Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 41

Testo di pubblico dominio

ossa rotte, armi, gemme e trastulli, che la Francia e il mondo s'affannano a raccogliere e a commentare. Fate dunque i censori addosso a questo colosso! Strillate contro i suoi operai perchè bevono l'assenzio e cantano in falsetto e hanno la donnina che li aspetta alla porta. Che pedanteria! Ma non è neppur questa l'ultima impressione che si riceve da Parigi. Standovi lungo tempo, si passa ancora per la trafila di altri entusiasmi e di altri disinganni. Molte sere ritornerete a casa, fra quelle file interminabili di lumi, malinconici, uggiti a morte di tutto, con un rabbioso amor di patria nel cuore. Poi vi riconcilierete colla città in una bella giornata d'autunno, assistendo a una di quelle sue espansioni clamorose di gioia che rasserenano le anime più fosche. Un'altra volta una piccola umiliazione, uno stupido gioco di parole ripetuto da un milione di bocche, uno spettacolo d'un'oscenità stomachevole, un cielo chiuso e plumbeo che fa mutar aspetto a ogni cosa, vi risolleveranno dentro tutte le antipatie e tutte le stizze con una tale violenza, che vorreste veder sparire quella città come un accampamento portato via da un uragano. Ma vi vergognerete improvvisamente di quell'odio un altro giorno, pensando all'enormità del vuoto che vi rimarrebbe nella mente se ne uscisse a un tratto tutto ciò che quella città vi ci ha messo dalla vostra infanzia fino a quel giorno. Fino all'ultimo momento Parigi vi farà mille dispetti e mille carezze, come una bella donna nervosa, e voi proverete tutti gli alti e bassi d'una passione: oggi a' suoi piedi, umili; domani presi dal furore di morderla e di insultarla, e poi daccapo a chiederle perdono, affascinati. Ma sentirete ogni giorno più stringersi il legame che v'unisce a lei. E si sente più che mai quando si parte, la sera che si passa per l'ultima volta, rapidamente, in mezzo a quell'immenso splendore dei boulevards, a cui succede tutt'a un tratto la mezza oscurità lugubre d'una stazione enorme e nuda. Allora, per quanto si desideri di riveder la patria, si è presi da una grande tristezza all'idea di ritornare in quel piccolo dormitorio di città da cui si è partiti, e si porge l'orecchio per l'ultima volta al tumulto lontano di Parigi con uno struggimento inesprimibile di desiderio e d'invidia. E dal fondo del vagone, al buio, rivedete la città, come l'avete vista una bella mattina di luglio da una torre di Nôtre Dame; attraversata dall'enorme arco azzurro della Senna, coi suoi lontani orizzonti violacei, immensa e fumante, nel punto in cui dalla piazza sottoposta i tamburi d'un reggimento vi mandavano su un eco della battaglia di Magenta. Oh! bella e tremenda peccatrice—esclamate allora—io t'assolvo, e a rischio della dannazione dell'anima, t'amo!

Tag: bella    volta    uno    ultima    giorno    patria    mille    altri    passa    

Argomenti: stupido gioco,    oscurità lugubre,    stazione enorme,    grande tristezza,    piccolo dormitorio

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