vedevo, quasi non udivo; stavo rincantucciato nel suo camerino, che ardeva d'una luce insolente, stavo là contro il muro, seduto sopra uno sgabello, fra bauli aperti ed abiti ammucchiati; il mio sguardo errava assai lontano, e la mente anche, da tutte le cose che accadevano intorno. Elena era un poco pallida ma sicura di sè. Quando il buttafuori la chiamò, ella mi fece con la mano un cenno rapido, come di saluto, e le amiche frettolose la spinsero fuori, andando tutte insieme dietro lei, per spiarla tra le quinte. Restai solo: nella piccola stanza una lampadina intensa brillava davanti alla specchiera; pareva che il cristallo si frantumasse in un vortice di scintille. V'erano intorno i rossetti, le ciprie, le forcelle, i pettini, le fibbie, tutte le cose minute che abbisognano all'attrice. Sulla spalliera d'una seggiola era posato l'abito che avrebbe indossato nel second'atto. Clara lo aveva disposto così ed era uscita ella pure. Mi ricordo anche d'essermi levato, di aver guardato, minutamente ogni singola cosa, con un sorriso di scherno; di avere intinto il dito in un bossoletto di biacca, in un altro di minio, poi di aver riso nervosamente osservando la mia falange così tinta. Uscii fuori, camminai verso la scena, in disparte da tutti, e la vidi, la intesi, la seguii con ansia in ogni suo movimento, finchè un applauso ruppe il lungo silenzio della sala. Immobile, con la fronte alta, senza un sorriso, ricevette quel primo battesimo. Vicino a me, la Grévier disse qualcosa che non afferrai, e per tutta la lunghezza dell'atto restai a guardarla, quasi dimenticando che fosse lei. La sua voce non mi pareva la stessa. Un applauso caldo, unanime, risonò sull'ultima sua parola e mentre la cercavo con gli occhi, vidi lei che mi veniva incontro, quasi correndo. Si buttò nelle mia braccia, mi strinse convulsamente, mentre la sua faccia smorta, ridendo, si bagnava di lacrime. Poi, dopo il teatro, mi ricordo ancora una cena, tra molte persone quasi estranee, che le avevano portato fiori, che vuotavano in suo nome calici di Sciampagna, gesticolando assai e parlando forte. Ella rideva, rideva di tutto, con tutti, un po' ebra del suo trionfo, ed ogni tanto mi guardava come per sorprendere i miei pensieri. Tardi nella notte il banchetto finì, e noi tornammo soli, tacendo, verso la nostra casa, in quelle medesime stanze che ci avevano veduti giungere pieni di amore, di esaltazione e di coraggio. Una voglia infinita di pianto mi premeva il cuore; avrei voluto essere di nuovo a quel primissimo giorno, quando Elena era un'ignota, ma così mia, così dolcemente mia! Ci guardammo nel viso, e quello sguardo fu tra noi come una paurosa confessione. In silenzio le raccontai tutta la mia pena, in silenzio ella mi rispose tutto il suo dolore. E mi parve quella notte che i suoi baci avesser quasi un sapore insolito, più acre, più torbido, forse perchè tanti uomini avevano desiderata la sua bocca. IX Passarono due lenti mesi. Forse amandola meno, di lei più forte mi mordeva gelosia. La seguivo sempre, alle recite, alle prove, dappertutto; leggevo anche le sue lettere. Ogni giorno, al teatro, ve n'era un fascio — lettere caute ma chiare. Queste brighe di marito sospettoso non erano confacenti con la mia natura e m'impicciolivano a' miei propri occhi, mentre il mio carattere si faceva sempre più irritabile, più taciturno. Una eguale tristezza pesava su le nostre anime, fattesi lontane. Sapevamo entrambi di andare incontro ad una confessione ormai necessaria, senz'avere nè l'uno nè l'altra il coraggio di affrontarla per primo. Durante quel tempo avevo consumata la somma rimastami dopo la partenza di Elia, ed avendo giocato con pessima fortuna, e perduto anche su parola, mi era stato necessario far capo all'amicizia di Gualtiero Alessi, per non lasciare il mio debito insoluto. Egli mi accordò questo favore, senza però nascondermi una certa sua diffidenza, ond'io