Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 35

Testo di pubblico dominio

case Sestrine, tra gli scheletri dei bastimenti su pel lido, tra il fumo delle incessanti officine. Oh mare d'acqua benedetta! Insidiosa d'ozi e d'amori, bellissima riviera genovese! Anch'io ascesi la gradinata, mi fermai sulla piazzuola, anch'io venni su per la salita alla chiesina del marinaio…. E vidi i voti: chi v'appese un nastro, chi una corona, chi un rozzo bastimentino, chi una fune, e un pezzo di vela…. Anch'io pregai: anch'io vi posi un fiore…. * * * O Virgo, hai le virgines. Sei chiesuola tutta bianca, a battenti spalancati, con note d'organo dolcissime. Siete monachine vestite di nero, avete nero cappuccione che vi cela il volto, sfilate silenziose dalla porta segnata di croce alla chiesuola. O monachine, io entrai sotto l'androne freddo del vostro monistero, e vidi una finestretta e su quella era scritto Parlatorio. Oh con chi parlate? Giù alla spiaggia cocente, alla palizzata che chiude il bastimento in costruzione, vidi una fanciulla bisbigliante ad una fessura. Era la marinarina: e fuggì e riprese ad empirsi il grembiale di scheggioni di legno. Su quella fessura non era scritto Parlatorio. Oh con chi parlava? * * * Stando io sulla piazzuola e guardando innanzi, vedevo in fondo alla portella paonazziccia per l'incenso un lumicino, e guardando indietro, indovinavo nella zona nebulosa, che a sera fonde e mare e cielo, un altro lumicino. O monachelle, io penso che, dal chiostro passando alla chiesuola, nelle stellate notti primaverili, io penso che a tante di voi, tra le lagrime di consunzione, nella preghiera inavvertita e confusa nel canto delle compagne, collo strascico delle tarde litanie, il vostro lumicino dell'altare parve la piccolissima facella accesa dal pescatore a sera, quando voi, gioconde marinarine di un dì, candide e furtive nuotatrici dell'ora bruna, avevate la croce al collo e non sul cuore, croce d'argento e non croce di spini: la facella spiata nell'attesa soavissima e impaziente! O pescatori, io penso che il vostro lumicino di prora vi fa pregare ed è come posto dinnanzi ad un altare, se la barca è drizzata al paesello, alla casuccia, forse alla finestra di lei, se il tuffo ninnante dei remi, al sussurro sospiroso del mare spianato, s'accompagna alla canzone che non suona, ma che blandisce il desiderio della fantasia. Se voi, monache, se voi, pescatori, siete vecchi, non va disperso il mio pensiero. Non l'ho avuto per voi. * * * La campanella di Virgo Potens non suona mai da morto! Non dice mai:—Don, don, don. Vedi: pel funerale lo scaccino moccioso apre l'armadio rosso di sacristia e contempla le torce, pensando che la provvidenza dei poverini, mandando una giornata ventosa, farà stillare giù le grasse goccione di provento. Vedi: suora Brigida e suora Agnese fanno ronzare i vetri grigi della chiesa, strascinando le due panche, il seggiolone e i quattro candellieri di ferro. Suora Lucrezia sbatte la bianca coltre polverosa sull'erba delle quiete tombe. Suora Maria nell'orticello ha già colto i fiori ch'erano per l'altare bianco, e suora Margherita sul leggìo dell'organo ha già aperto la musica del de profundis. Vedi: le novizze nel corritoio si bisbigliano. «Quella nostra povera compagna l'aveva nove Madonne benedette nel libro della messa, e a capo al letto il san Giuseppe della buona morte. Oh speriamo!» E l'abbadessa, sola, sul poltronone, s'incomincia a dire. «Eppure l'era una buona figliuola! Potevo darle la cella meno umida e lasciarla al Parlatorio un po' più: potevo permetterle che cucisse la vesta d'oro per la nostra pia protettrice e dirle qualche buona parola!