Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 29

Testo di pubblico dominio

Pasquina dovea venire trasformato in aseno; ma po, considero ca io songo ccà, co le medesme mano e co l'istessi piedi e co lo medesmo cuorpo. No' però lo nominativo de chillo figliolo mi fa sospettare ca no' sia ccà l'aseno, e là dintro lo sacco Gialaise. Dispiacemi ca lasciai lo spiecchio all'autre cauze, pecchè boria vedere se songo io. Ma me ne boglio 'nformare. Si esperan, Sennores, este qui está serrato en el sacco, es propriamente Iuvan Luis, o otro in suo lugar? ALBERTO Io dico che egli è, e non altri; e quello che tiene di novo è l'abito da molinaro solamente. Portisi dunque in prigione questo mariolo napolitano. GIALAISE Ora me boglio scoprire. No' me preiudicate, di grazia, e no' dicite accossì, ca li veri Napolitani no' songo marioli, ma buoi autri forastieri, che nce benite ad abitare. Motta dello munno, ecco ca mi levo la varva! Ecco ca io songo lo Signor Gialaise, e no' chillo ca sta intro lo sacco! Ca mo vao accosì... vao pecchè me piace, pe compiacire a na Signora ca bole ca io 'n chest'abeto trasa 'n casa sua. ALBERTO Perdona<te>ci, Signor Giovan Luigi: la còlera, il giusto sdegno e il creder che eravate lì dentro mi han fatto trasportare, che altramente non si sarebbe detto. MANILIO Quel che si dice mentre l'uomo sta in còlera si può sodisfare con la sodisfazione che v'ha dato Messer Alberto, e che vi do anch'io, Signor Giovan Luigi, cioè che non si sarebbe detto se non fusse stato quella credenza. GIALAISE Ve la perdono pe chesta vota, ma no' te nce adonare chiù pe grazia. LEONORA Ohimè, che miracoli son questi d'oggi! Orsù, vedasi chi è colui che sta dentro il sacco. MANILIO Aspetta<te>, che io da me stesso lo voglio sciogliere. FLAMINIO Ah, padre! Ah, Signor padre! MANILIO Ahimè, figlio! ohimè, figlio! Oh, Flavio, oh, Flavio mio, oh, Flavio mio caro! Alberto, Leonora, Capitan Giovan Luigi, o mondo, o tutti, aiutatemi! Ecco qui Flavio, ecco il mio desiderato figliuolo. Ohimè, che per l'oltraggio che t'ho fatto, e per l'allegrezza che io ti trovo, figliuol mio, stillo da gli occhi fonti di lagrime. Levati su, vita e anima di questo mio debil corpo: che senza te ero per venir presto manco, per te viverò lungo tempo. O Flavio mio, chi mi tien ch'io non ti baci, che non t'abbracci, che non ti stringa caramente, consolazione del tuo vecchio padre? Eh! dimmi come sei qui, e come ti trovo in questo abito. FLAMINIO Impetratemi prima perdono da Messer Alberto e dalla Signora Leonora, che io vi dirò succintamente tutto il fatto. ALBERTO Dite pure, che secondo vi sarà l'onor nostro, così faremo deliberazione di esseguire quanto si ha da fare. GIALAISE Chisto me pare Cuosemo alla voce, se bene no' tiene la varva dello colore de prima. FLAMINIO Io sono, e intenderete il tutto. Amando io la Signora Lavinia con zelo di sposarla, fui sempre da lei rifiutato; e sapendo che ella amava Giovan Luigi qui presente, mi posi a servirlo tinto da moro, sotto nome di Cosmo, per aver commodità di parlare almeno alla mia crudelissima nemica. Di più, amando Giovan Luigi Pasquina, mi oprai di sorte che feci credere a Lavinia di volerli introdurre il Napolitano, sotto scusa che in abito di molinaro averebbe trovato la sua Pasquina dentro quella camera terrena: dove standomi con la Signora Lavinia, fui soprapreso da voi al buio: pensandovi che io fosse il Napolitano, mi riponesti nel sacco. Ecco dunque, Signor Alberto e Signora Leonora, il mio gran fallo, se fallo chiamar si può un amor vero e vivo che ho portato e porto alla vostra figliuola, con fermo proposito, e prima e poi, e al presente ancora, di pigliarla per moglie. Perdonatemi dunque s'amore, se bellezza, se casto desiderio mi arse, mi strinse e mi condusse in questo luogo; e se pur degno sono di giusto castigo, sfogate sopra di me l'ira e l'orgoglio vostro, lasciando intanto Lavinia mia, così come insin adesso l'ho serbata intatta ad altri che ne fosse di me più degno. O degno, o casto, o vivo, o vero amore! (Qui si sente