Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero pagina 25

Testo di pubblico dominio

manca tutto? Sì e non ho più volontà di studiare. E perchè? perchè, mio Dio, ho la mente tanto torpida? Dicono ch'io scrivo con facilità: se sapessero il mio tormento! «Oh blest be thine unbroken light!» 1.° gennaio 1881.—È finito un anno! Un altro incomincia!—Trepido aspettando il tuo biglietto, o Lidia.—Chi si ricorda di me? Vittoria pensa alla felicità delle sue nozze: tu dove sei? Come hai passato Natale? Ti ricordi che ho una famiglia? Che dovresti averne una anche tu? Ho lavorato fino alle cinque e mezzo, si fa buio. Presto andrò d'abbasso pel pranzo. La portinaia mi darà il tuo biglietto? 2 gennaio.—Jeri, scendendo le scale, mi dissi:—E se mi mandasse col suo biglietto un altro che fosse di suo marito?—Stamattina ero quasi libero e gaio: a mezzo giorno, tornando quassù per lavorare, accendo la stufa. L'odore di pino bruciato mi rammenta Limbiate, e i fuochi dei poveri focolari in novembre, e il tormento dell'anima mia…. Non dimenticarmi che ho sofferto tanto! Non dimenticarmi! Verrà la primavera a darmi i languori e le poesie e i ricordi…. Ed io sarò solo nell'anima mia.—Non dimenticarmi!—Vorrei guardare il tuo ritratto, ma non oso! (Sera).—Perchè mi hai dimenticato così? Non sai ch'io lavoro per te? Che m'importa dell'archeologia, della politica, dell'arte? Mi rompo lo stomaco di giorno nelle biblioteche, e rubo il sonno di notte, per lavorare per te…. Senza cuore! dimenticami, ma non sarai dimenticata da me; verrà la primavera, verranno le mie prime viole, leggerò ancora il mio Byron…. E ti amerò! Ti amerò! Ti amerò sempre! 3 gennaio.—Oggi sono rimasto fuori di casa tutto il giorno. Tornando a pranzo, speravo che la portinaia mi desse il tuo biglietto…. Come due soli anni fa t'avevo santamente e mestamente pregata di mandarmi un solo biglietto!—Nulla.—Come è squallido l'obblio! Lo sento ora. Che scopo avrà la mia vita se anche questo sogno è perduto? Lavoravo, lavoravo, lavoravo, perchè il mio nome giungesse a te come un nome onorato e stimato…. Ed ora? Il nome? il nome? Per un matrimonio, che accontenti le ciarle del mondo, bastano i denari di mio padre! Chi sa ch'io fui casto, tormentato, poeta e gentile? Chi lo sa? Perchè non mi sono dato alle femmine?—Mio Dio! tu sei in alto, più in alto di me e di Lidia e tu vedi e mi premii così! L'obblio! E perchè non la morte, se mi cadono tutti i sogni di sette od otto anni? 4 gennaio.—L'oubli seul sépare. Siamo separati e questa volta per sempre! O mie memorie, miei boschi di Limbiate, mio cimitero, mie malattie!—Tutto è finito ed io coltivo squisitamente il mio dolore. 6 gennaio.—Suonano le campane da morto. È morta anche l'anima mia! Chi conosce il tormento di questa mia solitudine? Tu non mi ami! hai pensalo a spezzare il filo fra noi, il filo sottilissimo? Hai provato dolore? Io non reggo! Mi decido a mandarti il mio biglietto. Capirai perchè ho tardato?—ho guardato il biglietto che mi hai mandato l'anno scorso: mi sono sentito commosso.—Tutto il giorno ho studiato, e mi sento stanco: un giorno il mio lavoro lo dedicavo a Te. Ho preparato il mio biglietto per Lidia. Per vedere l'indirizzo, ho voluto rivedere quello suo dell'anno scorso: la busta è povera, c'è un francobollo meschino da due!—Chi è questa fanciulla?—Ti mando il mio biglietto: tardi: che dirai? Ti annoio?—Se non mi rispondi col Tuo, siamo davvero separati dall'oblio. 9 gennaio.—Dimmi, quando sarà finito il mio tormento? Aspetto la tua carta di visita. Se non rispondi, Ti odierò! Sarà l'odio, non l'oblio! 11 gennaio.—Perchè annoterò anche le debolezze? ho pianto! Or ora ho incontrata la mia fanciulla…. Non scrivo! non scrivo! E supplico Dio che Tu mi dimentichi, o Lidia! E perchè?—Chi mi vorrà un po' di bene?—La scienza, la scienza dei libri è crudele, è crudele e mi schiaccia!—E questo stupido pettegolezzo della politica come è vuoto! Dio mio! Mi suona nell'anima un riso argentino di fanciulla che poteva farmi felice.—E sono qui impotente, iroso ed odio.