Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 53la sorella tornava a pregare e scongiurare. - Non mi lasciate questo rimorso, don Ferdinando!... Come volete che chiuda occhio la notte, sapendovi solo in casa?... - Ah! ah!... - rispose lui con un sorriso ebete. - La notte non me lo soffiano il colèra!... Chiuderò tutte le fessure... guarda! E tornava a ribattere: - Non posso lasciar la casa sola... Ho da custodire le carte di famiglia... La moglie del sagrestano, che vide uscire donna Bianca desolata dal portone, le corse dietro piangendo: - Non ci vedremo più!... Tutti se ne vanno... Non avremo per chi sonare messa e mattutino! Anche mastro Nunzio s'era rifiutato ad andare col figliuolo. - Io mangio colle mani, figliuol mio. Arrossiresti di tuo padre a tavola... Sono uno zotico... Non sono da mettermi insieme ai signori!... No, no! è meglio pensarci prima! Meglio crepar di colèra che di bile!... Poi, sai? io sono avvezzo ad esser padrone in casa mia... Sono un villano... Non so starci sotto le scarpe della moglie, no! Speranza mostrò Burgio allettato anche lui dalla malaria. - Noi non usiamo abbandonare i nostri nel pericolo!... Mio marito non può muoversi, e noi non ci muoviamo!... Ecco come siam noi!... Lo sapete quello che ci vuole a mantenere una famiglia intera, col marito confinato in letto!... - Ma non t'ho sempre detto che sarai la padrona!... Tutto quello che vuoi!... - esclamò infine Gesualdo. - No!... Non vi ho chiesto l'elemosina!... Non accetteremmo nulla, se non fosse pel bisogno... grazie a Dio!... Poiché ci fate la carità, andremo alla Canziria... Non temete! Così la gente non potrà dire che avete abbandonato vostro padre in mezzo al colèra!... Voi pensate a mandarci le provviste... Non possiamo pascerci d'erba come le bestie!... Sentite... Se avete pure qualche vestito smesso di vostra figlia, di quelli proprio che non possono più servirle... Già lei è una signora, ma saranno sempre buoni per noi poveretti!... I Margarone partirono subito per Pietraperzia; tutti ancora in lutto per don Filippo, morto dai crepacuori che gli dava il genero don Bastiano Stangafame, ogni volta che gli bastonava Fifì se non mandava denari. Annebbiavano una strada. Il barone Mèndola, che faceva la corte alla zia Sganci, se la condusse a Passaneto, e ci prese le febbri, povera vecchia. Zacco e il notaro Neri partirono per Donferrante. Era uno squallore pel paese. A ventitré ore non si vedeva altri lungo la via di San Sebastiano che il marchese Limòli, per la sua solita passeggiatina del dopopranzo. E gli fecero sapere anzi che destava dei sospetti con quelle gite, e volevano fargli la festa al primo caso di colèra. - Eh? - disse lui. - La festa? Ci avete a pensar voialtri, che vi tocca pagar le spese. Io fo quello che ho fatto sempre, se no crepo egualmente. E alla nipote che lo scongiurava di andar con lei a Mangalavite: - Hai paura di non trovarmi più?... No, no, non temere; il colèra non sa che farsene di me. Mentre Bianca e la figliuola stavano per montare in lettiga, giunse la zia Cirmena, disperata. - Avete visto? Tutti se ne vanno! I parenti mi voltano le spalle!... E m'è cascato addosso anche quel povero orfanello di Corrado La Gurna... Una tragedia a casa sua!... Padre e madre in una notte... fulminati dal colèra!... Nessuno ha il mio cuore, no!... Una povera donna senza aiuto e che non sa dove andare!... Se mi date la chiave delle due camerette che avete laggiù a Mangalavite, vicino alla vostra casina!... le camere del palmento... Siete il solo parente a cui ricorrere, voi, don Gesualdo!... - Sì, sì, - rispose lui - ma non lo dite agli altri... - Glielo dirò anzi!... Voglio rinfacciarlo a tutti quanti, se campo! II Quella che chiamavano la casina, a Mangalavite, era un gran casamento annidato in fondo alla valletta. Isabella dalla sua finestra vedeva il largo viale alpestre fiancheggiato d'ulivi, la folta macchia verde che segnava la grotta dove scorreva l'acqua, le balze in cui serpeggiava il sentiero, e più in su l'erta chiazzata di sommacchi, Budarturo brullo e sassoso nel cielo che sembrava di smalto. La sola pennellata gaia era una siepe di rose canine sempre in fiore all'ingresso del viale, dimenticate per incuria. Pei dirupi, ogni grotta, le capannuccie nascoste nel