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Marocco di Edmondo De Amicis pagina 71cristiano!—E diede in uno scoppio di pianto da straziare il cuore. Il Morteo gli mise in mano una moneta, che accettò con indifferenza, e indicandogli la via che aveva preso il dottore, gli disse che, andando di buon passo, avrebbe forse potuto ancora raggiungerlo. Il ragazzo stette un po’ incerto, guardando verso quella parte cogli occhi pieni di lagrime, e poi si mise lentamente in cammino. Il sole tramontò quella sera sotto un padiglione immenso di nuvole color d’oro e di bragia, e lanciando rasente la pianura i suoi ultimi raggi sanguigni, calò dietro la linea diritta dell’orizzonte come un enorme disco rovente che si sprofondasse nelle viscere della terra. E la notte fece freddo! La mattina, al levar del sole, eravamo già sulla riva sinistra del Sebù, nel medesimo punto dove l’avevamo passato venendo da Tangeri; e appena giunti, vedevamo comparire sulla riva opposta, accompagnato dai suoi ufficiali e dai suoi soldati, il simpatico governatore Sid-Bekr-el-Abbassi, colla stessa cappa bianca e collo stesso cavallo nero bardato di color celeste, con cui ci s’era presentato la prima volta. Ma il passaggio del fiume presentò questa volta una difficoltà impreveduta. Dei due barconi sui quali dovevamo traghettare, uno era in pezzi; l’altro rotto in più parti e mezzo affondato nella mota della sponda. Il piccolo duar abitato dalle famiglie dei barcaioli, era deserto; il fiume non guadabile che con grave pericolo; nessun altro barcone che alla distanza d’una giornata almeno di cammino da quel punto. Come passare? Che fare? Un soldato attraversò il fiume a nuoto e andò a portar la notizia al Governatore, il quale mandò un altro soldato, a nuoto, a dare una spiegazione della cosa. I barcaiuoli erano stati avvertiti il giorno prima di tenersi pronti per traghettare l’Ambasciata che sarebbe arrivata la mattina; ma trovandosi i barconi, per loro incuria, ridotti in stato da non poter servire, e non essendo capaci essi, o non volendo durar la fatica di accomodarli, erano fuggiti durante la notte, Dio sa dove, colle loro famiglie e coi loro animali, per sottrarsi al castigo del Governatore. Non rimaneva dunque altro da fare che tentar di riparare alla meglio il barcone meno fracassato, e così si fece. I soldati corsero a raccoglier uomini nei duar vicini e subito furono cominciati i lavori sotto l’alta direzione di Luigi il calafato, che in quell’occasione per lui memorabile, sostenne gloriosamente l’onore della marina italiana. Era bello vedere come lavoravano gli arabi e i mori. Dieci insieme, urlando e agitandosi, non facevano in mezz’ora il lavoro che facevano Luigi e il Ranni, militarmente silenziosi, in cinque minuti. Tutti comandavano, tutti criticavano, tutti andavano in collera, tutti tagliavan l’aria con gesti imperiosi, che parevan tanti ammiragli, e nessuno levava un ragno dal buco. Intanto il Governatore e il caid conversavano ad alta voce da una sponda all’altra; i cavalieri delle due scorte galoppavano lungo le rive cercando all’orizzonte i fuggitivi; le bestie da soma guadavano il fiume in lunghe file coll’acqua a mezzo il collo; i lavoratori cantavano le lodi del profeta; e sulla sponda opposta sorgeva una gran tenda azzurrina sotto la quale i servi di Sid-Bekr-el-Abbassi si affaccendavano a prepararci una squisita colezione di fichi, di confetti e di tè, che noi pregustavamo col cannocchiale, canterellando il coro d’un’opera semi-seria composta durante gli ozi di Fez col titolo:—Gl’Italiani nel Marocco. Coll’aiuto del Profeta, il barcone fu accomodato in due ore, il Ranni ci pigliò sulle spalle e ci scaricò l’un dopo l’altro sulla prua, e giungemmo all’altra riva, coi piedi immersi fino alla noce nell’acqua che filtrava dentro da tutte le parti, ma senza esser costretti a gettarci a nuoto; inestimabile fortuna, di cui non eravamo sicuri partendo. Il Governatore Sid Bekr-el-Abbassi che aveva risaputo le lodi fatte di lui al Sultano dal nostro Ambasciatore, fu con noi anche più amabile e più seducente della prima volta... Preso un po’ di riposo, ci rimettemmo in cammino verso Karia-el-Abbassi, dove arrivammo sul mezzogiorno, e fummo ricevuti e passammo le ore bruciate nella stessa stanzina bianca, in