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Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 16alla nuca che mostrava la pelle bianca dove il sole non aveva bruciato. Le mani, annerite, erano piccole e scarne: delle povere mani pel suo duro mestiere!... - Mangia, mangia. Devi essere stanca tu pure!... Ella sorrise, tutta contenta, senza alzare gli occhi. Il padrone le porse anche il fiasco: - Tè, bevi! non aver suggezione! Diodata, ancora un po' esitante, si pulì la bocca col dorso della mano, e s'attaccò al fiasco arrovesciando il capo all'indietro. Il vino, generoso e caldo, le si vedeva scendere quasi a ogni sorso nella gola color d'ambra; il seno ancora giovane e fermo sembrava gonfiarsi. Il padrone allora si mise a ridere. - Brava, brava! Come suoni bene la trombetta!... Sorrise anch'essa, pulendosi la bocca un'altra volta col dorso della mano, tutta rossa. - Tanta salute a vossignoria! Egli uscì fuori a prendere il fresco. Si mise a sedere su di un covone, accanto all'uscio, colle spalle al muro, le mani penzoloni fra le gambe. La luna doveva essere già alta, dietro il monte, verso Francofonte. Tutta la pianura di Passanitello, allo sbocco della valle, era illuminata da un chiarore d'alba. A poco a poco, al dilagar di quel chiarore, anche nella costa cominciarono a spuntare i covoni raccolti in mucchi, come tanti sassi posti in fila. Degli altri punti neri si movevano per la china, e a seconda del vento giungeva il suono grave e lontano dei campanacci che portava il bestiame grosso, mentre scendeva passo passo verso il torrente. Di tratto in tratto soffiava pure qualche folata di venticello più fresco dalla parte di ponente, e per tutta la lunghezza della valle udivasi lo stormire delle messi ancora in piedi. Nell'aia la bica alta e ancora scura sembrava coronata d'argento, e nell'ombra si accennavano confusamente altri covoni in mucchi; ruminava altro bestiame; un'altra striscia d'argento lunga si posava in cima al tetto del magazzino, che diventava immenso nel buio. - Eh? Diodata? Dormi, marmotta?... - Nossignore, no!... Essa comparve tutta arruffata e spalancando a forza gli occhi assonnati. Si mise a scopare colle mani dinanzi all'uscio, buttando vie le frasche, carponi, fregandosi gli occhi di tanto in tanto per non lasciarsi vincere dal sonno, col mento rilassato, le gambe fiacche. Dormivi!... Se te l'ho detto che dormivi!... E le assestò uno scapaccione come carezza. Egli invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba! Ragazzetto... gli sembrava di tornarci ancora, quando portava il gesso dalla fornace di suo padre, a Donferrante! Quante volte l'aveva fatta quella strada di Licodia, dietro gli asinelli che cascavano per via e morivano alle volte sotto il carico! Quanto piangere e chiamar santi e cristiani in aiuto! Mastro Nunzio allora suonava il deprofundis sulla schiena del figliuolo, con la funicella stessa della soma... Erano dieci o dodici tarì che gli cascavano di tasca ogni asino morto al poveruomo! - Carico di famiglia! Santo che gli faceva mangiare i gomiti sin d'allora; Speranza che cominciava a voler marito; la mamma con le febbri, tredici mesi dell'anno!... - Più colpi di funicella che pane! - Poi quando il Mascalise, suo zio, lo condusse seco manovale, a cercar fortuna... Il padre non voleva, perché aveva la sua superbia anche lui, come uno che era stato sempre padrone, alla fornace, e gli cuoceva di vedere il sangue suo al comando altrui. - Ci vollero sette anni prima che gli perdonasse, e fu quando finalmente Gesualdo arrivò a pigliare il primo appalto per conto suo... la fabbrica del Molinazzo... Circa duecento salme di gesso che andarono via dalla fornace al prezzo che volle mastro Nunzio... e la dote di Speranza anche, perché la ragazza non poteva più stare in casa... E le dispute allorché cominciò a speculare sulla campagna!... - Mastro Nunzio non voleva saperne... Diceva che non era il mestiere in cui erano nati. "Fa l'arte che sai!" - Ma poi, quando il figliuolo lo condusse a veder le terre che aveva comprato, lì proprio, alla Canziria, non finiva di misurarle in lungo e in largo, povero vecchio, a gran passi, come avesse nelle gambe la canna