l'orologgio). GIALAISE Me raccommando, Signori. No' sentite l'aruluoggio? Chesta è a punto l'ora ca m'aspetta chella Signora ca v'aggio detto. A rivederci. MANILIO Andate con Dio. GIALAISE Alla fede, ch'aggio fatto bene a fuire li scànnoli! Avenno Cuosemo, lo quale allo presente è Flavio, publecato l'amore mio co Pasquina, no' boria che me 'nforassero lo ioppone d'autro che de pambace. Lassame stipare la varva, e boglio ire da ccà, sa potesse trovare Magagna per servire l'amico. LEONORA Per che causa non si parla più? Perchè tutti siamo fatti attoniti e muti? Seguitate pure, marito mio caro, quel che incominciaste a dire. ALBERTO Che posso dire, se il mare dell'amor di Flavio ricerca altro legno per navigarlo? Entriamo tutti in casa, dove da quell'altra banda rimandaremo per li vestiti proprii di Flavio, acciò spogliato di questi miseri panni possa mostrar di fuora la felicità dell'interna virtù sua, degna non solo dell'amor di Lavinia, ma di quante degnissime donne si trovano. LEONORA Entriamo, che io vorrò quel che vorrete voi. MANILIO Entriamo, e datemi spazio di potervi ringraziare. FLAMINIO Entriamo. E voi, fedeli amanti, sperate amando. Atto V Scena 1 GIALAISE Que se toma el vellacco! FLAMINIO Che si pigli il traditore! GIALAISE Alcánsalo que se fuie. FLAMINIO Non scapparà, certissimo. GIALAISE Allerta Vuestra Merced d'acullá, que yo estarè por acá. FLAMINIO O in questa parte o in quella ha da venire. GIALAISE Atento, que va a voi. FLAMINIO A voi, che si volge a voi. GIALAISE Ah! puerco, sùsizo, vien, ombres dellos montes. MAGAGNA Oh! per l'amor di Dio, Italiani, aiutatemi, che li Spagnoli m'uccidono. FLAMINIO Non passar più innanzi, se non vuoi che con questa spada ti passi il petto. MAGAGNA Italia mia! FLAMINIO Il pregare è indarno. MAGAGNA Spagna, Madama Spagna, Signor soldato, illustre Spagnolo, illustrissimo Signor mio, eccellentissimo padrone, Altezza della Serenissima Maestà vostra, Imperador del mondo! GIALAISE Non más palabras, calla ladrón! Non passe más adelante, Sen<n>or: quiere que le saque del cuerpo <el> corazzón? MAGAGNAsacco, nè puorco, nè capezzone ho pigliato io: non son tale, non son ladro, per l'alma de gli anticipati miei. Ahimè! che la paura non me t'ha fatto conoscere, Signor Flaminio; e perchè tu ancora? FLAMINIO Domandane te stesso, fraudolente che sei. Fermati, non ti movere, che t'uccido. GIALAISE Estaos quedo, se non quieris que te matte. MAGAGNA Non son matto, Signor mio. Oh! povero Magagna, posto tra due punte di spada. Non spingete, non intrate. Di grazia, ditemi prima la causa che vi stringe, vi spinge, che vi muove a farmi morire. GIALAISE Por que quien matta deve de ser mattado. Non sabèys que qui amasa es anpicado? MAGAGNA Vuole che picchia. E dove, Signor Flaminio, voglio picchiare? FLAMINIO Rispondi là, non t'accostare a me, forfante. MAGAGNA Se pur ho da morire, vorrei che fosse all'italiana, e non alla spagnola, perchè l'asprezza delle parole os e as mi passa l'ossa prima che arrivi al colpo. GIALAISE Ven acá, vellacco, e yncaos luego de rodillas <en> el suello. MAGAGNA Non so de' licci, nè tengo artigli, nè suolo, per l'alma mia. GIALAISE Yncaos luego in tierra! MAGAGNA La mia terra è Triggiano, al commando di Vostra Signoria. GIALAISE Parèzzeme que os burláis de me. Vos non mi conosèis aùn: yo soy el terrible de los terribles, que tiengo los cabellos de Medusa, la fruente de Hettore, las narises de Argante, el rostro d'Aquile, l'abla d'Ulisse, los dientes de Cadmo, las espaldas de Hèrcoles, el petzio de Sansón, los brazos de Poliphemo, y las manos de lo<s> Gigantes que subieron en el cielo. Tiengo el corazón de Roldán, el cuerpo de Rodomonte, las piernas de Reinaldos y los piezz de Gradasso. Io non cedo en el valor a Marte, en el próze<r> a Plutón y en el vizio a Bellona. Ago temblar la tierra en ablando, e spavento el ynfierno en grittando, y vuelvo los

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Argomenti: giusto sdegno,    casto desiderio

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