L'amore che torna di Guido da Verona pagina 52

Testo di pubblico dominio

caldi voti per un suo prossimo fidanzamento. Soggiunsi che in fondo questo poteva servire a dimostrargli come d'amore non si muoia mai. Lo consigliavo accademicamente a dissuaderla dallo sposare il de Luca, dicendogli che per mio conto ero fermo nel mio partito, credendo sempre di aver prescelta la strada più opportuna e più leale per entrambi. In quel tempo avevo ricominciato a giocare, con buona fortuna, e qualche speculazione mi aveva nuovamente procacciati lauti guadagni. Il d'Hermòs venne un giorno ad annunziarmi che doveva partire. — Dove pensi andare? — gli domandai con un certo stupore. — Al Cairo prima, e forse dopo in America. — Un viaggio di esplorazione? un giro artistico? od una fuga? — gli chiesi ridendo. — Fuggito non sono mai! — dichiarò fermamente, con una voce piena d'orgoglio. — Ma se vuoi conoscere lo scopo di questo viaggio, dimmi prima se desideri seguirmi. Risposi recisamente: — No, no. Preferisco attendere il tuo ritorno. Sai che non lascio Elena. — Eppure, — mi disse con accorgimento — avevo per te un magnifico progetto. — Rifiuto in anticipo; grazie!... — Tuttavia lasciami dire. A Nuova York ed a Washington frequento alcune fra le famiglie più ricche di laggiù e conosco tutta la nuova nobiltà del dollaro. Vi sono molte misses che amerebbero il tuo bel nome, non senza molto apprezzare la tua corporatura snella. Perchè non prenderesti moglie? — Anche tu!... Per l'amor del cielo! Ti ho pur narrata la storia di Roma! — E ti ho già detto anche il mio parere: sei stato uno sciocco. Insomma, ragazzo mio, tu non sai vivere. Sei un sentimentale, un romantico, nonostante le tue pose. Una moglie ricca è uno fra i tanti modi coi quali risolvere il problema della vita. Perchè si tratta di risolvere, non di lasciare sempre, come tu fai, le cose a mezza via. Ti prometto una moglie adorabile! Sai, quelle reni delle anglo-sassoni, che paiono sempre tese in uno spasimo di piacere; alta, snella, con l'andatura elastica, una stupenda matassa di capelli dorati, il colorito sano, e, con tutto questo, due o tre milioni di dollari, che tu ritorneresti a spendere gaiamente in mezzo ai nobiluomini romani. Cosa ne dici? — Mi domando perchè non la sposi tu questa fidanzata ideale? — Ma io, caro Guelfo, non ho bisogno di prender moglie. Non solo; ma potrebbe anche darsi che ne avessi già una, chissà dove, chissà da quando, ma una insomma.... A te invece non rimane che questo rimedio, poichè ti giudico refrattario a tutti gli altri. — Sei bizzarro anche tu! Guarda: oserei dire che non ho preso moglie, solo perchè tutti, con una insistenza esasperante, mi spingevano al matrimonio. — Ed è naturale! Chi ti conosce non può darti altro consiglio. Da scapolo hai tutto goduto e ti annoi; prova nel matrimonio: chissà mai? Se non desideri venire con me in America, torna invece a Roma e sposa quella che hai lasciata. — Senti, Elia; avevo un solo amico, e tanto fece che mi urtò i nervi con i suoi continui discorsi matrimoniali.... Ora cominceresti anche tu? — Io te ne parlo per la prima volta e sarà forse l'ultima. Senza ragione mi sono affezionato a te, vorrei vederti felice. Dunque ascoltami. Ora ti sei concesso anche l'ultimo capriccio, hai amato — hai creduto di amare una donna — l'hai avuta: basta. Non bisogna mai perdere il senso della misura, specialmente nelle cose inutili, come l'amore. Poi, vedi: neanche l'ami! E te lo dice un uomo tutt'altro che sospettabile di troppa sentimentalità. Via!... tu non sai nemmeno cosa voglia dire, questa parola «amore», della quale fai spreco; ed io stesso te ne potrei persuadere, io, che una volta l'ho saputo, e che in tutta la mia vita, oggi ancora, sopporto le conseguenze di quel fatto lontano. Ma tu, vediamo, cosa fai per questa donna che dici di amare? Quali sacrifici sei capace di compiere per lei, nel bene o nel male, perchè in fondo è la stessa cosa, tu che non conosci nemmeno la tua volontà? No, Guelfo, tu sei un uomo tutto d'apparenze, ma in verità profondamente inutile e profondamente arido. — Avrai