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Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 19adesso questa grazia di Dio!... Ciascheduno diceva la sua. Dei vicini, venuti per vedere; dei viandanti che volevano passare il fiume, e aspettavano, al riparo, con la schiena alla fiammata. - Evviva voi! Avete fatto un bel lavoro! Tanti denari spesi! I denari del comune!... Ora ci tocca aspettare chissà quanto, prima di vedere un altro ponte... O com'era fatto, di ricotta? - Questi altri, adesso!... Arrivate giusto nel buon momento!... Volete che faccia scendere Dio e i santi di lassù?... - sbraitava mastro Nunzio. Gesualdo, lui, non diceva nulla, con la faccia color di terra, seduto su un sasso, le mani fra le cosce, penzoloni. Quindi prese a sfogarsi col manovale. - Guarda quella carogna! Mi lascia fuori la mula, con questo tempo! Poltronaccio! Nemico del tuo padrone! - Non vi disperate, vossignoria! - piagnucolò Nardo dal suo cantuccio. - Finché c'è la salute, il resto è niente!... Gesualdo gli lanciò addosso un'occhiataccia furibonda. - Parla bene, lui... che non ha nulla da perdere!... - No, no, vossignoria!... Non dite così, che il Signore vi gastiga!... Mastro Nunzio, appoggiato allo stipite dell'uscio, stava masticando da un po' la sua idea, fra le gengive sdentate. Infine la buttò fuori, rivolgendosi verso il figliuolo all'improvviso: - E sai cos'ho da dirti? Che non ne voglio più sapere di questo ponte della disgrazia! Piuttosto faremo un mulino, coi materiali che riesciremo a mettere in salvo... Un affare sicuro quello... - Un'altra adesso! - saltò su Gesualdo. - Siete ammattito davvero? E la cauzione? Volete che ci perda anche quella? Se lasciassi fare a voi!... Quando presi a fabbricare dei mulini, mi toccava sentire che era la rovina... Ora che vi siete persuaso, non vorreste far altro... come se tutto il paese dovesse macinarsi le ossa notte e giorno, e le mie prima degli altri!... santo e santissimo! La lite s'accese un'altra volta. Mastro Nunzio che strillava e si lagnava di non esser rispettato. - Vedete se sono un fantoccio?... un pulcinella?... il capo della casa... signori miei!... guardate un po'!... Gesualdo per finirla saltò di nuovo sulla mula, verde dalla bile, e se ne andò mentre l'acqua veniva ancora giù dal cielo come Dio la mandava, col capo nelle spalle, bagnato sino alle ossa, il cuore dentro più nero del cielo nuvolo che aveva dinanzi agli occhi; il paese grigio e triste nella pioggia anch'esso, lassù in cima al monte, col suono del mezzogiorno che passava a ondate, trasportato dal vento, e si sperdeva in lontananza. Quanti lo incontravano, conoscendo la disgrazia che gli era capitata, dimenticavano di salutarlo e tiravano via. Egli guardava bieco e borbottava di tanto in tanto fra di sé: - Sono ancora in piedi! Mi chiamo mastro-don Gesualdo!... Finché sono in piedi so aiutarmi! Un solo, un povero diavolo, che andava per la stessa strada, gli offrì di prenderlo sotto l'ombrello. Egli rispose: - Ci vuol altro che l'ombrello, amico mio! Non temete, che non ho paura d'acqua e di grandine, io! Arrivò al paese dopo mezzogiorno. Il canonico Lupi s'era coricato allora allora, subito dopo pranzo. - Vengo, vengo, don Gesualdo! - gli gridò dalla finestra, sentendosi chiamare. Qualcheduno che andava ancora pei fatti suoi, a quell'ora, vedendolo così fradicio, piovendo acqua come un ombrello, gli disse: - Eh, don Gesualdo?... che disgrazia!... Lui duro come un sasso, col sorriso amaro sulle labbra sottili e pallide, rispondeva: - Eh, cose che accadono. Chi va all'acqua si bagna, e chi va a cavallo cade. Ma sinché non v'è uomini morti, a tutto si rimedia. I più tiravano di lungo, voltandosi per curiosità dopo ch'erano passati. Il canonico comparve infine sul portoncino, abbottonandosi la sottana. - Eh? eh? don Gesualdo? Eccovi qua... eccovi qua!... Don Gesualdo s'era fatta una faccia allegra per quanto poteva, colla febbre maligna che ci aveva nello stomaco. - Sissignore, eccomi qua! - rispose con un sorriso che cercò di fare allargare per tutta la faccia scura. - Eccomi qua, come volete voi... ai vostri comandi... Però, dite la verità, voi parlate col diavolo, eh? Il canonico finse di non capire: - Perché? pel ponte? No, in fede mia! Mi dispiace anzi!... - No, no, non dico pel ponte!... Ma andiamo dì sopra, vossignoria. Non son