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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 47dell'ascelle, ov'io spinsi d'improvviso, e con un brivido, la mano irrequieta. — Ah, no, via... mi solleticate!... Le sue fine guance si coversero di un turbato rossore. Un fermaglio antico le teneva chiusa la vestaglia sul petto, ed io l'apersi. — Oh, ma come siete insolente... — Datemi un bacio, piccola Yvonne! — No! — Uno solo... — E poi?... — fece, scoprendo nel sorridere i denti bianchissimi. Sentivo la sua morbida persona, sotto la vestaglia tenue, aderirmi come una carezza sola. — Poi... — dissi — mi piaci! mi piaci! Aveva negli occhi profondi una specie di stupefazione, le narici finissime le tremavano appena, come se aspirassero un profumo forte. — Mi sei piaciuta sùbito, — continuai; — l'altra sera, quando giocavi, provavo terribilmente la tentazione di mordere la tua bocca... Ella piegò il mento sul petto; una grande ombra le ravvolse il viso immobile. — Guardavo i tuoi polsi, e mi pareva di sentirmeli passare su le tempie, forti e fragili. Guardavo, per la scollatura, la tua schiena divisa da un solco profondo, i tuoi seni malnascosti, e mi sentivo male. Incrociò le braccia sul petto, quasi per vietarlo alla mia tentazione, piegò il mento e non rispose. Ma ogni tanto un piccolo fremito correva per tutta la sua persona, le sue ginocchia tremavano appena. — Mi sembri una creatura piena di malefizio, piena di crudeltà, e ti desidero per questo. Se non ti potessi avere, credo che ti batterei! — Perchè mi dite queste cose?... — ella domandò con la voce un po' tremula, tendendomi la bocca. E i denti piccoli, minuti, le brillavano fra le labbra scarlatte. — Perchè ti amo! Perchè ti voglio! Mi sembri una cosa del tutta sconosciuta e nuova. — Tu ami un'altra... — ella profferì sommessamente. — No, te! — risposi con rabbia. Ella rovesciò il capo su la spalliera, con una specie di ubbriacata gioia, offrendomi la gola solcata di vene sottili. I capelli, tratti all'indietro dal lor peso, le scoversero la fronte; sui rossi labbri un velo di umidità brillava, e, leggera come fosse una cosa di piume, io, con impeto, la sollevai nelle braccia... Le orchidee ci videro passare. VI Era il 14 Luglio, grande anniversario della festa repubblicana. Trofei su le case, giostre nelle piazze; ad ogni angolo, ad ogni attimo, la Marsigliese e la Matchiche, la Matchiche e la Marsigliese. Tutte le miserie, tutte le ciurmerie nella strada; pareva che gli ospedali e le galere avessero per quel giorno dato lo sfratto alle lor sordide clientele. Il popolaccio menava un carnevale sconcio in memoria del prodigio compiuto: quello di aver sfrattato il monarca dal più bel trono del mondo. Una calura insoffribile si mesceva al lezzo di quel fango democratico, e non potendo far meglio che starmene quietamente in casa, l'idea mi venne di scrivere a Fabio Capuano. Gli mandai questa lettera, la prima dopo un silenzio di molti mesi. «Fabio caro, Per aver così a lungo taciuto, penserai forse che l'amico tuo di tanti anni abbia mutato affetti mutando paese. Non sei nel vero se pensi così. Tutto può significare il mio silenzio, tranne che tu mi sia men vivo nella memoria. Un sentimento quasi di disagio m'ha impedito finora di riprendere con te, a cuore aperto, l'antica nostra confidenza. Ma ora, il desiderio di conoscere come vivi e dirti come son vissuto, è maggiore di ogni altra considerazione. Dopo la mia breve lettera da Torre Guelfa, con la quale ti avvertivo che avrei lasciata l'Italia per vivere qualche tempo in questa bella Parigi, ecco le cose come andarono. Elena ed io si venne ad abitare una piccola casa, deliziosamente nostra, nella rue de l'Arc de Triomphe, in vicinanza del Bosco. Entrambi si aveva in mente, oltre che il nostro amore, qualche proposito serio per la vita futura, poichè non ti nascondo che verso in condizioni abbastanza precarie. Partendo, anzi, (cosa che ti ho taciuta) fui costretto a vendere alcuni altri campi delle mie ultime terre. Ma il mio proposito era quello di lavorare... Tu certo ne riderai! «Se continui così, la tua vita folle si chiuderà con un colpo di pistola» — mi dicevi sempre. Io, finora, quantunque navighi per acque procellose, non vi penso affatto. Volevo imprendere un commercio, o trafficare in Borsa, ma l'una e l'altra cosa per ora non sono