scrissi al Capuano, pregandolo di cercarmi sollecitamente un prestito, che avrei rimborsato entro pochi mesi. Una sera, dopo il pranzo — (Elena quella sera non doveva recitare) — pensai finalmente di parlarle a cuore aperto. — Il Capuano — le dissi, — avrebbe già dovuto rispondermi. Invece anch'egli non pensa che vivo in un'ansia terribile. Vorrei sùbito rendere a Gualtiero Alessi quanto gli devo, poichè sembra ch'egli mi consideri per un stoccatore qualsiasi. — Da quanti giorni hai scritto a Roma? — Una settimana circa. Fabio avrebbe potuto almeno rispondermi due parole per togliermi da questa incertezza. — Se tace, vuol dire che sta cercando. — Secondo me vuol dire che non gli riesce di trovarmi denaro. Dio!... che vita miserevole! — Povero amico... — ella mormorò, con la voce di una buona sorella. — Oh, tu non puoi comprendere che pena sia la miseria per un uomo il quale non conobbe mai la vergogna del chiedere! — Lo immagino purtroppo, Germano. Se ti potessi aiutare! Non sai quanto vi penso. Ma per ora guadagno così poco! Le tesi una mano, con amicizia, per ringraziarla. — Sei buona, Elena: ma non devi nemmeno pensare a queste cose. Poi non si tratta solo di denaro; il male è più profondo. E un avvilimento che neanche la ricchezza potrebbe ormai guarire. E con te sono ingiusto, lo so. Ti torturo, quando potresti essere felice.... Ma devi comprendere e perdonare la mia esasperazione. — Non ti ho mai detto nulla, io. — Sì, tu sei molto buona, molto buona, ma non basta.... Io sento troppo che non mi appartieni più. Sei del tuo teatro adesso. Sei di tutti quelli che vanno in visibilio quando solo appari su la scena. Gli attori ti toccano, ti prendono fra le braccia... e sei l'amante mia! l'amante di un uomo che s'è ridotto a fare il cane da guardia! Come tutto questo è comico, Elena mia... comico fino alla vergogna! — Perchè mi parli così? Non lo abbiamo forse desiderato insieme? Potevi anche impedirmelo fin dal principio, e mi sarei certo rassegnata. Ma ora non posso fare altrimenti; è l'arte che vuole così. — Oh, l'arte! — Bene, dirò il mestiere. Lo so che ora mi disprezzi. Alle volte, mi guardi come se la scena m'avesse contaminata, e perchè recito, quasi quasi mi consideri come una donna di strada. — Non ti ho mai detto questo, Elena. — Forse non l'hai detto, però me l'hai fatto comprendere, ed è più grave. Non hai fiducia in me; parli del mio teatro come di una cosa vile; sembra che io ti faccia subire tutte le vergogne possibili. — Sì, è vero, sono ingiusto; ma è così perchè ti voglio bene. — Oh, mi vuoi bene!... — disse amaramente. — No! Anche questo è finito. In te non parla che l'orgoglio, soltanto l'orgoglio. Non gelosia dunque, ma un esagerato senso d'amor proprio; hai paura che un'attrice non sia più l'amante che ti convenga e forse temi che si calunni la mia fedeltà. Non è vero? — Se così fosse non avrei consentito fin dal primo giorno, e tu, come dicevi appunto, avresti per me rinunziato anche alla scena. — Certo. Ma perchè te ne penti ora? — Non mi pento; però non posso mutare il mio modo di sentire. Sarà per orgoglio, se non vuoi credere che sia per amore, ma in ogni modo, quando ti vedo fra quella gente, ne soffro, ed anche mi vergogno... è vero! Ella sorrise ambiguamente, piegando il volto in Tag: tutti forse sei buona scena teatro bene comprendere intorno Argomenti: due parole, lungo silenzio, marito sospettoso, andirivieni continuo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo La sposa persiana di Carlo Goldoni Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Garibaldi di Francesco Crispi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: L'abbigliamento giusto per il teatro Il cavallo arabo: antichità, bellezza e forza Valorizzare il proprio fisico vestendosi bene Spunti per scrivere un libro Le vacanze insieme per salvare la vita di coppia
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