Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 43

Testo di pubblico dominio

agro anche lei; guardò donna Giovannina che aveva gli occhi lucenti, e siccome Peperito stava accarezzando Corradino La Gurna per far la corte a donna Giuseppina, dicendo che aveva un'aria distinta, tutta l'aria dei Trao, la Capitana aggiunse, colla vocina melata: - È sorprendente l'aria di famiglia che c'è fra di loro. Avete visto come somiglia a don Ninì la bambina di donna Bianca? - Che diavolo! - le borbottò all'orecchio Canali. - Che storie andate pescando!... Successero alcuni istanti di silenzio imbarazzante. Zacco se ne andò canterellando. Canali annunziò che stava per cominciare l'ultimo atto. Ci fu uno scambio di baci e di sorrisi pungenti fra le signore; e donna Fifì si lasciò andare anche a stringere la mano che il Capitano le stendeva alla moda forestiera, con un molle abbandono. - Via, entrate un momento, - disse donna Bellonia al baronello. - Vi metterete in fondo al palco, insieme a Fifì, giacché siete in lutto. Nessuno vi vedrà. Levati di lì, Giovannina. - Sempre così! - borbottò costei ch'era furiosa contro la sorella. - Mi tocca sempre cedere il posto, a me!... - Mamma... lascialo andare... s'è in lutto!... La commedia potrà vederla dal palcoscenico!... - sogghignò Fifì. - Io?... Ma essa gli volse le spalle. Mèndola s'era ficcato nel palco prima di tutti gli altri, per veder la scena che aveva detto lui, e faceva la spiegazione a ogni parola. - State attenti!... Ora si scopre che la sorella di latte è figlia di un altro... - Son cose che succedono! - osservò Canali dall'uscio. - Zitto! zitto! cattiva lingua! Tutti gli occhi, anche quelli delle ragazze, si rivolsero al baronello, il quale finse di non capire. - Se vi seccate!... - borbottò donna Fifì, - giacché state lì come un grullo... volete andarvene?... - Io?... - Ecco!... - interruppe Mèndola trionfante. - Ecco!... capite? - Son maritato!... - tornò a dire Canali. - Son padre di famiglia... Ma farei volentieri uno sproposito per la prima donna!... Anche il nome ha bello!... Aglae... - Agli... porri!... che nome!... - sogghignò il barone Mèndola. - Io non saprei come fare... a tu per tu!... Don Filippo tagliò corto. - È un'artistona... una prima donna di cartello... Allora si capisce... - Sicuro, - si lasciò scappare incautamente don Ninì per dire qualche cosa. - Ah!... Piace anche a voi?... - Certamente... cioè... voglio dire... - Dite, dite pure!... Già lo sappiamo!... Mèndola fiutò la burrasca e si alzò per svignarsela: - Il resto lo so. Buona sera. Con permesso, don Filippo. Sentite, Canali... Per disgrazia la prima donna che doveva tenere gli occhi rivolti al cielo nel declamare: "S'è scritto lassù... dal Fato..." si trovò a guardare nel palco dei Margarone. Donna Fifì allora non seppe più frenarsi: - Già, lo sappiamo! Le agglomerate cerimonie!... le melenzose riga!... - Io?... le melenzose?... Ma lei scattò inferocita, quasi volesse piantargli i denti in volto: - Ci vuole una faccia tosta!... Sissignore! la lettera con le melenzose!... eccola qua!... - e gliela fregò sotto il naso, scoppiando a piangere di rabbia. Don Ninì da prima rimase sbalordito. Indi scattò su come una furia, cercando il cappello. Sull'uscio s'imbatté in don Filippo, che accorreva al rumore. - Siete uno stupido!... un imbecille!... La bella educazione che avete saputo dare a vostra figlia!... Grazie a Dio, non ci metterò più i piedi a casa vostra! E partì infuriato sbatacchiando l'uscio. Don Filippo che era rimasto a bocca aperta, appena il baronello se ne fu andato, si cacciò nel palchetto, sbraitando contro la moglie alla sua volta: - Siete una stupida!... Non avete saputo educare le figliuole!... Vedete cosa mi tocca sentirmi dire!... Non dovevate portarmelo in casa quel facchino!... La rottura fece chiasso. Dopo cinque minuti non si parlava d'altro in tutto il teatro. Poco mancò che la produzione non terminasse a fischi. Il capocomico se la prese colla prima donna, che lo guastava con le prime famiglie del