Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 11

Testo di pubblico dominio

basterebbe a ubbriacare un battaglione di bersaglieri; là un cavaturaccioli mostruoso che par fatto per tirar su i tetti. Nell'esposizione francese delle lame un coltellaccio damascato davanti al quale le più grandi navajas della Spagna non paiono che temperini. V'è una botte francese che contiene quattrocento ettolitri, una ungherese che ne contiene mille, e quella della fabbrica di Champagne che è capace di settantacinque mila bottiglie. Vi son gli specchi di ventisette metri quadrati di superficie; rotaie d'un sol pezzo di cinquanta metri, e fili metallici lunghi venticinque chilometri. Aggiungete ancora il martello smisurato del Creusot che pesa ottantamila chilogrammi; e il girarrosto gigantesco della casa Baudon, che vi arrostisce venti capretti per volta. Poi le meraviglie della pazienza umana: i coltellini microscopici, colle loro belle guaine, che stanno in cento e quattro dentro un nocciolo di ciliegia; i tappeti orientali fatti di sei mila frammenti; il cassettone spagnuolo composto di tre milioni e mezzo di pezzetti di legno; le stoffe da cinquecento lire il metro, fatte a cinque centimetri il giorno; il servizio da tavola degli Stati Uniti, a cui lavorarono per diciotto mesi duecento operai; la fontana scolpita a cui lavorò un contadino scozzese per sette anni. E in fine le stranezze, i ghiribizzi dell'ingegno umano, del genere dell'ago di refe d'Emilio Praga. Questi avrebbe potuto fare alla sua amante, in quella certa poesia, tutte quest'altre domande. Vuoi un pendolo che ti faccia vento? un orologio fatto con un girasole, da cui esca un ragno ad acchiappare una mosca? un mobile che ti si trasformi sotto le mani, a tuo piacere, in bigliardo, in scrivania, in scacchiera e in tavola da mangiare? una barca vera con remi e timone, da portar sotto il braccio al lago di Como? un portamonete che tiri delle pistolettate? la carta dell'Europa in un fazzoletto? un paio di stivaletti di squame di pesce? un letto di ceralacca? una poltrona di cristallo? un violino di maiolica? un velocipede a vapore? Qui c'è tutto: gli orologi magici, le trottole miracolose, le bambole che parlan francese, le spagnuole di legno che v'insegnano a maneggiare il ventaglio…. Non ci manca proprio altro che l'ago di Emilio Praga. E le cose belle dunque! Infinite; ma un po' care. Non c'è mezzo di mobiliarsi una casa a proprio gusto, fantasticando, senza profondere un milioncino in un quarto d'ora. A ogni passo trovate un mobile che vi incapriccia, e sareste quasi tentati di fare uno sproposito; ma avvicinandovi al cartellino del prezzo, vedete dietro a un uno che vi dà un filo di speranza quattro maledettissimi zeri che paiono quattro bocche spalancate che vi sghignazzino in faccia. È un continuo supplizio di Tantalo. Non c'è che un solo conforto: che molte cose son già comprate. Avete messo gli occhi sopra un meraviglioso servizio da tavola della casa Cristophle, che vale quattrocento mila lire; ma ve l'ha buffato il duca di Santoña. Così la duchessa v'ha liberato dalla tentazione di portar a casa una splendida veste Colbert e Aleçon, che avrebbe spazzato netto il vostro piccolo patrimonio. Il gran vaso di malachite ornato d'oro, della sezione russa, alto tre metri, ve l'ha portato via il principe Demidoff. Il più bel paio di stivaletti trinati di tutta l'Esposizione sono della principessa di Metternich, i due più bei manicotti di volpe nera appartengono alla principessa di Galles, e l'Imperatore d'Austria ha già messo il suo augusto suggello sopra un impareggiabile cofano d'argento cesellato, che sarebbe stato la vostra delizia. Ci rimane però dell'altro. Io mi permetterei di suggerire alle signore facili a contentarsi un graziosissimo velo di trina dell'esposizione belga, fatto con un filo che costa cinquemila scudi il chilogramma; e agli sposi di giudizio un letto chinese di legno di rosa intarsiato d'avorio che costa poco più di una villetta passabile sulle rive del lago di Como. Alla porta della camera si potrebbero mettere le due tende di seta ricamate d'oro e d'argento, che sono in vendita