Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 35

Testo di pubblico dominio

faceva voti ardenti perchè il mio Bouton de rose capitombolasse. Erano andati là come si va nella baracca d'un domatore di fiere, col segreto desiderio di vedermi divorare. Io mi son fatti molti nemici colle mie critiche teatrali, in cui la sincerità è la mia sola forza. Chi giudica i lavori degli altri, s'espone alle rappresaglie. I vaudevillisti vessati e i drammaturghi esasperati si son detti:—Finalmente! Lo andremo a giudicare una volta, questo terribile uomo! Nell'orchestra c'erano dei signori che si mostravano reciprocamente le chiavi. C'era poi un'altra ragione. Io sono romanziere. Questo basta. Riuscendo nel teatro, avrei occupato troppo posto. Bisognava impedire. E d'altra parte era giusto che io espiassi le quarantadue edizioni dell'Assommoir e le diciasette edizioni della Page d'amour.—Schiacciamolo,—si son detti. E l'han fatto. Si ascoltò il primo atto, si fischiò: il secondo e non si volle sentire il terzo. Il fracasso era tale che i critici non potevano neppur sentire il nome dei personaggi; alcune innocentissime parole di argot scoppiarono nel teatro come bombe; i muri minacciavano di crollare; non si capiva più nulla. E così sono stato ammazzato. Ora non ho più nè rancore nè tristezza. Ma il giorno dopo non riuscii a soffocare un sentimento di giusta indignazione. Credevo che la seconda sera la commedia non sarebbe arrivata di là dal secondo atto. Mi pareva che il pubblico pagante dovesse completare il disastro. Andai al teatro, a ora tarda, e salendo le scale, interrogai un artista:—Ebbene, vanno in collera, di sopra?—L'artista mi rispose sorridendo:—Ma no, signore! Tutti i frizzi sono gustati. La salle est superbe, e si smascella dalle risa.—Ed era vero; non si sentiva una disapprovazione; il successo era enorme. Io rimasi là per tutto un atto, ad ascoltare quelle risa, e soffocavo, mi sentivo venir le lagrime agli occhi. Pensavo al teatro della sera prima, e mi domandavo il perchè di quella inesplicabile brutalità, dal momento che il vero pubblico faceva al mio lavoro una accoglienza tanto diversa. Questi sono i fatti. Mi diano una spiegazione i critici sinceri. Il Bouton de rose ebbe quattro rappresentazioni; l'incasso maggiore fu quello della seconda. Per che ragione, se è lecito? Perchè la stampa non aveva ancora parlato e il pubblico veniva e rideva con confidenza. Il terzo giorno la critica comincia il suo lavoro di strangolamento; una prima scarica di articoli furibondi ferisce la commedia al cuore; e allora la gente esita e s'allontana da un'opera che non una voce difende e che i più tolleranti gettano nel fango. I pochi curiosi che si arrischiano, si divertono sinceramente; l'effetto cresce ad ogni rappresentazione; gli artisti, rinfrancati, recitano con un accordo maraviglioso. Che importa? Lo strangolamento è riuscito; il pubblico della prima sera ha stretto la corda e la critica ha dato l'ultimo strappo. Eppure! Eppure il Bouton de rose resiste solidamente sulle scene pur che ci sia chi si degni di sentirlo. Io credo che sia ben fatto, che certe situazioni siano comiche e originali, e che il tempo gli darà ragione. Un tale, la prima sera, nei corridoi del teatro diceva ad alta voce:—Ebbene, farà ancora il critico teatrale Emilio Zola?—Perdio se lo farò ancora! E più ardentemente di prima, potete andarne sicuri. La conversazione cadde ancora una volta sui romanzi, e lo Zola soddisfece parecchie mie vivissime curiosità. I suoi personaggi son quasi tutti ricordi, conoscenze sue d'altri tempi; alcuni già abbozzati nei Contes à Ninon. Il Lantier, per esempio, lo conobbe in carne ed ossa, ed è infatti uno dei caratteri più stupendamente veri dell'Assommoir. L'idea del frate Archangias della Faute de l'abbé Mouret, di quel comicissimo villanaccio incappucciato, che predica la religione con un linguaggio da facchino ubbriaco, gli venne dall'aver letto in un giornale di provincia, d'un certo frate, maestro di scuola, stato condannato dai tribunali per abuso…. di forza. Certe rispostaccie date dall'accusato