notato che non mi difendo mai delle tue accuse. Certo non faccio pompa de' miei sentimenti; li tengo per me, con una certa gelosia, lasciando che gli altri giudichino appunto dalle apparenze. Ma infine perchè t'interessi ad un uomo tanto spregevole? — Ecco una domanda che mi pone in grave imbarazzo. Prima di tutto perchè mi sei stato utile, anzi perchè potevi esserlo, a te stesso ed a me, in un grado assai maggiore, se una certa paura, mascherata dietro le spoglie dell'onestà, non ti avesse fatto preferire sempre le mezze tinte, la mezza luce, il bilico perenne tra un partito e l'altro. Gli uomini della mia specie hanno l'occhio dei segugi e l'odorato dei bracchi; dal primo giorno in cui c'incontrammo ebbi l'intuito chiaro delle tue condizioni e compresi tosto quale poteva essere l'ultimo valore della tua disutilità. Mi hanno chiamato una volta «il corruttore», e certo io considero gli uomini sotto un aspetto puramente utilitario. C'è quindi tutta una umanità la quale per me non conta. Son quelli che tu potresti prendere per i piedi, mettere col capo all'ingiù e scuotere ben bene, senza vedere un soldo piovere dalle loro tasche. Tutti gli altri hanno indistintamente un valore, che bisogna stimare con scrupolo, sfruttare con intelligenza. Taluni spesso non sono che un tramite per giungere altrove: tu eri fra questi; ecco perchè ti ho scelto. — La tua franchezza vale tutte l'altre virtù che ti mancano, — convenni. — Quando si può essere sinceri perchè mentire? Così, alle ragioni che ti ho dette sopra, devi aggiungere qualche nota sentimentale, se vuoi, ma sincera. Un certo rincrescimento nel vedere un uomo come te ridotto alle meschine angustie della gran fauna borghese, una simpatia spontanea da uomo ad uomo, un bisogno quasi di paternità che m'invade con il crescere degli anni, ed ancora, che vuoi? la inguaribile malattia di tutti i maestri: quella di far discepoli, per non aver studiato invano questo grande problema della vita, la quale è un grande libro di chiromanzia, pieno di molta saggezza per chi vi sappia leggere. — E tu, mago, mi hai finalmente cavato un oroscopo singolare.... Vuoi che prenda moglie! Non mi credi capace d'altro? Vi sono momenti nei quali mi sento giovane ancora come a vent'anni! Poi, vedi, non c'è rimedio; si vive secondo il proprio destino. Anche gli antichi dicevano: «Sequere deum!...» Seguire il proprio Dio. — I filosofi sono i genii dell'umanità inutile. Si dice ch'essi ci abbiano regalato il lume della ragione; ma non è vero. Sono riusciti semplicemente a chiudere in formule speciose alcune verità che il comune buon senso permette a chiunque d'intendere o d'intuire. Fa dunque a tuo modo; ma cerca di non pentirtene. Il pentimento è la vigliaccheria più triste. VIII Un'altra lettera di Fabio Capuano: «Novembre, triste mese. Gli uomini, che hanno paura di tutto, hanno anche paura dell'inverno e guardano in cagnesco il cielo. Roma si ripopola dei reduci dalle circostanti villeggiature e si prepara, come fa tutti gli anni, a divertire gli ospiti con molte chiassate. Ho l'ossessione della vecchiaia; nella mia vita residua conto un estate di meno. Tu non puoi credere come gli orologi camminino in fretta verso l'età mia! Sono stato quindici giorni in villa da Edoarda; l'autunno era dolcissimo nella campagna laziale. In questa villa, che tu conosci, è accaduta una cosa molto singolare: tutte le memorie tue furono bandite. Resta solamente un tuo quadro nella sala grande: «La svernata in Abbruzzo». Lo si dimenticò su quella parete, ov'è appeso da molti anni. L'ho riguardato a lungo. Certo avevi grandi attitudini alla pittura; è peccato non averne ricavato nulla. Prima, in quella casa, tu eri il genio assente. Nell'anticamera vedevo sempre un tuo rustico bastone da montagna, con la ghiera acuta, memoria chissà di qual gita, e rimasto lì, come se un giorno o l'altro dovesse

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Argomenti: uomo tanto,    grande problema,    bilico perenne,    certo rincrescimento,    inguaribile malattia

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