… Requiem eternam….» La campanella non suona mai da morto! Non conta mai quelle istorie piagnolose e lugubri: ma sempre suona a festa: e, se una monaca è all'ultima avemaria del rosario di questa vita, suona a doppia festa. Io vorrei essere lassù tutto l'anno, a quella chiesuola, e vorrei su quella gradinata, su quella piazzuola, su quella salita, andare innanzi passolino passolino, facendomi il poeta dei crepuscoli, e vorrei coll'anima illanguidita della sera, vorrei pregare la Madonna. La campanella non suona mai da morto! E vorrei…. No, no: campanella, addio! Tu non suoni mai pei battesimi. Monache e fanciulle, sapete che la Madonna vuole il bambolino. * * * Al tramonto, nell'ora in cui la campanella, sotto il tettuccio di lavagna, suona verso la valle, suona melanconica e credente, come una novizza in cantoria, se un biondo raggio di sole, entrando per la portella aperta, giungesse a baciare il sorriso della tua statuina, o chiesa del marinaio, se un soffio d'aria fremente dalla marina traesse un lamento da una canna dell'organo soavissimo, se la canzone del pescatore venisse a morire tra i fiori dell'altare candido, o Virgo, in queil'ora in cui anch'io mi sento buono e confidente, vorrei sedere su i tuoi gradini e sorridere alla bianca melanconia, e sorridere coll'ultimo sorriso…. Una monachina mi troverebbe pallido e dolcemente morto, come se in una visione amorosa io posassi inebbriato in un bagno di profumi, e mi preparerebbe la verginea bara della sua sacristia, la candela benedetta, la croce d'argento, il libro del de profundis, la corona bianca col velo a stelle di talco…. Sarebbe bella o brutta la monachina?… La monachina forse penserebbe: Egli aveva vent'anni! E gli facciamo il funerale! E tu, gioconda, fastosa, pomposissima bagnante, che hai scherzato con me? Forse tu nemmanco muoveresti un passo a porre un filo d'erba odorosa sul mio capo agghiacciato dopo tante febbri. Forse tu diresti: Non so quali sieno i fiori di cimitero. Sono i più gentili, e non sono per te. DESERTO. Mare e cielo. L'acqua del mare giace bigia e tranquilla, e sembra tratto tratto alzarsi con una oscillazione sola, vastissima, dispersa. Là dove la nostra fiacca pupilla dice:—è l'orizzonte—con un dolce movimento tremola una bianchezza lattea. Ma là non c'è la linea, il confine, la nostra imbecillità; là regna un deserto di luce, un'amplissima curva che si perde in un'altra curva, che finisce alla terra…. E il cielo dove incomincia ad essere azzurro? Dove finisce?… Perchè? perchè? perchè?… Quanto sperpero d'aria, d'acqua, e di pensiero! È l'infinito: tanto ne sa il teologo, come il chimico: quello freddamente lambiccante Dio dai volumi di san Tomaso; questo trionfante sulle sue formole che nulla hanno creato e nulla creeranno: tanto ne gode il poeta, il quale dall'Arte non trae che patemi; quanto il marinaio che dal mestiere guadagna il pane…. Mare e cielo! Vorrei correrli tutti! Essere un'onda spinta e risospinta, per vagare e vagare, per mutarmi in un fiocco di spuma al collo di un'ondina, e formare una collana di perle: essere un millimetro cubo di gas, per vagare e vagare, e correre ad accendermi vicino alle stelle d'Iddio…. Pavoneggiarmi un minuto, esser bello, adorare il Paganesimo, adorare il nostro Ieova, aver veduto il mare, il cielo…. ma finire! O Natura, per carità, lasciami finire! Sull'acqua c'è un fruscìo: se si spazzolasse un drappo serico di mille miglia ci sarebbe l'istesso effetto sulla ghiaia che sorbe l'onda. Il cielo si vela biancamente, e, checchè ne dicano i signori professori, sembra, dove l'occhio nostro lo guarda, scavarsi in abissi profondi e vibrare con milioni d'atomi azzurri, di contorni indecisi, di ghirigori trasparenti. S'accende la luna: mezza luna, scema a destra, sbiadita, oleata…. Per compagna le pende vicino una stella, la punta di un dardo arroventato, che scocca raggi all'innanzi…. Chi sono io?… Chi sono!… Tutto tace…. Il mare ha coscienza di questa sua poesia? e il cielo?… La massa salsa ed amara è la stupida materia: non insulto la luna, le stelle e lo spazio inafferrabile dove neppure i palloni sanno approdare, ma…. Deserto è il mare: deserto è il cielo: deserta l'anima mia. Il navigante ha la sua mappa in quel deserto: l'astronomo la sua tavola nera: la donna nell'anima il suo prospetto della dote, controdote, posto in teatro, e paradiso.

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Argomenti: sei chiesuola,    sussurro sospiroso,    scaccino moccioso,    biondo raggio,    dolce movimento

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