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Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 48la quale rimaneva sull'uscio, nascondendo le mani di serva sotto il grembiule, vergognosa di esser stata scoperta a quel modo, vestita di casa. Limòli, senza accorgersi di nulla, domandava sottovoce a donna Bellonia: - Quando la maritiamo quella bella figliuola? Prima tocca alla maggiore, è naturale. Ma poi ricordatevi che ci son qua io per fare il sensale... gratis et amore, ben inteso... Siamo amici vecchi!... Donna Bellonia andava facendogli li occhiacci, sebbene il marchese fingesse di non badarci. Poi gli disse sottovoce: - Cosa dite!... che idee da metterle in testa!... Ancora è troppo giovane... quasi quasi ha ancora il vestito corto... - Vedo! vedo! - rispose il marchese sbirciando le calze bianche di donna Giovannina. Donna Fifì aveva condotto il capitano ad ammirare i suoi fiori sul balcone. Colse un bel garofano, l'odorò a lungo socchiudendo gli occhi, e glielo porse. - Vedo, vedo, - ripeté il vecchietto. La Rubiera allora volle accomiatarsi, masticando un sorriso, coi fiori gialli che le fremevano sul cappellino. Intanto che le signore barattavano baci ed abbracci, il marchese si rivolse al capitano. - Mi congratulo!... Mi congratulo tanto... davvero... don Bastiano. - Perché?... Di che cosa?... - Il capitano sorpreso e imbarazzato cercava una botta di risposta. Ma l'altro gli aveva già voltato le spalle, salutava le signore con una parola gentile per ciascuna; accarezzava paternamente donna Giovannina che teneva ancora il broncio. - Che c'è? che c'è? Cosa vuol dire? Le ragazze devono stare allegre. Hai inteso tua madre? Dice che hai tempo di crescere. Su, dunque! allegra! La Rubiera sentivasi scoppiare sotto la mantiglia; dopo che si fu voltata indietro a salutare colla mano dalla strada tutti i Margarone schierati sul terrazzino prese a borbottare: - Avete capito, eh? - Diamine! Non ci voleva molto. Anche per la Giovannina bisogna mettersi il cuore in pace... - Ma sì, ma sì! Con tanto piacere me lo metto il cuore in pace... Una civetta!... Avete visto il giuochetto del garofano? Saremmo stati freschi mio figlio ed io... Quasi quasi se lo meritava! Scomunicato! Nemico di sua madre stessa!... Lì a due passi si imbatterono in Canali, che andava dai Margarone, e aveva visto da lontano i baciamani fra la strada e il terrazzo. Canali fece un certo viso, e fermò la baronessa per salutarla, menando il discorso per le lunghe, sgranandole in faccia due occhi curiosi. - Siete stata da donna Bellona, eh? Avete fatto bene. Un'amicizia antica come la vostra!... Peccato che don Ninì... La baronessa cercava di scavar terreno anch'essa, in aria disinvolta, facendosi vento e menando il can per l'aia. - Infine... delle sciocchezze... sciocchezze di gioventù... - No, no, perdonate! - ribatté Canali. - Vorrei veder voi stessa!... Un padre deve aprire gli occhi per sapere a chi dà la sua creatura... Non dico per vostro figlio... Un buon giovane... un cuor d'oro... Il male è che s'è lasciato abbindolare... circondato da falsi amici... Di bricconi ce ne son sempre... Gli hanno carpito qualche firma... La baronessa lo piantò lì senz'altro. - Sentite? Vedete? - andava brontolando col cugino Limòli. Poscia piantò anche lui che non poteva più tenerle dietro. - Vi saluto, vi saluto. - E corse dal notaro Neri, pallida e trafelata, per vedere... per sentire... Il notaro non sapeva nulla... nulla di positivo almeno. - Sapete, don Gesualdo è volpe fina... Son cose queste che si fanno sottomano, se mai... Avranno fatto il contratto da qualche notaio forestiere... Il notaro Sghembri di Militello, dicono... Ma via... Non c'è motivo poi di mettersi in quello stato per una cosa simile... Avete una faccia che non mi piace. Rosaria, ch'era a ripulire il pollaio quando la sua padrona era tornata a casa, udì a un tratto dal cortile un urlo spaventoso, come stessero sgozzando un animale grosso di sopra, una cosa che le fece perdere le ciabatte correndo a precipizio. La baronessa era ancora lì, dove aveva cominciato a spogliarsi, appoggiata al cassettone, piegata in due quasi avesse la colica, gemendo e lamentandosi, mentre le usciva bava dalla bocca, e gli occhi le schizzavano fuori: - Assassino! Figlio snaturato!... No! non me la faccio mangiare la