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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 48pena di farne alcun mistero. — Ebbene lo fui per una volta, se proprio t'interessa. Un capriccio, un obbligo anzi... La cosa ti pare poi tanto grave? — No; ma ti credevo innamorato di Elena. — Eh, via, questo non c'entra! Che sciocchezze mi vai dicendo? Si giocò insieme la prima sera, si vinse, come sai; le dovevo pur qualcosa, ti pare? — Bada! Io ti dico solamente: bada!... — Oh, e perchè? — È una donna perfida. — Questo non m'impensierisce; anzi, un'attrattiva di più! — Senti, Guelfo; può darsi che tu le sia piaciuto; forse come uomo, forse perchè ha inteso dire che hai un'amante straordinariamente bella. In ogni modo, ti ripeto: sta in guardia! Risi di nuovo e scrollai le spalle: — Bah!... tu parli così perchè vi odiate a vicenda. — Io non la odio; lei forse. — Ma per qual motivo? Non me lo ha voluto dire. — È una storia piuttosto complicata. Intanto ha creduto che io volessi farle perdere il suo amante, il senatore Vautrier, quello che possiede le grandi fabbriche di velluti... Mentre si trattava di ben altra cosa. — E precisamente? — Oh... inezie! Te lo racconterò un'altra volta. Mi odia poi per un'altra ragione, più delicata... — Sei stato il suo amante? — No; lo fui di sua madre, che morì giovane, lasciandola in condizioni da poter divenire una donna onesta. Ebbi il torto di non abusarne allora... Sono delicatezze, queste, che una donna intelligente non perdona mai. E se ne andò ridendo. Quest'uomo, in alcuni momenti, esasperava i miei nervi, e quanto più mi sentivo divenire la sua preda necessaria, tanto più la mia fierezza lo respingeva con una specie di sorda ostilità. Era vicino — e lo intuivo — lo scioglimento del lungo nostro equivoco: le sue parole di giorno in giorno si erano fatte più esplicite; mi pareva che ogni volta, quando ci si vedeva, egli stesse per farmi una proposta, e non sapevo qual fosse nè sapevo se l'avrei accettata o respinta. Ciò che più m'irritava era la chiarezza delle sue intuizioni, era quell'indagine cauta e sicura che gli avevo lasciata compiere sul mio spirito e sui casi miei. Certo io potevo servirgli a qualcosa; ma poichè nel medesimo tempo egli conosceva i miei dissesti, doveva solo contare su quanto ancora possedevo d'intatto, e cioè il mio nome, le ottime conoscenze, il grande prestigio della mia perduta signorilità. Voleva che andassimo a passar l'estate insieme. — Non penserai — mi diceva, — di cuocerti a lungo sui deserti marciapiedi parigini, o di correre avanti e indietro sui battelletti della Senna, che rappresentano la villeggiatura degli impiegati municipali. — Difatti la prospettiva non mi attrae. — Io vado a Trouville, poi a Biarritz, come tutti gli anni: vieni con me. — Lasciami riflettere qualche giorno; ti risponderò prima che tu parta. I miei titoli salgono; per ora non vorrei liquidare. — Bah!... i titoli! Vendi, Guelfo. Ti seguito a dire: vendi! — Va bene, va bene. E la contessa di Clairval dove passa l'estate? — Ha una casa di campagna in Provenza. Verso l'autunno viene a Biarritz. Ricòrdati ch'entro la settimana prossima io me ne vado. — È inteso. — Ora senti, Guelfo: se tu, — siamo abbastanza amici per poterne parlare, — se tu avessi bisogno di qualsiasi cosa... non fare complimenti con me. — Di nulla ho bisogno, grazie, — risposi arrossendo. — Tanto meglio. Due giorni dopo feci vendere i titoli con un guadagno di quindicimila lire, che, con altre seimila ricavate la settimana antecedente, provvidero a sollevarmi dal disagio. Credetti per un momento alla resurrezione: molto spesso il giuoco mi aveva dal nulla procacciato guadagni assai notevoli. Per prima cosa mi recai da un gioielliere, il quale aveva nella vetrina un anello, che un giorno Elena, passando, aveva tanto ammirato. Entrai, me lo feci mostrare. Era un brillante bianchissimo, tagliato a forma di cuore, con l'incastonatura di smalto azzurro. — Quanto costa? — Per lei quattromila lire, signor conte. — Pagai senza mercanteggiare, ed in quell'atto mi pareva di rinascere. Tornando verso casa, tutte le vie di Parigi mi sembravano belle come non mai. Quando Elena mi venne incontro, presi una sua mano, le passai