Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 23

Testo di pubblico dominio

fine proruppe: - Ma è giustizia, santo Dio? è giustizia far tribolare in tal modo un galantuomo che vi vuol tanto bene?... Dare un calcio alla fortuna?... Scusatemi, donna Bianca! io parlo nel vostro interesse... Dovete pensarci voi! Non siete più sotto tutela, alla fin fine!... Mi scaldo il sangue per voi... perché sono buon servo della vostra famiglia... una gran casata!... peccato che non sia più quella di prima!... Ora che avreste il mezzo di far risorgere il nome dei Trao!... Questo si chiama dare un calcio alla fortuna!... si chiama essere ingrati colla divina Provvidenza. Essa seguitava ad andare verso la porta, irresoluta, a capo chino. Don Luca alle calcagna di lei, accalorandosi, toccando tutti i tasti, mutando tono a ogni registro: - E certe giornate, donna Bianca!... certe giornate che spuntano a casa vostra!... Basta, scusatemi, io ne parlo perché ci bazzico sempre ad aiutarvi, insieme a mia moglie... E quando i vostri parenti si dimenticano che siete al mondo!... certe giornate d'inverno come vuol Dio!... Basta! Potreste esser la regina del paese, invece! pensateci bene. Don Gesualdo spiccherebbe di lassù il sole e la luna per farvi piacere!... Non ci vede più dagli occhi!... Sembra un pazzo addirittura. Donna Bianca s'era fermata su due piedi, a testa alta, con una fiamma improvvisa che parve buttarle in viso la portiera sollevata in quel momento da qualcuno che entrava in chiesa. Comparve una donna macilenta, colla gonnella in cenci sollevata dalla gravidanza sugli stinchi sottili, sudicia e spettinata, come se non avesse fatto altro in vita sua che portare avanti quel ventre - un viso di chioccia istupidita dal covare, con due occhietti tondi su di una faccia a punta, gialla e incartapecorita, e un fazzoletto lacero da malata, legato sotto il mento; nient'altro sulle spalle, da persona ch'è di casa in casa del Buon Dio. Essa dalla soglia si mise a gemere, quasi avesse le doglie: - Don Luca?... che non lo suonate mezzogiorno?... la pentola sta per bollire... - Perché l'hai messa a bollire così presto? Il sole è ancora qui, sul limitare... L'arciprete fa un casa del diavolo per questa faccenda di suonare mezzogiorno prima dell'ora... Per stavolta... giacché è fatta... eccoti la chiave del campanile... Don Luca, tenendo ancora la cotta sotto il braccio, litigava colla moglie, stecchito nella sottana bisunta quant'era enorme il ventre della donna: - Tu ci hai l'orologio lì, nella pancia!... Pensi solo a mangiare!... Ci vuol la grazia di Dio!... I vicini sono ancora tutti fuori... Ecco lì i ragazzi di Burgio! - Aspettano anche loro!... - piagnucolò la moglie, sempre su quel tono. - Aspettano che suonate mezzogiorno... - E se ne andò col ventre avanti. - I nipoti di don Gesualdo! - riprese il sagrestano ammiccando in modo significativo a donna Bianca nel tornare indietro. - Stanno lì a farci la spia!... Li manda sua madre apposta, comare Speranza, per sapere tutto quello che facciamo! Tiene d'occhio la roba, colei!... quasi fosse sua!... Ci ha fatto i suoi disegni sopra!... Quando m'incontra ha l'aria di mangiarmi!... Finse di precedere donna Bianca per sollevare la portiera, onde trattenerla ancora un momento: - Lui fa proprio compassione!... Una faccia da malato!... Mi parlò tutto il tempo di vossignoria... Dice che forse il canonico Lupi non avrà saputo fare l'imbasciata... che vorrebbe parlarvi... per vedere... per sentire... Donna Bianca si fece di fuoco. - È innamorato, che volete farci? Innamorato come un pazzo. Dovreste tornare a parlargliene coi vostri fratelli. Mandargli qualche buona parola... una risposta più da cristiani... Verrò io stesso a prenderla, dopo mezzogiorno, quando don Diego e don Ferdinando sono in letto... col pretesto dei fiori per la Madonna... Sì? Cosa mi dite? Essa chinò il capo rapidamente, nel passare sotto la cortina, ed uscì fuori. Don Luca credette di scorgere che volesse frugarsi in tasca, e seguitò, correndole dietro: - Che fate? No! Mi offendete! Un'altra volta... più tardi... quando