ai giudici gli avevano presentato il carattere bell'e fatto. Poichè si parlava di quel romanzo, non potei trattenermi dall'esprimergli la mia viva ammirazione per quelle splendide pagine, in cui descrisse i rapimenti religiosi del giovane prete dinanzi all'immagine della Vergine; pagine degne davvero d'un grande poeta. —Voi non potete immaginare,—mi rispose, la fatica che mi costò quel benedetto abate Mouret. Per poterlo descrivere all'altare, andai parecchie volte a sentire tre o quattro messe di seguito a Nôtre Dame. Per la sua educazione religiosa consultai molti preti. Nessuno però mi volle o mi seppe dare tutte le spiegazioni di cui avevo bisogno. Misi sottosopra delle botteghe di librai cattolici; mi digerii dei grossi volumi di Cerimoniali religiosi e di Manuali da curati di campagna. Ma non mi pareva ancora di possedere abbastanza la materia. Un prete spretato, finalmente, completò le mie cognizioni. Gli domandai se aveva fatto pure degli studi così accurati e così pratici per descrivere la vita delle halles, le botteghe di formaggi, il lavoro delle stiratrici, le discussioni del Parlamento, le ribotte degli operai. —Necessariamente,—rispose. —E per descrivere il temporale della Page d'amour? —Per descrivere il temporale, mi asciugai parecchie volte tutta l'acqua che Dio ha mandata, osservando Parigi dalle torri di Nôtre Dame. Gli domandai se era mai stato presente a una battaglia. Disse di no, e questo mi fece gran meraviglia, perchè nella descrizione del combattimento fra gl'insorti e le truppe imperiali, nella Fortune des Rougons, si sente il fischio delle palle e si vede il disordine e la morte, come nessun scrittore li ha mai resi. Da ultimo venne a parlare dei suoi romanzi futuri, e in questo discorso si animò più che non avesse fatto fino allora; il suo viso si colorò d'un leggero rossore, la sua voce si rinvigorì, e non dico come lavorasse il pugnaletto. Egli farà un romanzo in cui descriverà la vita militare francese, com'è. Questo solleverà una tempesta; gli daranno del nemico della Francia; sta bene. Il suo romanzo sarà intitolato Le soldat, e conterrà una grande descrizione della battaglia di Sédan. Egli andrà apposta a Sédan, ci starà quindici giorni, studierà il terreno con una guida palmo per palmo, e forse…. ne uscirà qualche cosa. In un altro romanzo metterà la descrizione d'una morte per combustione spontanea, d'un bevitore. Altri l'han fatta; egli la farà a modo suo. L'uomo avrà l'abitudine di passare la sera accanto al camino, colla pipa in bocca, e piglierà fuoco accendendo la pipa. Egli descriverà tutto—e dicendo questo corrugò le sopracciglia e gli lampeggiarono gli occhi, come se vedesse in quel punto lo spettacolo orrendo.—La gente di casa entrerà la mattina nella stanza e non troverà più che la pipa e une poignée de quelque chose. Poi scriverà un romanzo che avrà per soggetto il commercio, i «grandi magazzini» come il Louvre e il Bon Marché, la lotta del grande commercio col piccolo, dei milioni coi cento mila franchi: un soggetto vasto e originale, pieno di nuovi colori, di nuovi tipi e di nuove scene, col quale tratterà a ferro rovente una nuova piaga di Parigi. Poi un altro romanzo: le lotte dell'ingegno per aprirsi una strada nel mondo, un drappello di giovani che vanno a cercar fortuna a Parigi, la vita giornalistica, la vita letteraria, l'arte, la critica, la miseria in abito decente, le febbri, le disperazioni e i trionfi del giovane di genio, divorato dall'ambizione e dalla fame: una storia in cui riverserà tutto il sangue che uscì dalle ferite del suo cuore di vent'anni. E infine un romanzo più originale di tutti, che si svolgerà sopra una rete di strade ferrate: una grande stazione in cui s'incrocieranno dieci strade, e per ogni «binario» correrà un episodio, e si riannoderanno tutti alla stazione principale, e tutto il romanzo avrà il colore dei luoghi, e vi si

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Argomenti: terzo giorno,    ferro rovente,    segreto desiderio,    giovane prete,    grande stazione

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