—Che mi valgono quelle sciocchezze che ho pubblicato sui giornali e sui libri? Sono ambizioso io? Vorrei essere felice: vorrei essere contento: vorrei esser quieto. 12 gennaio.—Quante cose ho sognato stanotte. Ero felice! 18 gennaio.—Mi faccio forza: non voglio scrivere…. Siamo separati. Tu hai obliato! Io non posso rimanere qui, in questo studio. C'è il mobiletto, le tue, le mie lettere, il mio tormento. Come vorrei mutare studio e incominciare una vita nuova! Ieri a sera ho veduto il seno opulento di un modello nudo alla scuola degli artisti: io ho aiutato a vestire quella ragazza. Dio, che perdizione nelle carni della femmina! Ho ventinove anni e vorrei impazzire nella voluttà.—Oggi devo accompagnare al cimitero una mamma. Stamattina ho baciato la mia.—Il tarlo fa un gran buco nel mio cassettone.—Come vorrei mutare!—Spero ancora…. Il mio biglietto T'è giunto? Forse sei partita per la Germania e il mio biglietto non Ti trovò a
Venezia.
30 gennaio.—Siamo separati. Come hai dimenticato! Ed io ti ho amato tanto! Perchè rimarrò qui? dove tutto mi fa ricordare di Te? Vorrei cambiare cielo e abitudini…. Vorrei la mia donna! Non scrivo di più.—La Tua memoria è santa. Tu fosti il mio angelo, ho tanto sofferto per Te. Ma non ti odio, no, no! Ti benedico.—Forse sono l'ultime righe che scrivo. Seppellirò tutte queste carte, ma la tua memoria sarà sempre in me, e lo sa Dio s'io ti perdono. 10 febbraio.—Perchè non posso sognarle le mie illusioni?—Perchè sono artista? 19 febbraio. Anche tu, Lidia, dovevi sposarti in febbraio. Oggi si marita quella ragazza con cui ho passato più di un'ora gentile, là sui monti, dove tremavo di vederti.—È finita ogni mia speranza! 20 febbraio.—Da vari mesi trascuro i poveri, per darmi a un po' di studio…. A che studiare? Io non riuscirò. Ho sempre scritto pensando a qualche anima gentile…. Ed ora? Che deserto! Mio Dio, Ti supplico, ginocchioni, gettato a terra Ti supplico, fammi morire! Ho letto le memorie dell'anno scorso.—Mio Dio, fammi morire.
Risparmiami un altro anno di tormenti.
Trovo nel cassetto una memoria che mi diede Vittoria. Oh piango!—E devo scrivere pei musei e pelle biblioteche. Ho lavorato cinque ore. Scendo. Trovo i confetti della sposa. 21 febbraio.—Perchè sono sì sconfortato?—Si muore così bene a trent'anni. 25 febbraio.—Ho lavorato tutto il giorno, come un somaro, come uno scolaretto. A chi dedico ora i miei pensieri? 26 febbraio.—Ho sentito le campane—solenni—di San Carlo suonare come in quelle sere in cui dopo la mia malattia nel 74 io passeggiavo solo nei giardini pubblici… O Lidia, come Ti amo ancora! Oh suicidio!—È sera: è buio. Dispero.—Lidia, non potei resistere. Lessi una tua lettera a me: tu fai voti pel mio avvenire.—Sono scorsi due anni e Tu mi hai dimenticato! 27 febbraio.—Hanno finito di sorridere per me le fanciulle…. e non mi hanno mai sorriso.—Come vi voglio bene, o miei ferri vecchi, o povere armi, che fra tante tempeste mi avete dato occasione a un po' di svago! Le conosco tutte:—alcune mi rammentano delle date: quando Lidia mi scrisse: quando scrissi a Lei: quando ero disperato: quando ero consolato…—Avevo giurato di non aprire più queste memorie, di perdere la chiave di questo cassetto. Se potessi mutare camera, idee, abitudini, e pigliare un po' di speranza! 28 febbraio.—Povero mio cuore!… Sciocco! povera mia carne che nulla godesti, che avesti l'inferno nelle fibre e che sarai mangiata dai vermi! Povera giovinezza che sei passata, senza godimenti, senza voluttà, senza ubbriachezze!—E il mio inno a Dio? 3 marzo.—È primavera: è giovedì grasso, ho assistito in cimitero alla cremazione del prof. Goletti. Una donnina elegante e bella ciarlava. Gli uccelli sentivano l'amore.—Sono solo!—Stanotte ho vegliato penosamente. Mio Dio, darei tutto a' tuoi poveri, sacrificherei questa mostruosa

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Argomenti: riso argentino,    mente tanto,    francobollo meschino,    stupido pettegolezzo,    seno opulento

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