potrete... Ho pensato meglio di mandare mia moglie, a prendere la risposta di vossignoria. Non vorrei che i vostri fratelli, vedendomi bazzicare per casa, sospettassero che mi manda il canonico... Dopo vespro spicciò lesto lesto il servizio della chiesa e corse alla Canziria: cinque miglia di salita, pazienza, per amore di don Gesualdo che se lo meritava, in verità! - Sta per cascare, don Gesualdo! Ancora essa non mi ha detto chiaro di sì, colla sua bocca; ma si vede che tentenna, come la pera quand'è matura. Sono pratico di queste cose, perché vedo tutti i giorni in chiesa delle donne che ricorrono al tribunale della penitenza... prima e poi... M'ha fatto sudare una camicia!... Ma ora vi dico che la pera è matura! Un'altra crollatina, e vi casca fra le braccia; ve lo dico io! Dovreste correre al paese e scaldare il ferro mentre è caldo. Però don Gesualdo non fece una gran festa all'imbasciata amorosa che gli capitava in quel momento: - Vedete, don Luca, ci ho tutta la raccolta nell'aia... Sono in piedi da stanotte... Non ho sempre il vento in tasca per trebbiare a comodo mio!... L'aia era vasta quanto una piazza. Dieci muli trottavano in giro, continuamente; e dietro i muli correvano Nanni l'Orbo e Brasi Camauro, affondando nella pula sino ai ginocchi, ansanti, vociando, cantando, urlando. Da un lato, in una nuvola bianca, una schiera di contadini armati di forche, colle camice svolazzanti, sembrava che vangassero nel grano; mentre lo zio Carmine, in cima alla bica, nero di sole, continuava a far piovere altri covoni dall'alto. Delle tregge arrivavano ogni momento dai seminati intorno, cariche d'altra messe; dei garzoni insaccavano il grano e lo portavano nel magazzino, dove non cessava mai la nenia di Pirtuso che cantava "e viva Maria!" ogni venti moggi. Tutt'intorno svolazzavano stormi di galline, un nugolo di piccioni per aria; degli asinelli macilenti abboccavano affamati nella paglia, coll'occhio spento; altre bestie da soma erano sparse qua e là; e dei barili di vino passavano di mano in mano, quasi a spegnere un incendio. Don Gesualdo sempre in moto, con un fascio di taglie in mano, segnando il frumento insaccato, facendo una croce per ogni barile di vino, contando le tregge che giungevano, sgridando Diodata, disputando col sensale, vociando agli uomini da lontano, sudando, senza voce, colla faccia accesa, la camicia aperta, un fazzoletto di cotone legato al collo, un cappellaccio di paglia in testa. - Lo vedete, don Luca, se ho tempo da perdere adesso!... Vino, qua! Date da bere a don Luca!... Sì, sì, verrò; ma quando potrò... Per ora non posso muovermi, cascasse il mondo!... Diodata!... bada che il vento spinge la fiamma verso l'aia, santo e santissimo!... No, don Luca! non sono in collera pel rifiuto dei suoi fratelli... Venite qua, accostatevi, ch'è inutile far sapere alla gente i fatti nostri!... Ciascuno la pensa a modo suo... Poi è lei che deve risolvere... Se lei dice di sì, io per me non mi tiro indietro... Ma oggi non posso venire... e neppure domani... Be'! dopodomani!... Dopodomani devo venire anche per l'affare della gabella, e ne discorreremo. Don Luca suggerì pure di far precedere due paroline scritte: - Ci abbiamo appunto mia moglie che par fatta apposta per consegnarle sottomano a donna Bianca, senza destar sospetti. Una bella letterina, con due o tre parole che fanno colpo sulle ragazze! Capite, vossignoria? Ciolla ci ha la mano... Ne parlerei io stesso a Ciolla in segretezza, senza stare a rompervi il capo, vossignoria; e vi fa fare una bella figura. Con un bottiglione di vino poi ve lo chetate, il Ciolla. Don Gesualdo non volle sapere di lettera: - Non per risparmiare il vino; ma che storie mi andate contando? Se a lei l'affare gli va, allora che bisogno c'e di tante chiacchiere. - Basta! basta! - conchiuse don Luca. - Dicevo per piantare meglio il chiodo. Ma voi siete il padrone. Don Luca se ne tornò tutto contento, con un agnello e una forma

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Argomenti: tre parole,    fazzoletto lacero

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