cui trentacinque giorni innanzi avevamo visto la bella figliuoletta del nostro ospite far capolino dietro il turbante paterno. Qui Sid Bekr-el-Abbassi presentò all’Ambasciatore, fra gli altri personaggi, un moro sui cinquant’anni, di aspetto signorile e di modi simpatici, che nessuno di noi, credo, ha mai più dimenticato, non per sè, ma per le strane cose che ci raccontarono della sua famiglia. Era fratello d’un Sid-Bomedi, antico governatore della provincia di Ducalla, il quale languiva da otto anni nelle prigioni di Fez. Tiranno e scialacquatore sfrenato, dopo aver dissanguato il suo popolo, contratto imprestiti rovinosi coi negozianti europei, ammontato debiti su debiti, fatto ira di Dio in casa sua e fuori, era stato arrestato e condotto a Fez per ordine del Sultano, il quale credendolo possessore di tesori nascosti, aveva fatto spianare la sua casa, frugare fra i ruderi, scavare fra le fondamenta, e bandito dalla provincia, sotto pena di morte, tutta la sua famiglia, per timore che, conoscendo il nascondiglio, non s’impadronisse dei denari. Ma non essendosi trovato, forse perchè non c’era, il tesoro che si cercava, e persistendo il Sultano a credere che ci fosse, e che il prigioniero non lo volesse rivelare, questo non aveva più rivisto la luce del sole ed era forse condannato a morire in prigione. E il caso di Sid-Bomedi non è raro fra i governatori del Marocco, i quali, chi più chi meno, arricchendosi a spese del loro popolo, forniscono sempre al Governo che vuole impadronirsi dei loro averi, il vantaggio di poterlo fare sotto colore di punire un colpevole. Il Governatore o il Pascià a cui il Sultano ha posto gli occhi addosso, è chiamato, in forma amichevole, a Fez o a Marocco, oppure arrestato improvvisamente, di notte, da un drappello di soldati imperiali che lo conducono a marcie forzate alla capitale, legato supino sulla groppa d’una mula, colla testa spenzoloni e il viso rivolto al sole. Appena giunto, vien caricato di catene e gettato in una segreta. Se rivela dove ha nascosto il tesoro, è rimandato con tutti gli onori alla sua provincia, dove in poco tempo, facendo peggio di prima, può rifarsi di quello che gli è stato carpito. Se non rivela, è lasciato marcire nel suo sepolcro, e bastonato a sangue una volta al giorno, finchè, ridotto agli estremi, si decide a parlare per non morire fra le catene. Se non rivela che in parte, è bastonato ugualmente, fin che abbia fatto la rivelazione completa. Qualche governatore più accorto, subodorando per tempo la catastrofe, la scongiura, recandosi in persona alla Corte con una lunga carovana di cammelli e di mule cariche di doni preziosi; ma per far questi doni, dovendo spendere gran parte delle proprie ricchezze, ne segue che la sua salvezza non riesce meno funesta alla provincia governata da lui, di quello che riuscirebbe il suo ritorno dalla prigionia, quando fosse stato spogliato a forza dei suoi tesori. Qualcuno, anche, muore in carcere o sotto il bastone, ma non rivela, per lasciare il tesoro alla famiglia; che sa dov’è e lo scoverà a tempo opportuno; ed altri muoiono perchè non hanno nulla da rivelare. Ma son rari, perchè è uso comune nel Marocco di nascondere le ricchezze, e si sa che i mori sono meravigliosi maestri in quest’arte. Si parla di tesori murati sotto la soglia della porta di casa, nei pilastri dei cortili, negli scalini, nelle finestre; di case demolite dalle fondamenta, pietra per pietra, senza che vi si trovasse un tesoro che pure c’era; di schiavi uccisi e sepolti segretamente, dopo aver aiutato il padrone a nascondere; e il volgo mescola a queste verità dolorose ed orribili, le sue amene leggende di spiriti e di prodigi. Il Governatore el-Abbassi ci Tag: governatore sotto tutti prima fez sole fiume tesoro volta Argomenti: cavallo nero, simpatico governatore, padiglione immenso, enorme disco, disco rovente Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Diario del primo amore di Giacomo Leopardi L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Cosa fare e cosa non fare per abbronzature finte I primi segnali di una gravidanza La cura dell'acquario Dryas iulia: la farfalla più insolita del mondo Yulin, Boknal e i vari festival osteggiati dagli animalisti
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