Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 15

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volontieri. Ohimè, la barba mi è venuta alle mani; ma vedo che è posticcia. Costui è Camillo! Egli è certissimo. Oh, Camillo, che strano accidente è questo? CAMILLO Ed è pur vero? Ecco, apriche piagge, me ne pento se io t'uccido, sì. Non correre, olà. L'erbe fioriscono su l'onde, e tirando il carro solare non giunge la nave a tempo. Oh, quante stelle per le campagne! Soldati, non son io, no. Vien meco, tu che fuggi, passa, torna, tira, che io non ti lascio. BIANCHETTA Ohimè, che fai? Dove mi meni? Non mi stracciare, lasciami, lasciami! CAMILLO Io vi sono, perchè saltando adesso i monti... Mirate la nave che bolle, e la luna s'uccide, il fonte il beve intorno intorno, e le lumache corrono. Che strani paesi! Ah, cruda, ah, cruda! BIANCHETTA Questo povero giovane smania, nè io so donde proceda. Non senti? Che hai, Camillo? CAMILLO Sì, sì, ne andremo insieme, e gli uomini e le donne e le donne e gli uomini ridono tutti. Ah, ah, ah! Esso voleva menarmi e io gionsi all'inferno. Non sete all'ordine ancora? L'altro corse e io le diedi un schiaffo. BIANCHETTA Ohimè, non mi dare. Mal per me ci venni qui oggi. Lasciami, di grazia. CAMILLO Il padre pianse, si fabricò il palazzo, la tempesta fu breve e io non doveva farla, era bene a pregare il tempo. Ohimè! Dove ne vai? Io ti darò un calzo. BIANCHETTA Oh, sventurata Bianchetta, che cosa è questa? Io son morta, dove mi tiri? Scappai pure! Santo Egidio, aiutami! CAMILLO Corri, corri, arriva, arriva, ti seguo, sì. Ehilà, che volete da me? Io mi vi rendo, posate l'arme. Ma dove sei, Camillo? Chi t'ha condotto qui? Dove sono gli amici? Ognun ti lascia. Che posso fare, abbandonato e solo? Atto III Scena 1 LEONORA Mentre l'animo sta in duolo, or qua or là si rivolge e non sa dove appigliarsi, quando la ragion lo tira e all'una e all'altra parte, sì come oggi io provo. Misera Leonora! Infelice Brianda! Che vivendo Alessandro, secondo mi certifica l'astrologo, e sapendosi il luogo dove egli sta, la ragion vuole che io segua il primo e lasci l'ultimo, e di Leonora diventi Brianda. Ma come farò con Alberto, se sotto la mia fede si legò nella mia fede? Non è giusto che egli resti ingannato. L'amor del primo fu grande, che per me cadde a morte; l'amor dell'ultimo è pur grande, che non da moglie, ma da sua padrona mi tratta. A doi non si può servire: e servendosi all'uno, si manca all'altro. Che debbo, che posso, che mi convien di fare? Mancar a tutti non debbo; servir a tutti non posso; ingannar tutti non mi conviene. Se io repiglio Alessandro, come restarà Alberto? Se io resto con Alberto, che farà Alessandro? E se non faccio nè l'uno nè l'altro, come farò io? Deh! Che intrigo grande è questo! Soccorrimi, aiutami, Dio, che sperando in te, verrà da te l'aiuto e il soccorso mio. Adesso che ho tempo vuo' gir dalla Signora Quintilia e ritornar subito, acciò l'astrologo mi trovi in casa. Ma Pasquina non esce ancora. Io l'ho destata già, che dormiva qui a basso, e non viene. Pasquina? PASQUINA Signora. LEONORA Che fai? Perchè tardi tanto? PASQUINA Adesso, adesso, che mettevo l'aco al buco del filo. LEONORA Imbriaca che sei. Dall'altra parte quando considero come questo astrologo possa sapere le cose così per minuto, mi vien sospetto che costui non sia un di quei assassini che uccisero il sfortunato Alessandro. Alla fè, come egli torna starò ben all'erta, sì. Ancora dormi, Pasquina? PASQUINA Non dormo, ma tenevo serrati gli occhi, che viddi... LEONORA Che cosa vedesti? PASQUINA Viddi un animaletto piccinino piccinino, e così piccinino entrò... LEONORA E dove entrò? Tu non rispondi? Pasquina? PASQUINA Signora. LEONORA Dubito che costei ancora sarà sul letto. Pasquina? PASQUINA Signora. LEONORA Vien fuora, dico, non ti vergogni a farmi star tanto in strada? PASQUINA O Dio, quel animaletto era un pulce che entrò dentro lo, lo... LEONORA Lo malanno che Dio ti dia: se io mi faccio dentro, ti batterò le pulci da senno. Pasquina? PASQUINA Signora. LEONORA E pur Signora! Che