discorsi da farsi qui, in istrada... C'era il letto ancora disfatto nella camera del canonico; tutt'in giro alle pareti un bel numero di gabbioline, dove il canonico, gran cacciatore al paretaio, teneva i suoi uccelli di richiamo; un enorme crocifisso nero di faccia all'uscio, e sotto la cassa della confraternita, come una bara da morto, nella quale erano i pegni dei denari dati a prestito; delle immagini di santi qua e là, appiccicate colle ostie, insudiciate dagli uccelli, e un puzzo da morire, fra tutte quelle bestie. Don Gesualdo cominciò subito a sfogarsi narrando i suoi guai: il padre che si ostinava a fare di testa sua, per mostrare ch'era sempre lui il capo, dopo aver dato fondo al patrimonio... Gli era toccato ricomprargliela due volte la fornace del gesso! E continuava a metterlo in quegli impicci!... E se lui diceva ahi! quando era costretto a farsi aprire la vena e a lasciarsi cavar dell'altro sangue per pagare, allora il padre gridava che gli si mancava di rispetto. La sorella ed il cognato che lo pelavano dall'altra parte. Una bestia, quel cognato Burgio! bestia e presuntuoso! E chi pagava era sempre lui, Gesualdo!... Suo fratello Santo che mangiava e beveva alle sue spalle, senza far nulla, da mattina a sera: - Col mio denaro, capite, vossignoria? col sangue mio! So io quel che mi costa! Quando ho lasciato mio padre nella fornace del gesso in rovina, che non si sapeva come dar da mangiare a quei quattro asini del carico, colla sola camicia indosso sono andato via... e un paio di pantaloni che non tenevano più, per la decenza... senza scarpe ai piedi, sissignore. La prima cazzuola per incominciare a fare il muratore dovette prestarmela mio zio il Mascalise... E mio padre che strepitava perché lasciavo il mestiere in cui ero nato... E poi, quando presi il primo lavoro a cottimo... gridava ch'era un precipizio! Ne ho avuto del coraggio, signor canonico! Lo so io quel che mi costa! Tutto frutto dei miei sudori, quello che ho... E quando lo vedo a buttarmelo via, chi da una parte e chi dall'altra!... che volete, vossignoria! il sangue si ribella!... Ho taciuto sinora per aver la quiete in famiglia... per mangiare in santa pace un boccone di pane, quando torno a casa stanco... Ma ora non ne posso più! Anche l'asino quando è stanco si corica in mezzo alla via e non va più avanti... Voi non sapete che gastigo di Dio è Speranza, mia sorella!... Voglio finirla!... Ciascuno per casa sua. Dico bene, canonico mio? Il canonico intanto governava i suoi uccelli di richiamo. - Se non mi date retta, vossignoria, è inutile che parli! - Sì, sì, vi ascolto. Che diavolo! non ci vuole poi un sant'Agostino a capire quel che volete!... In conclusione si tratta di salvare la cauzione, non è così? di avere qualche aiuto dal comune? - Sissignore... la cauzione... Poi Gesualdo gli piantò addosso gli occhi grigi e penetranti, e riprese: - E un'altra cosa anche... Vi dicevo che voglio far casa da me... per conto mio... se trovo la moglie che mi conviene... Ma se non mi date retta, vossignoria... allora è inutile... O se fingete di non capire... Vi ricordate?... quel discorso che mi faceste la sera della festa del santo Patrono?... Ma se fate le viste di non capire, perché sono venuto qui da voi... quando vi ho detto per prima cosa... Vi ho detto: "Eccomi qua, come volete voi..." - Ah!... ah!... - rispose il canonico alzando il capo come un asino che strappi la cavezza. Poi lasciò stare il nicchio che andava spolverando attentamente, e gli fissò addosso anche lui i suoi occhi da uomo che non si lascia mettere nel sacco. - Sentite, don Gesualdo... questo non è discorso che venite a farmi adesso, a questa maniera! Allora vuol dire che non conoscete chi vi è amico e chi Tag: canonico vossignoria qua don dio padre prima fare capire Argomenti: fratello santo, sorriso amaro, affare sicuro, cielo nuvolo, paese grigio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Novelle rusticane di Giovanni Verga Il benefattore di Luigi Capuana Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il fiore di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come riconoscere i sintomi di una gravidanza Come affrontare con fiducia un colloquio di lavoro in azienda L'innesto della rosa Come fare il bagno al gatto Come essere un bravo casalingo
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