mia roba!... Piuttosto la lascio ai poveri... ai conventi... Voglio far testamento!... Voglio far donazione!... Chiamatemi il notaro... subito!... Don Ninì stava bisticciandosi colla sua Aglae, in quella stanzaccia di locanda che per lui era diventata un inferno dal momento in cui s'era messo sulle spalle il debito e mastro-don Gesualdo. Il letto in disordine, i vestiti sudici, i capelli spettinati, le carezze stesse di lei, i manicaretti cucinati dall'amico Pallante, gli si erano mutati in veleno, dacché gli costavano cari. Al veder giungere Alessi che veniva a chiamarlo, parlando di notaro e di donazione, si fece pallido a un tratto. Invano la prima donna gli si avvinghiò al collo, discinta, senza badare al Pallante che accorreva dalla cucina né ad Alessi il quale spalancava gli occhi e si fregava le mani. - Ninì! Ninì mio!... Non mi abbandonare in questo stato!... - Malannaggia! Lasciatemi andare... tutti quanti siete!... Vi pare che si scherzi!... Quella donna è capace di tutto! Don Ninì, ripreso interamente dall'amor della roba, non si lasciò commuovere neppure dalla scena dello svenimento. Piantò lì dov'era la povera Aglae lunga distesa sul pavimento come all'ultimo atto di una tragedia, e Pallante che le tirava giù il vestito sulle calze, per correre a casa senza cappello. Colà ci fu una scena terribile fra madre e figlio. Lui da prima cercava di negare; poi montò su tutte le furie, si lagnò di esser tenuto come uno schiavo, peggio di un ragazzo, senza due tarì da spendere; e la baronessa minacciava di andare lei in persona dal notaro, per disporre della sua roba, così com'era, in sottana, a quell'ora stessa, se non volevano mandarlo a chiamare. Don Ninì allora scese a dar tanto di chiavistello al portone, e si mise la chiave in tasca, minacciando di rompere le ossa al garzone, se fiatava. - Ah! questa è la ricompensa! - borbottò Alessi. - Un'altra volta ci vò davvero dal notaio. Finalmente, per amore o per forza, riescirono a mettere in letto la baronessa, la quale si dibatteva e strillava che volevano farla morire di colpo per scialacquare la sua roba: - Mastro-don Gesualdo!... sì!... Lui se lo mangia il fatto mio! - Il figliuolo colle buone e colle cattive tentava di calmarla: - Non vedete che state poco bene? Volete ammalarvi, per farmi dar l'anima al diavolo? - Poi tutta la notte non chiuse occhio, alzandosi ogni momento per correre ad origliare se sua madre strillava ancora, spaventato all'idea che udissero i vicini e gli venissero in casa colla giustizia e il notaro, maledicendo in cuor suo la prima donna e chi gliela aveva messa fra i piedi, turbato, se si appisolava un momento, da tanti brutti sogni: mastro-don Gesualdo, il debito, della gente che gli si accalcava addosso e gli empiva la casa, una gran folla. Rosaria venne a bussargli all'uscio di buon mattino: - Don Ninì! signor barone! venite a vedere... La padrona ha perso la parola!... Io ho paura, se vedeste... La baronessa stava lunga distesa sul letto, simile a un bue colpito dal macellaio, con tutto il sangue al viso e la lingua ciondoloni. La bile, i dispiaceri, tutti quegli umori cattivi che doveva averci accumulati sullo stomaco, le gorgogliavano dentro, le uscivano dalla bocca e dal naso, le colavano sul guanciale. E come volesse aiutarsi, ancora in quello stato, come cercasse di annaspare colle mani gonfie e grevi, come cercasse di chiamare aiuto, coi suoni inarticolati che s'impastavano nella bava vischiosa. - Mamma! mamma mia! Don Ninì atterrito, ancora gonfio dal sonno, andava strillando per le stanze, dandosi dei pugni sulla testa, correndo al balcone e disperandosi mentre i vicini bussavano e tempestavano che il portone era chiuso a chiave. Di lì a un po', medico, barbiere, parenti, curiosi, la Tag: donna don baronessa notaro occhi casa due roba madre Argomenti: due passi, due tarì, parola gentile, scena terribile, animale grosso Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fior di passione di Matilde Serao Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza La via del rifugio di Guido Gozzano Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza Mixed wrestling e bondage Significato dell'azalea Regali e busta per il matrimonio Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia
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