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L'amore che torna di Guido da Verona pagina 38alla sua vita trascorsa, e talora, un indizio qualsiasi, un nome sopra un ventaglio, un'iscrizione sul margine d'un libro, una data, il nome della città dov'era stato comprato il tal gioiello, il tal abito, la tal boccetta di profumo, cento inezie insomma, bastavano a suscitare in me un dubbio nuovo. Possedeva inoltre un cofanetto pieno di vecchie lettere, che sempre teneva gelosamente chiuso e nascosto. Molte volte, nelle ore d'ozio di Torre Guelfa, mi era venuta la tentazione di violarne il secreto: ma poi la bassezza di un tal pensiero e la paura di essere côlto in un atto così umiliante, me ne avevano sempre dissuaso. A Parigi, entrando nella sua camera, vidi una sera il cofanetto aperto e vuoto sopra la scrivania. Un odore di carta bruciata nella stanza vicina mi lasciò comprendere che aveva distrutte le lettere durante la mia assenza. Questi fatti avrebbero potuto per sè stessi parer minimi se una certezza morale non avesse profondamente avvalorato i miei dubbi. Ora mi sentivo insieme lieto e pauroso di aver sottomano il mezzo per tentare una prova. Quella sera conobbi il Duvally. Era un uomo di aspetto fino, con una limpida fisionomia, la bocca freschissima ed il sorriso attraente. Aveva i capelli di quel colore fra il castano e il biondo che assume talvolta i riflessi dell'oro verde; la fronte vasta, gli occhi azzurri, mobilissimi, astuti. Quella sera il favore del pubblico lo inebbriava, e mi diede prova di una cortesia perfino eccessiva. Nello stringergli la mano, osservai che aveva una mano piccolissima, ben curata, quasi feminea; vestiva con eleganza ed usava maniere piene di garbo. Tutto questo m'irritò. Lo guardavo; guardavo la sua bocca, dal labbro raso, delicata, e mi pareva di vederlo nell'atto di baciare una donna. Ricordai la frase ch'Elena diceva spesso a me: — Ti amo perchè la tua bocca è fresca come un calice d'acqua pura, quando si ha sete. Mi sentii opprimere da un singolare malessere; non potei più parlare; il d'Hermòs credette che m'annoiassi. Due giorni dopo, nel pomeriggio, tornai a quel teatro con il pretesto di domandare al Duvally se potesse ancora farmi avere una poltrona per la sera, poichè le agenzie avevano tutto venduto. Lo trovai che parlamentava con alcuni amici e sùbito mi venne incontro. — Una poltrona? — esclamò. — Dio buono, che cosa difficile! Ad ogni modo andrò a vedere. Per voi si troverà sempre. Tornò poco dopo mostrandomi un biglietto. — Ecco l'ultima! — disse. Lo ringraziai e mi trattenni a parlargli, complimentandolo per il gran discorrere che dappertutto si faceva del suo spettacolo. — Posso offrirvi la mia vettura? — dissi alla fine. — Vedo che state per uscire. — Ben volentieri. Lascio un ordine, ed eccomi a voi. Quando fummo nella vettura, lato a lato, non tardai a cercare il mezzo di sapere da lui quello che m'interessava. — Dovreste ora togliermi una curiosità, — gli dissi. — E quale? — Andate a Roma qualche volta? — Sì, molto spesso. Ho varie faccende laggiù. — Ah, ecco! Me lo dicevo appunto: la vostra fisionomia non mi era nuova. Debbo certo avervi già veduto. — Nulla di più facile. Roma non è Parigi, dove non ci s'incontra quasi mai. — Certo, certo vi ho veduto; ed in ogni modo ho inteso parlare di voi. — Di fatti ho qualche amico a Roma, che probabilmente voi pure conoscete. — Può darsi. Ma chi specialmente mi ha parlato di voi è una donna. Ora me ne ricordo. — Una donna? Forse un'attrice? — No, una cantante, una cantante russa che viene a Roma ogni inverno. L'andavo spesso a trovare al suo albergo, ed una volta conobbi da lei una bellissima ungherese, che voleva, credo, darsi al teatro. Parlavano appunto di voi; me ne ricordo esattamente. La cantante si chiamava Tschawarowna, l'altra Elena... Elena... il cognome non lo ricordo più. — Ah, forse indovino! La signora Elena de W. — Ecco, per l'appunto, la signorina Elena de W. — No, scusate: non signorina, signora. — Ah? è maritata? — esclamai, facendo uno sforzo terribile sopra i miei nervi per mantenere un'apparenza d'impassibilità. — Sì, lo è stata per lo meno: ora è vedova. Per non sorprenderlo con