l'anello in dito, poi tenni la sua mano prigioniera. — Non guardare! È un regalo che ti faccio. Ho guadagnato molto denaro. Ella svincolò la mano ridendo; guardò l'anello, mi fissò con aria stupita e riprese a considerare il brillante. — Oh, ma sei pazzo! — esclamò. — Lo sai bene che non voglio regali! — Perchè, Elena? Mi fa un piacere infinito regalarti una cosa che ti piaccia. — Ma tu non puoi, non devi, spendere il denaro a questo modo. Che magnifica pietra. — Ti ripeto. Elena: ho guadagnato molto. — Molto? — Sì, quindicimila lire ancora. — Ed hai comprato questo? Ma sei pazzo, ti dico! No, riprendilo, non voglio. — Oh, questo poi!... Lasciami almeno il diritto di farti un piccolo regalo. — Mi chissà quanto l'avrai pagato! — Che importa? L'anello ti piace o no? — È una maraviglia. Ma tu non devi spendere, Germano. E mi buttò le braccia al collo. — Del resto, — le dissi, — non avere scrupoli: se il bisogno tornasse, un brillante è sempre un brillante. — Questo sì; ma ti ripeto che sei pazzo. — Guarda come ti sta bene! Poi si parlò della campagna: — Andremo al mare, od in montagna, come vorrai. Passeremo un'altra estate, noi due soli, in un luogo tranquillo, come a Torre Guelfa l'anno scorso... Vuoi? Ma due giorni dopo, mentre passeggiavo prima del pranzo m'incontrai con il segretario dell'Ambasciata Italiana, il conte Vigna, che volle a tutti i costi condurmi al Circolo della «rue Volnay». Si giocava una partita violenta; mi venne la tentazione di prendere un banco. Pensai che nella vita un nonnulla produce talvolta le grandi cose; poi mi sentivo allegro: tentai. Perdetti, e me ne volli andare. Ma per abitudine il cassiere, come faceva una volta, mi portò alcuni gettoni da mille lire. In due mazzi sparirono. Me ne feci portare altri: li perdetti. Questa volta uscii, triste, umiliato, con il pensiero di aver commessa una cattiva azione. Avevo perduto mille e cinquecento lire, in più ne dovevo seimila alla cassa. Pensai alla tristezza di Elena, a tutte le speranze che riposavano su quel denaro sfumato ed ebbi voglia di piangerne io stesso. La strada era lunga per giungere alla mia casa e la percorsi a piedi. — Infine, — mi dissi, — poco male. Ora non c'è rimedio. Bisognava non andarvi. Ma su la porta di casa mi venne un'altra idea: — Perchè rattristarla? Non le dirò nulla. Dopo pranzo andrò a pagare; tenterò con altre mille lire. Chissà mai?... E il pranzo passò giocondo. La sera tornai al Circolo, pagai sùbito il mio debito; ritentai con altre mille lire: perdetti. Ben deciso a non giocar oltre, me ne stetti a guardare i giocatori; oziai per le sale discorrendo con alcuni amici; si bevve un poco, si parlò di cose gaie. Sul tardi entrai di nuovo nelle sale da giuoco, dicendo al domestico di portarmi cappello e soprabito, perchè volevo andarmene. In quel momento si metteva un banco all'asta, e, non so come, un'offerta m'uscì di bocca: — Mille e cinquecento! — dissi. Il banco fu mio. Domandai pochi gettoni al cassiere, deciso ad abbandonare sùbito il banco, ma per avventura cominciai vincendo. Alle tre del mattino dovevo alla cassa dodicimila lire. Il Vigna, venendomi vicino, mi consigliò in italiano: — Vattene, Guelfo! Questa sera non c'è verso che tu vinca. — Già, è vero. Vuotai d'un fiato il mio calice di whisky e me ne andai. Presi una carrozza del Circolo per giungere più in fretta: volevo raccontare tutto ad Elena, sùbito, sùbito. Ella pianse un poco, ma non mi fece alcun rimprovero. Aveva in dito l'anello; si levò a sedere sul letto, se lo tolse e me lo diede. — Prendi; ne avrai forse bisogno. — No, amore: questo no: — E mi sentii due lacrime scendere giù dalle ciglia, caderle sul braccio nudo. — Allora, come farai? — Tag: anello volta due mille sei casa tanto giorno prima Argomenti: medesimo tempo, donna intelligente, grande prestigio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis Diario del primo amore di Giacomo Leopardi La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Cosa fare finite le procedure di adozione dal canile Dieta Dukan, funziona davvero? Come gestire una serena convivenza Cosa fare all'arrivo di un cucciolo a casa Regali e busta per il matrimonio
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