nell'esposizione austriaca per mille e duecento napoleoni. C'è la comodità di poter comprare delle sale intere, anzi degl'interi appartamenti, d'ogni stile e d'ogni paese, lì su due piedi, d'un colpo, con un gran risparmio di tempo e di seccature. E ci sono pure delle ammirabili cose per le borse modeste. Lo zaffiro del Rouvenat, circondato di diamanti, si può avere con un milione e mezzo; e stiracchiando un poco, si può anche ottenere a un prezzo ragionevole un curiosissimo diamante tagliato in forma di una lanterna a gaz e incastonato in un candelabro d'oro microscopico, ch'è una vera bellezza. Tutte cose che sulle prime fanno girare un po' il capo, ma poi si scrollano le spalle, e si tira via senza badarci, dicendo:—corbellerie, corbellerie—coll'indifferenza d'un franco…. impostore. E si va a vedere l'esposizione dei prodotti alimentari, meno pericolosa per la fantasia: una passeggiata d'un miglio, o poco meno. Chiudete gli occhi, pigliatevi la testa fra le mani, e cercate di rappresentarvi tutto quanto di più strano e di più raro può mettersi in corpo un uomo senza rischiare la vita: c'è tutto. Potete bere, a quindici centesimi, un bicchiere delle quattordici sorgenti d'acqua minerale della Francia, o un bicchiere d'acqua delle Termopili, nella sezione greca, o birra della Danimarca che ha fatto il giro del mondo; o se preferite i vini, vino di Champagne che si fa sotto i vostri occhi, tutti i vini della Spagna in bottigline graziose da mezza lira, che vi vende una bella ragazza di Jerez; e vini di Porto e di Madera, imbottigliati nel 1792, a cento lire la bottiglia, compresi i documenti storici «debitamente legalizzati.» E se il vino di ottantasei anni vi par troppo giovane, trovate nella sezione francese, in mezzo a una corona di sorelle nonagenarie, una bottiglia di vin del Giura del 1774, coronata di semprevive, a un prezzo da convenirsi. Trovate il chiosco dei vini di Sicilia e il chiosco dei vini di Guiro; tutti i vini d'Australia nella capanna da minatore eretta dal governo di Malbourne; e nella sezione delle colonie inglesi, il misterioso vino di Costanza, del Capo di Buona Speranza, e l'enigmatico vino del Romitaggio della nuova Galles, fatto con uva secca. Ci avete il vino di Schiraz nella sezione di Persia, il vino di Corinto accanto all'acqua delle Termopili, e potete gustare un Tokai squisito nella trattoria rustica dell'Ungheria, al suono d'una banda di zingari. Per mangiare poi non c'è che da chiedere. Nei padiglioni delle colonie francesi una creola vi dà l'ananasso, una mulatta vi dà il banano, un negro la vaniglia. Potete mangiare della marmellata del Canadà e intingere in un bicchiere del famoso Sant'Uberto di Vittoria dei biscotti che hanno attraversato l'Atlantico. Potete scegliere fra i pesci celebrati della Norvegia e i maiali illustri di Chicago. Potete fare anche meglio: prendervi un pezzo di carne cruda venuta dall'Uraguay, ma fresca e sanguinante che par della mattina, e andarvela a far cuocere voi stessi collo specchio ustorio dell'Università di Tours, nella galleria delle arti liberali di Francia. Poi ci sono le trattorie olandesi, americane, inglesi e spagnuole. Avete al vostro servizio cento bei pezzi di ragazze vestite di nero e di bianco in un monumentale bouillon Duval che pare un tempio delle Indie. Se avete un debole per la Russia, potete andare alla trattoria russa dove da manine polacche, moscovite, armene, caucasee v'è servito il vero kumysy venuto dalle steppe dell'Ural, o l'acqua igienica della Neva, o la colebiaka d'erbaggi e di pesce, o qualche altro pasticcio russo-turco condito con vin di Cipro. Per dolci la Francia vi offre il palazzo di Fontainebleau e delle cattedrali gotiche di zucchero, e dei mazzi gustosissimi di rose e di violette, che sembran colte un'ora prima. Dopo il desinare, ricevete il caffè gratis dalla repubblica del Guatemala, se pure non preferite quello scelto e

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Argomenti: cavaturaccioli mostruoso,    botte francese,    girarrosto gigantesco,    contadino scozzese,    speranza quattro

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