domande troppo repentine pensai di tergiversare, e quando fui sicuro della mia voce ripresi: — Ora, questa mia amica, la Tschawarowna, dalla quale tornai per domandare informazioni sul conto della bellissima forestiera, mi rispose che anch'essa la conosceva da poco e sapeva solamente ch'era l'amante di quel signor Duvally del quale parlavano il giorno prima. — Oh, l'amante!... — egli esclamò gaiamente; — lo è stata una volta, durante un mio viaggio, ma da un pezzo è cosa finita. Però, ditemi, che donna incantevole! non è vero? Volsi il capo alla strada e finsi guardar altrove, perchè una specie di nebbia rossa mi offuscava lo sguardo e la mia faccia doveva essere divenuta livida. Mi dominai di nuovo e risposi: — Una fra le più belle donne che abbia mai vedute. Ma chi è dunque?... se pure non sono indiscreto. — Oh, figuratevi! Piuttosto non saprei dirvi esattamente chi sia. — Un'avventuriera? — No, tutt'altro, ma una donna stranissima. Non l'ho mai potuta comprendere. La conobbi a Berlino, per mezzo d'un suo tutore, — una canaglia, vi giuro! nonostante i suoi capelli molto grigi! So che lei appartiene ad una grande famiglia; viaggiò molto; voleva essere attrice; ecco tutto quello che mi ricordo. — E fu maritata, voi dite? — Sì, in un modo tragico. Sposò un pastore protestante, che s'era innamorato di lei fino a divenirne pazzo. Ma dopo qualche mese gli fuggì di casa, per ricominciare la sua vita di zingara, e il disgraziato allora, per la vergogna e la disperazione, si uccise. Il fatto si diffuse per i giornali: mi pare si chiamasse Miller, o Müller... Non ricordate nulla di tutto questo? — Veramente non ricordo. È un pezzo che il fatto avvenne? — Sono tre o quattr'anni. La violenza che mi facevo per mantenermi padrone de' miei nervi si mutava in un malessere fisico, in un dolore che mi correva per tutte le vene; e tuttavia, più che la rabbia e l'amarezza, poteva in me la curiosità malsana di conoscere altre notizie, di carpire altri particolari alla confidenza di quell'uomo. — Del resto, — ricominciai, forzandomi a sorridere, — si capisce benissimo che anche un pastore abbia potuto perdere la testa. Non s'incontran molto spesso donne come quella. — Questo è vero nel modo più assoluto. Io, per esempio, che per la mia stessa professione sono abbastanza agguerrito contro le seduzioni femminili, vi giuro tuttavia che ad un momento dato avrei commessa qualsiasi sciocchezza per lei. Solamente io sono un uomo pratico ed ho cercato di non fare la fine del pastore Miller. — Tanto più, — soggiunsi con un ridere gaio, — che avete potuto soddisfarvene! — Soddisfarmene, via, non potrei dire. Me ne sono appena tolto il capriccio. E fu, vi assicuro, un caso, un semplice caso, quando già, per il mio buon senso, ne avevo abbandonata l'idea. Ma questo non v'interessa forse. — Tutt'altro! Che volete mai... cose di donne, di belle donne, interessano sempre! Egli rise allegramente e mi battè col palmo della mano sopra un ginocchio. — Vi credo. Perchè infine, con i suoi mille difetti, la donna è ancora il più squisito malanno che si possa incontrare nella vita. E voi, caro conte, voi dovete non essere affatto contrario a questa mia opinione. — Certo non lo fui nella mia prima giovinezza; ma ora comincio ad avere qualche capello bianco. — Però li nascondete bene, senza farvi un complimento. Insomma, tornando a quella signora, vi dicevo che fu semplicemente un caso. A Berlino, in quel tempo, ella faceva la modella, ossia non lo faceva precisamente per mestiere, ma era la modella, o forse anche l'amante, non so, di un valentissimo pittore, un suo compatriota, un ungherese. A quel tempo ella sognava di darsi al teatro, ma il pittore non voleva saperne. Ora, figuratevi, questa donna, la quale, con una incoscienza Tag: donna ricordo tutto ecco spesso certo essere sera forse Argomenti: certezza morale, sforzo terribile, uomo pratico, cofanetto pieno, commessa qualsiasi Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come riconoscere l'argento vero dall'argento falso Ricette di cucina e pietanze Come formattare un PC Come pulire le collane di perle Caratteristiche del mixed wrestling
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