fai? Perchè non esci? PASQUINA Dentro lo... dove s'appiccano li pendenti. LEONORA Che sì che ti romperò la testa, sonnacchiosa che sei, spìcciati, presto. PASQUINA Eccomi: che commandate? LEONORA Alla fè, che ti farò esser più solecita da qui innanzi. Averti bene che voglio che senti e salti, quando ti chiamo per mio servigio. PASQUINA Così appunto, Signora, sì. LEONORA Tu par che dormi ancora: risvegliati, risvegliati, fraschetta. PASQUINA Questo sonno è più fastidioso delle mosche, che quanto più lo scaccio, più ritorna. LEONORA O<r>sù, fatti in qua, sostiemmi la mano: da quell'altro lato, sempliciotta. Non t'ho detto io mille volte che la serva deve andar a man sinistra alla padrona? PASQUINA E che importa, più a questa banda che a quell'altra? In ogni modo si conosce nel resto, che voi sete la padrona e io la serva. LEONORA Importa, che alla creanza della serva si conosce quella della padrona. Andiamo, che al ritorno poi ti dirò per minuto che la serva deve esser anco discreta per strada, solecita in casa, obediente, che parli poco e opri assai; e sopra tutto che sia secreta, e non riporti quel che vede e quel che sente. PASQUINA Oh, oh, perchè vi piacque che vi riportasse i secreti di Lavinia? Mi avedo che voi altre Signore sete come i pignattai, che mettete il manico dove voi volete. LEONORA Io non parlo, figlia, delle cose che importano all'onore: perchè in questo caso la serva è obligata a riferire quanto vede e quanto sente; ma parlo dell'altre cose che non toccano il vivo. PASQUINA Aspetta. Quando io vi dissi che Margarita faceva l'amore con il padrone, e il padrone con lei, vi piacque pur di saperlo, e non importava all'onor vostro. LEONORA Importava all'anima, che importava più, per il peccato dell'adulterio che commetteva l'uno e l'altro. PASQUINA Per la gelosia, devi dire, ed era meglio. LEONORA Per la gelosia, su! Parti che convenga che una serva facci l'amore con il padrone? Non vi è peggio morbo in una casa di quello, e tutte le donne devono provedere, come io providdi, a smorbar queste pesti, cacciandole via; perchè a poco a poco li mariti, allettati da loro, fanno star mal contente le povere mogli, e di serve divengono padrone, che non li puoi commandare; e mettono tante scisme e tanti disturbi tra mariti e mogli, che sono causa d'una vita inquietissima; e io ne so parecchie e parecchie donne che vivono mal contente per questo. PASQUINA Al manco voi tenete ragione, che sete bella. Ma chi tien la moglie brutta par che sia scusato, quando si provede. LEONORA Se la moglie è brutta, è sempre più bella della puttana; poi che la bellezza consiste nell'animo e non nel corpo, figlia mia. Entriamo in casa della Signora Quintilia, già che parlando parlando vi siamo gionte. Batti l'uscio. PASQUINA L'uscio è aperto: entriamo. Scena 2 LAVINIA Vanne pur, madre crudelissima, che così chiamar ti voglio, poi che godi delle mie pene, e opponendoti al giusto mio desiderio procuri la morte dell'unica tua figlia. Oh, tre e quattro volte misera che io sono! Amo, amar voglio, e amando desidero l'amor di colui che non si degna, ma si sdegna d'amarmi. Vendetta certo di Flavio, che amandomi con puro affetto, ho dispreggiato l'amor suo, e fui causa della disperazione e della morte, forse, di quel giovane infelice. Ma infelice son io più d'ogni altra, perchè, volendo, non posso morire, e morendo nelle speranze, vivo nelli tormenti: seguo chi mi fugge, e fuggo chi mi segue; vedo il meglio, m'appiglio al peggio, posso salire, e procuro il mio precipizio. Ahi dura legge di amore, contrarii effetti di sdegno, diversità d'odio e novi modi di gelosia! Questi, questi sono quelli che mi combattono insieme: Amore, Sdegno, Odio e Gelosia! Amor eccita il fuoco e s'allontana, Sdegno assale e fugge, Odio offende chi non deve, e Gelosia punge dove non duole. Non duole a Pasquina che il crudelaccio si sia ingelosito di

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Argomenti: star tanto,    strano accidente,    carro solare,    intrigo grande,    vendetta certo

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