folto dei fichidindia, erano popolate di povera gente scappata dal paese per timore del colèra. Tutt'intorno udivasi cantare i galli e strillare dei bambini; vedevansi dei cenci sciorinati al sole, e delle sottili colonne di fumo che salivano qua e là, attraverso gli alberi. Verso l'avemaria tornavano gli armenti negli ovili addossati al casamento, branchi interi di puledri e di buoi che si raccoglievano nei cortili immensi. Tutta la notte poi era un calpestìo irrequieto, un destarsi improvviso di muggiti e di belati, uno scrollare di campanacci, un sito di stalla e di salvatico che non faceva chiudere occhio ad Isabella. Di tanto in tanto correva una fucilata pazza per le tenebre, lontano; giungevano sin laggiù delle grida selvagge d'allarme; dei contadini venivano a raccontare il giorno dopo di aver sorpreso delle ombre che s'aggiravano furtive sui precipizi; la zia Cirmena giurava di aver visto dei razzi solitarii e luminosi verso Donferrante. E subito spedivano gente ad informarsi se c'erano stati casi di colèra. Il barone Zacco, ch'era da quelle parti, rispondeva invece che i fuochi si vedevano verso Mangalavite. Don Gesualdo, meno la paura dei razzi che si vedevano la notte, e il sospetto di ogni viso nuovo che passasse pei sentieri arrampicati lassù sui greppi, ci stava come un papa, fra i suoi armenti, i suoi campi, i suoi contadini, le sue faccende, sempre in moto dalla mattina alla sera, sempre gridando e facendo vedere la sua faccia da padrone da per tutto. La sera poi si riposava, seduto in mezzo alla sua gente, sullo scalino della gradinata che saliva al viale, dinanzi al cancello, in maniche di camicia, godendosi il fresco e la libertà della campagna, ascoltando i lamenti interminabili e i discorsi sconclusionati dei suoi mezzaiuoli. Alla moglie, che l'aria della campagna faceva star peggio, soleva dire per consolarla: - Qui almeno non hai paura d'acchiappare il colèra. Finché non si tratta di colèra il resto è nulla. - Lì egli era al sicuro dal colèra, come un re nel suo regno, guardato di notte e di giorno - a ogni contadino aveva procurato il suo bravo schioppo, dei vecchi fucili a pietra nascosti sotto terra fin dal 12 o dal 21 e teneva dei mastini capaci di divorare un uomo. Faceva del bene a tutti; tutti che si sarebbero fatti ammazzare per guardargli la pelle in quella circostanza. Grano, fave, una botte di vino guastatosi da poco. Ognuno che avesse bisogno correva da lui per domandargli in prestito quel che gli occorreva. Lui colle mani aperte come la Provvidenza. Aveva dato ricovero a mezzo paese, nei fienili, nelle stalle, nelle capanne dei guardiani, nelle grotte lassù a Budarturo. Un giorno era arrivato persino Nanni l'Orbo con tutta la sua masnada, strizzando l'occhio, tirandolo in disparte per dirgli il fatto suo: - Don Gesualdo... qui c'è anche roba vostra. Guardate Nunzio e Gesualdo come vi somigliano! Quattro tumoli di pane al mese si mangiano, prosit a loro! Non potete chiudere loro la porta in faccia... Ne avete fatta tanta della carità? E fate anche questa, che così vuol Dio. - Guarda cosa diavolo t'è venuto in mente!... Qui c'è mia moglie e mia figlia adesso!... Almeno andatevene nel palmento, e non vi fate vedere da queste parti... Ma tutto quel bene e quella carità gli tornavano in veleno per l'ostinazione dei parenti che non avevano voluto mettersi sotto le sue ali. Se ne sfogava spesso con Bianca la sera, quando chiudeva usci e finestre e si vedeva al sicuro: - Salviamo tanta gente dal colèra... Abbiamo tanta gente sotto le ali, e soltanto il sangue nostro è disperso di qua e di là... Lo fanno apposta... per farci stare in angustie... per lasciarci la spina dentro!... Non parlo di tuo fratello, poveraccio... quello non capisce... Ma Tag: notte sempre tutti gente don sotto noi moglie casa Argomenti: macchia verde, ventitré ore, largo viale, viale alpestre, largo viale alpestre Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Intrichi d'amore di Torquato Tasso L'Olimpia di Giambattista Della Porta Marocco di Edmondo De Amicis Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Indipendenza e opportunismo, leggende sui gatti Offerte Capodanno Caracas Come gestire una serena convivenza Dentisti all'estero Il trucco giusto per gli occhi scuri
|
||||