dell'agrimensore... E ordinava "bisogna far questo e quest'altro" per usare del suo diritto, e non confessare che suo figlio potesse aver la testa più fine della sua. - La madre non ci arrivò a provare quella consolazione, poveretta. Morì raccomandando a tutti Santo, che era stato sempre il suo prediletto, e Speranza carica di famiglia com'era stata lei... - un figliuolo ogni anno... - Tutti sulle spalle di Gesualdo, giacché lui guadagnava per tutti. Ne aveva guadagnati dei denari! Ne aveva fatta della roba! Ne aveva passate delle giornate dure e delle notti senza chiuder occhio! Vent'anni che non andava a letto una sola volta senza prima guardare il cielo per vedere come si mettesse. - Quante avemarie, e di quelle proprio che devono andar lassù, per la pioggia e pel bel tempo! - Tanta carne al fuoco! tanti pensieri, tante inquietudini, tante fatiche!... La coltura dei fondi, il commercio delle derrate, il rischio delle terre prese in affitto, le speculazioni del cognato Burgio che non ne indovinava una e rovesciava tutto il danno sulle spalle di lui!... - Mastro Nunzio che si ostinava ad arrischiare cogli appalti il denaro del figliuolo, per provare che era il padrone in casa sua!... - Sempre in moto, sempre affaticato, sempre in piedi, di qua e di là, al vento, al sole, alla pioggia; colla testa grave di pensieri, il cuore grosso d'inquietudini, le ossa rotte di stanchezza; dormendo due ore quando capitava, come capitava, in un cantuccio della stalla, dietro una siepe, nell'aia, coi sassi sotto la schiena; mangiando un pezzo di pane nero e duro dove si trovava, sul basto della mula, all'ombra di un ulivo, lungo il margine di un fosso, nella malaria, in mezzo a un nugolo di zanzare. - Non feste, non domeniche, mai una risata allegra, tutti che volevano da lui qualche cosa, il suo tempo, il suo lavoro, o il suo denaro; mai un'ora come quelle che suo fratello Santo regalavasi in barba sua all'osteria! - trovando a casa poi ogni volta il viso arcigno di Speranza, o le querimonie del cognato, o il piagnucolìo dei ragazzi - le liti fra tutti loro, quando gli affari non andavano bene. - Costretto a difendere la sua roba contro tutti, per fare il suo interesse. - Nel paese non un solo che non gli fosse nemico, o alleato pericoloso e temuto. - Dover celare sempre la febbre dei guadagni, la botta di una mala notizia, l'impeto di una contentezza; e aver sempre la faccia chiusa, l'occhio vigilante, la bocca seria! Le astuzie di ogni giorno; le ambagi per dire soltanto "vi saluto"; le strette di mano inquiete, coll'orecchio teso; la lotta coi sorrisi falsi, o coi visi arrossati dall'ira, spumanti bava e minacce - la notte sempre inquieta, il domani sempre grave di speranza o di timore... - Ci hai lavorato, anche tu, nella roba del tuo padrone!... Hai le spalle grosse anche tu... povera Diodata!... Essa, vedendosi rivolta la parola, si accostò tutta contenta, e gli si accovacciò ai piedi, su di un sasso, col viso bianco di luna, il mento sui ginocchi, in un gomitolo. Passava il tintinnìo dei campanacci, il calpestìo greve e lento per la distesa del bestiame che scendeva al torrente, dei muggiti gravi e come sonnolenti, le voci dei guardiani che lo guidavano, e si spandevano lontane, nell'aria sonora. La luna, ora discesa sino all'aia, stampava delle ombre nere in un albore freddo; disegnava l'ombra vagante dei cani di guardia che avevano fiutato il bestiame; la massa inerte del camparo, steso bocconi. - Nanni l'Orbo, eh?... o Brasi Camauro? Chi dei due ti sta dietro la gonnella? - riprese don Gesualdo che era in vena di scherzare. Diodata sorrise - Nossignore!... nessuno! Ma il padrone ci si divertiva: - Sì, sì!... l'uno o l'altro... o tutti e due Tag: sempre tutti padrone speranza roba prima nunzio mastro mani Argomenti: due ore, fratello santo, cuore grosso, dodici tarì, pane nero Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Garibaldi di Francesco Crispi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Dryas iulia: la farfalla più insolita del mondo Come calmare un gatto Dentisti all'estero Il trucco giusto per gli occhi scuri I primi segnali di una gravidanza
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