paese. Ma lei giurava e spergiurava di non conoscerlo neanche di vista, quel barone, e gliene importava assai di lui. L'udirono mastro Cosimo il falegname e quanti erano sul palcoscenico. Don Ninì furibondo andò subito il giorno dopo a cercare Ciolla, il quale se ne stava pei fatti suoi, dopo quelle ventiquattr'ore passate in Castello sottochiave. - Bella figura m'avete fatto fare colle vostre melenzose!... La sa a memoria tutto il paese la vostra lettera!... - Ebbene? cosa vuol dire? Segno ch'è piaciuta, se la sanno tutti a memoria! - È piaciuta un corno! Lei dice che gliene importa assai di me! - Oh! oh!... È impossibile!... La lettera avrebbe sfondato un muro! Vuol dire che la colpa è vostra, don Ninì... Non parlo del vostro fisico... Bisognava accompagnarla con qualche regaluccio, caro barone! La polvere spinge la palla! Credevate di far colpo per la vostra bella faccia?... con due baiocchi di carta rasata?... Giacché a me non mi avete dato nulla, veh!... Invano gli amici e i parenti tentarono d'intromettersi onde rappattumare i fidanzati. La mamma ripeteva: - Che vuoi farci?... Gli uomini!... Anche tuo padre!... - Don Filippo la pigliava su un altro tono: - Sciocchezze... scappatelle di gioventù!... Fu l'occasione... la novità... Le prime donne non vengono mica ogni anno... Sei una Margarone alla fin fine! Lui non cambia certo una Margarone con una comica!... Poi, se perdono io che sono offeso maggiormente!... Ma donna Fifì non si placava. Diceva che non voleva saperne più di colui, uno sciocco, un avaraccio, il barone Melenzose!... Se mai, non le sarebbe mancato un pretendente cento volte meglio di lui... Andava scorbacchiandolo con tutti, amiche e parenti. Don Ninì dalla rabbia avrebbe fatto non so che cosa. Giurava che voleva spuntarla ad ogni costo, ed avere la prima donna, non fosse altro per dispetto. - Ah! gliela farò vedere a quella strega! La polvere spinge la palla!... E mandò a regalare salsicciotti, caciocavallo, un bottiglione di vino. Empirono la tavola della locanda. Non si parlava d'altro in tutto il paese. Il barone Mèndola narrava che ogni sera si vedevano le Nozze di Cana dal suo buco. Regali sopra regali, tanto che la baronessa dovette nascondere la chiave della dispensa. Mastro Titta venne a dire infine a don Ninì: - Non resiste più, vossignoria! Ha perso la testa, la prima donna. Ogni sera, mentre sto a pettinarla, non mi parla d'altro. - Se mi fa avere la soddisfazione che dico io!... Sotto gli occhi medesimi di donna Fifì voglio avere la soddisfazione! Voglio farla morir tisica! Fu una delusione il primo incontro. La signora Aglae faceva una parte di povera cieca, e aveva il viso dipinto al pari di una maschera. Nondimeno lo accolse come una regina, nel bugigattolo dove c'era un gran puzzo di moccolaia, e lo presentò a un omaccione, il quale stava frugando dentro il cassone, in maniche di camicia, e non si voltò neppure: - Il barone Rubiera, distinto cultore... Il signor Pallante, celebre artista. Poi volse un'occhiata alla schiena del celebre artista che continuava a rovistare brontolando, un'altra più lunga a don Ninì, e soggiunse a mezza voce: - Lo conoscevo di già!... Lo vedo ogni sera... in platea!... Egli invece stava per scusarsi che in teatro non era venuto a causa del lutto; ma in quella si voltò il signor Pallante colle mani sporche di polvere, il viso impiastricciato anche lui, e una vescica in testa dalla quale pendevano dei capelli sudici. - Non c'è, - disse con un vocione che sembrava venire di sotterra. - Te l'avevo detto!... accidenti! - E se ne andò brontolando. Ella guardò intorno in aria di mistero, colle pupille stralunate in mezzo alle occhiaie nere; andò a chiudere l'uscio in punta di piedi, e poscia si voltò verso il giovane, con una mano sul petto, un sorriso pallido all'angolo della bocca. - È strano come mi batte il cuore!... No... non è nulla... sedete. Don Ninì cercò una sedia, colla testa in fiamme, il cuore che gli batteva davvero. Infine si

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