avanzate d'un passo. Confido molto in Gualtiero Alessi, che tu pure devi conoscere, il quale vive a Parigi, da molti anni ed è notissimo nel ceto bancario. Così attendo; e l'attendere, come sai, vuol dire starsene con le mani in mano alla mercè del caso. Elena invece si è mostrata piena di energia; frequenta con assiduità una scuola d'arte drammatica e sarà presto attrice, poichè si dice che debba riuscire a meraviglia. Non potrò mai abbastanza dipingerti quanto la natura di questa donna sia bella ed ammirabile. Mi ha dato giorni d'intensa felicità. Ma l'uomo che hanno invidiato, che fu maestro nell'arte del vivere, oggi, mio buon Fabio, è vicino a compiere la sua parabola di decadenza. È deplorevole, ma non lo posso tacere. Il denaro è finito; e non certo il denaro io rimpiango, ma la bella padronanza ch'esso mi dava di me stesso e d'altrui; non il denaro, ti dico, ma tutte le sovranità che mi attribuiva questo scettro perduto. Se di me ti domandano di Roma, di' solamente che vivo una vita tranquilla. E tu, se non mi serbi rancore, scrivimi qualche volta, chè troppo il tuo silenzio mi lascia il cuore deserto. Scrivimi anzitutto se ora sei lieto per le cose tue, poi dammi ogni notizia la quale mi possa concernere: dimmi che avvenne dopo la mia partenza, quali furono i giudizi degli amici nostri e — per la pace della mia coscienza — dimmi anche se la tranquillità è tornata in quella triste anima che ho fatta soffrire. Serba nel cuore l'amicizia ch'io ti mantengo immutata e volgimi qualchevolta un pensiero d'affettuoso ricordo. Guelfo». Alcuni giorni dopo aver scritta questa lettera mi recai senz'altro da Gualtiero Alessi, dicendogli che mi ero finalmente deciso a praticar la Borsa, premendomi d'incominciar subito alcune speculazioni che m'avevano consigliate. L'Alessi cercò di spiegarmi come il venir dell'estate portasse un rallentamento notevole in tutti gli affari e come sarebbe stata miglior cosa indugiare fino all'autunno. Ma io con molte ragioni tanto lo convinsi, che accettò di aprirmi credito nella sua banca ed acquistare a mio nome una certa quantità di titoli minerari, sui quali la speculazione era vivissima in quei giorni. La cosa non era onesta, perchè gli avevo dovuto mentire su molte circostanze; non solo, ma se la speculazione fosse fallita, non avrei potuto risponderne altrimenti che vendendo Torre Guelfa, e ciò con indugio, con vergogna e con rimpianto. Ma non era più tempo di scegliere la strada migliore: le mie strettezze crescevano; le rendite delle mie campagne, affidate ad un amministratore in Roma, non bastavano per pagare gli interessi ai molti creditori, e, finito l'ultimo denaro, non avrei saputo a qual rimedio appigliarmi. Dunque non potevo contare che sopra una salvezza disperata. Forse da me solo non avrei osato; ma il d'Hermòs, scaltro e cauto consigliere, m'insegnava che gli scrupoli sono timidezze in un cuor virile. Presi allora l'abitudine di passare ogni mattina qualche ora in Borsa; la sera di quando in quando mi recavo con Elia dalla contessa di Clairval, a tentare la fortuna delle carte in quella casa equivoca, non osando mostrarmi nei Circoli dei quali ero socio, per non rendere palese la mia decadenza. Vi rivedevo la piccola Yvonne, che al giuoco era per me una specie di talismano, ma che talora mi metteva in angustie per il suo modo inopportuno d'ostentare la nostra familiarità. Una sera Elia, prendendomi a parte, mi disse a bruciapelo: — È chiaro che sei divenuto l'amante d'Yvonne Tellier. — Da qualche giorno ci davamo del tu. Io risi e non volli rispondere. — Andiamo! non vorrai farne un mistero con me? Poi, se anche tu neghi, non sembra che Yvonne si dia la Tag: dopo denaro sei lettera petto aver cuore bella piena Argomenti: fermaglio antico, grande ombra, piccolo fremito, carnevale sconcio, calura insoffribile Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La famiglia dell'antiquario di Carlo Goldoni La favorita del Mahdi di Emilio Salgari La via del rifugio di Guido Gozzano Le Grazie di Ugo Foscolo Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare il profumo in casa Trogir, una località sconosciuta a molti Cosa bisogna sapere sul gattino di razza Macchina per microdermoabrasione per pelle perfetta Macchina per microdermoabrasione per collo e décolleté
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